NEL SI COBAS NON C'È SPAZIO PER LE
CRICCHE DI POTERE, IL CARRIERISMO PERSONALE E LE PROVOCAZIONI!
In circa sei anni di vita, grazie in
primo luogo allo straordinario ciclo di lotta che ha visto e vede
protagonisti i facchini della logistica, il SI Cobas, che all’atto
della sua nascita è apparso come l’ennesima tra le tante sigle del
vasto arcipelago del sindacalismo di base, è riuscito nel giro di
poco tempo a rappresentare e a essere riconosciuto anche all’esterno
come uno dei più importanti punti di riferimento nel panorama dello
scontro di classe nel nostro paese e non solo nella logistica. Come
dimostra oltre un secolo e mezzo di storia del movimento operaio, la
crescita costante ed esponenziale delle attività e, con queste,
dell’organizzazione nel suo complesso, porta con sé in maniera
fisiologica, da un lato, lo sviluppo di forme di opportunismo e di
aziendalismo ad opera di segmenti operai di retroguardia attratti
nell'orbita dell'organizzazione dalla sua forza e dal suo potere
contrattuale e, dall'altro, la tendenza da parte di qualche dirigente
al leaderismo e al soggettivismo infantile, consapevolmente o
inconsapevolmente prestato all'opera di provocazione sistematica da
parte dei servizi repressivi del potere padronale e governativo. In
ultima istanza, per tutte queste ragioni, porta con sé alla
formazione di micro-gruppi di potere che, nell’ansia di affermare
il proprio “prestigio” o il proprio “peso interno”, non
esitano a sabotare le più elementari regole di convivenza e di
rispetto interne all’organizzazione. È il caso, quest’ultimo, di
Fabio Zerbini e Ilir Koxha: il primo da quattro anni uno dei
dirigenti del SI Cobas di Milano; il secondo un lavoratore licenziato
dall'Esselunga inserito di recente all’interno dell’attività di
“sportello” del SI Cobas di Milano, per accogliere le richieste
dei lavoratori che si recavano in sede. Non si è certo trattato di
un fulmine a ciel sereno: da circa due anni, e con sempre maggior
evidenza negli ultimi 6 mesi, Zerbini, approfittando degli incarichi
affidatigli e sfruttando la forma organizzativa a “maglie larghe”
che il SI Cobas si è dato (evidentemente eccedendo in termini di
democrazia interna) in nome dei principi dell'autorganizzazione e del
rifiuto delle forme di controllo burocratico vigenti in gran parte
delle organizzazioni sindacali (comprese quelle di base), ha messo in
piedi una vera e propria organizzazione parallela e occulta
all'interno del SI Cobas, di fatto sottratta al controllo e al
confronto sul proprio operato con ogni altro membro degli organismi
che ci siamo dati nel primo Congresso del Sindacato, dedita in
maniera sempre più evidente a screditare e, spesso, a diffamare il
resto dell'organizzazione agli occhi dei lavoratori di cui egli si
occupava a nome del Sindacato tutto, con l'obiettivo di creare un
“sindacato nel sindacato”, fondato unicamente sul culto della sua
persona e dei suoi seguaci. Queste pratiche sarebbero state
inammissibili anche qualora si fosse trattato di un legittimo
dissenso su punti sindacali o politici. Tuttavia, in tal caso, esso
sarebbe stato senz'altro messo all'ordine del giorno e discusso con i
diretti interessati all'interno degli organismi definiti dal
Congresso (i Coordinamenti provinciali e quello nazionale). In questi
anni, tuttavia, non abbiamo mai ricevuto alcun contributo, ordine del
giorno, documento o quant'altro teso a mettere in discussione i
contenuti, le linee-guida e l'operato del SI Cobas: abbiamo al
contrario registrato la progressiva formazione di un gruppo di fatto
esterno alla dialettica interna al sindacato e dedito ad un opera di
costante denigrazione e diffamazione del resto dell'organizzazione
attraverso squallidi intrighi di corridoio e manovre sottobanco,
soprattutto rivolti ai nuovi iscritti. Zerbini e Koxha hanno da quasi
un anno creato un gruppo “Whatsapp” di sedicenti delegati SI
Cobas che è servito a reclutare surrettiziamente operai della
logistica neoiscritti al Sindacato e ad aggregarli a una cricca che
ha avuto come unico collante la denigrazione sistematica dell'intero
Coordinamento nazionale e di chiunque osasse criticare il loro
operato: laddove qualche membro del gruppo abbia espresso qualche
critica nel contesto del Coordinamento nazionale è stato via via
cancellato dalla lista. Bella democrazia, da parte di chi rivendica
democrazia contro un cosiddetto “potere centrale”, di cui Zerbini
è stato membro effettivo e di cui ha sempre fatto parte… e dal
quale si è sempre ben guardato dal dimettersi. Qual è, alfine, il
fine di Zerbini? A pensar male non si fa certo danno: nomen omen…
Questa prassi è tanto più deprecabile se si considera che i
soggetti in questione hanno usato il nome del SI Cobas e i ruoli
ricoperti (il più delle volte auto-assegnatisi) per reclutare nella
“fronda” un gruppo di operai inconsapevoli di quanto stesse
avvenendo, ai quali Zerbini e compagnia hanno inculcato sfiducia e
distacco verso il resto dell’Organizzazione perché burocratica,
senza dar loro modo almeno di conoscere di persona i compagni oggetto
dei loro attacchi. Proprio nelle svolte decisive nella vita del SI
COBAS, cioè nei momenti di maggior attacco padronale, Zerbini si è
sempre infatti ben guardato dal portare alle assemblee
dell’Organizzazione i suoi delegati (in particolare nella filiera
SDA), millantando di volta in volta epidemie varie nei magazzini o
priorità di lotta, impedendo di fatto a costoro il contatto e il
confronto diretto col resto del Sindacato. Serva poi a tutti i
delegati l’ultimo esempio di una condotta inaccettabile per
qualsiasi membro, a vario titolo, del SI COBAS: la becera
strumentalizzazione nell’ultimo Coordinamento nazionale dei 27
licenziati BRT di Milano, usati dapprima come una clava contro
l’Organizzazione ma finalmente restituiti alla lotta collettiva.
Ciò che è più grave è il fatto che questa condotta irresponsabile
si è spesso ripercossa sulle vertenze e negli stessi tavoli di
trattativa, laddove il gruppetto di Zerbini, evidentemente affetto da
mitomania, non ha perso occasione per buttare discredito sui successi
conseguiti sul piano nazionale, millantando una presunta superiorità
del “proprio metodo” assai rivoluzionario, giungendo in diverse
occasioni a firmare accordi spacciati come migliori rispetto a quelli
firmati da altri compagni, salvo poi scoprire che venivano lasciate
intatte le irregolarità retributive e contributive quali Trasferta
Italia e Diaria Esente contro cui il SI Cobas ha sempre combattuto.
Ma il punto di non ritorno lo si è raggiunto nell'ultimo mese e
mezzo: a seguito di ben due successive deliberazioni del
Coordinamento nazionale, in cui veniva votata a larghissima
maggioranza la revoca di ogni incarico a Ilir Koxha, il gruppetto ha
dapprima aizzato gruppi di lavoratori (la gran parte dei quali
inconsapevoli) contro il Coordinamento provinciale di Milano per poi,
una volta chiarito agli occhi di centinaia di lavoratori il carattere
personalistico e strumentale della fronda ed emerso il suo peso
estremamente minoritario, arrivare al punto di autoconvocare un
coordinamento provinciale di Milano al di fuori di ogni principio
statutario ed “eleggere” Ilir Koxha “Nuovo coordinatore
provinciale”. Solo a questo punto, raggiunta e superata ampiamente
la soglia del non ritorno e palesatasi a tutti la chiara operazione
scissionista con configurazioni provocatorie, certamente estranee a
chi ha a cuore le sorti della lotta operaia, il Coordinamento
nazionale, riunitosi in via straordinaria lo scorso 15 maggio, ha
deliberato ad ampia maggioranza l’espulsione di Zerbini e Koxha dal
SI Cobas. Riteniamo di aver esperito ogni tentativo di soluzione
politica di una vicenda che in questi mesi ha depotenziato non di
poco l’azione del SI Cobas in Lombardia, creando non pochi equivoci
e confusione nelle nostre fila. Sarebbe dunque stato irresponsabile,
per chi ha a cuore il futuro delle lotte della logistica e gli
interessi operai immediati e di prospettiva, continuare un braccio di
ferro che stava diventando ogni giorno di più logorante. Del resto
Fabio Zerbini, poco prima della sua espulsione, scriveva in
conversazioni con chi pensava a lui più vicino organizzativamente,
che si sarebbe dovuta prevedere anche l'ipotesi di andare in CGIL; e
nei giorni immediatamente successivi alla sua espulsione ha messo in
atto una vera e propria opera di provocazione, che non può che
derivare da suggerimenti delle istituzioni borghesi.
Autorganizzazione vuol dire innanzitutto mettere al primo posto gli
interessi collettivi della classe, e questo significa anche liberarsi
del fardello di soggetti che antepongono altri interessi rispetto a
quelli di migliaia di lavoratori aderenti al SI Cobas e ai tanti
lavoratori che al SI COBAS guardano per pratica e prospettiva di
lotta. In quest’ottica siamo fermamente convinti di aver compiuto
una scelta giusta e necessaria per rafforzare ed allargare il nostro
raggio d'azione sindacale nella prospettiva anticapitalistica che
perseguiamo da sempre. Le informazioni che abbiamo in possesso sono
inequivocabili e i fatti ci daranno ragione.
SI COBAS NAZIONALE
Mozione dell’assemblea Si.Cobas DEL 22 MAGGIO 2016
L’espulsione di due militanti del SI.Cobas decisa dal coordinamento nazionale del 15 maggio, accompagnata da una campagna di pesantissime calunnie e diffamazioni pubbliche nei loro confronti, condotta in prima fila da funzionari retribuiti dall’organizzazione, rappresenta una svolta inaccettabile nella storia dell’organizzazione, che mette in discussione i principi di unità operaia costruita dal basso in 5 anni di dure battaglie contro il padronato
2., Le trattative nazionali con la FEDIT[1], condotte dai vertici del sindacato, vanno verso una vera e propria capitolazione al padronato che darebbe il via libera alla competitività, alla produttività e alla flessibilità richiesta dai padroni, al totale controllo aziendale sull’organizzazione del lavoro, all’autoregolamentazione degli scioperi, e ribalterebbe i contenuti su cui il SI.Cobas si è costruito, nella lotta, durante tutto il suo percorso politico-sindacale sin dalla sua fondazione..
Il processo di epurazione in corso, è diretta conseguenza di questa svolta politica e si basa sulla denigrazione degli operai in lotta, considerati apertamente come una “insignificante goccia nel mare che potrebbe essere spazzata via in qualsiasi momento”, e soprattutto, sul fatto che “il potere operaio è un’utopia mai realizzata nella storia”. La strategia anticapitalista, base del congresso fondativo del SI.Cobas, si riduce così ad una semplice dichiarazione propagandistica, delegata ad un’astratta unità dell’organizzazione rappresentata da vertici (per altro fuori da ogni controllo collettivo) non soggetti ad alcuna critica possibile.
Il ribaltamento dei principi dell’organizzazione, fondati sul conflitto di classe e sulle avanguardie reali che esso produce, motiva una reazione immediata del corpo sano dell’intera organizzazione capace di denunciare, innanzitutto, la manovra divisionista perpetuata dai vertici del sindacato, che non ha esitato, per perseguire i suoi obiettivi, a rivolgersi ai padroni per delegittimare i militanti scelti dagli operai organizzati in fabbrica come propri rappresentanti.
Conseguentemente i 120 delegati e attivisti dei coordinamenti provinciali di Milano, Bergamo, Lodi e Novara, convenuti a questa assemblea pretendono:
La revisione delle decisioni prese dal coordinamento nazionale del 15 maggio e il conseguente reintegro a pieno titolo dei compagni espulsi dall’organizzazione.
Una presa di posizione esplicita delle strutture dirigenti nazionali del SI.Cobas contro la “minuta di discussione” tra SI.Cobas/ADL e TNT/Fedit di cui all’allegato
La pubblicazione del bilancio economico nazionale dell’organizzazione, finalizzato a decisioni utili a collocare i Cobas aziendali, e i rispettivi coordinamenti territoriali, come fondamenta concrete dell’organizzazione di tutto il SI.Cobas su scala nazionale.
Tutte le strutture di base che condividono questa mozione sono invitate a dare il proprio appoggio esplicito attraverso comunicazioni scritte al coordinamento nazionale del SI.Cobas
Peschiera Borromeo, 22 maggio 2016
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