Ripetono questa
frase fino allo sfinimento quando qualcuno si avvicina loro per
consegnare acqua o generi di prima necessita i 150 profughi eritrei che
ormai da una settimana bivaccano nella zona del porto di Cagliari, tra
gli ingressi dei traghetti, piazza Matteotti e i portici davanti al
Municipio. Una frase accompagnata da azioni eclatanti che evidenziano
come la tensione sia ormai palpabi.
Corteo 100 eritrei fra porto e Municipio, traffico in tilt
(ANSA) - CAGLIARI, 12 AGO - La situazione ieri sembrava essersi
sbloccata, con il ritorno di una cinquantina di migranti nei
centri di accoglienza dell'isola e la promessa di una partenza a
gruppi ma stamani un centinaio di profughi eritrei ha ripreso a
protestare chiedendo di poter lasciare la Sardegna. In diverse
occasioni il "corteo" di migranti si è spostato da un lato
all'altro del porto di Cagliari, cercando di raggiungere i due
ingressi, creando problemi al traffico in pieno centro.
Accanto ai blocchi stradali che stanno mandando in tilt la viabilità in centro, già da ieri alcune donne hanno iniziato lo sciopero della fame, rifiutando anche di bere, accusando malori subito curati dal personale del 118.
Oggi il gesto di un giovanissimo profugo che alle 13, mentre si trovava insieme al fratello e ad altri connazionali sulla banchina del porto, esasperato, si è tuffato in mare. Il ragazzo è stato soccorso dal parente e dalla polizia, poi è stato affidato alle cure dei medici. Per lui nessuna ferita, ma negli occhi la disperazione di chi non ha più voglia di combattere e chiede solo di poter iniziare a vivere, ma in un'altra Nazione. La situazione dei migranti in Sardegna e in particolare a Cagliari, diventata per molti una sorta di "porta per la libertà", è precipitata nell'ultima settimana quando le partenze per la Penisola - avvenute fino a otto giorni fa - si sono bloccate. I profughi rifiutano di farsi identificare o fotosegnalare, come prevede l'accordo di Dublino, perché questo li legherebbe all'Italia.
"Noi vogliamo andare in Francia o in Germania dove ci sono parenti e amici. Ci faremo identificare in quei Paesi", dicono in coro. Ma senza documenti sui traghetti, già stracolmi di passeggeri, non si può salire
Intanto i profughi rimangono a dormire in strada e ogni giorno il numero aumenta. Il passa parola tra gli stranieri sulle possibili partenze sta infatti spingendo molti a lasciare la strutture ricettive in cui si trovano in altre province della Sardegna e riversarsi a Cagliari. Con la speranza di partire. (ANSA).
Accanto ai blocchi stradali che stanno mandando in tilt la viabilità in centro, già da ieri alcune donne hanno iniziato lo sciopero della fame, rifiutando anche di bere, accusando malori subito curati dal personale del 118.
Oggi il gesto di un giovanissimo profugo che alle 13, mentre si trovava insieme al fratello e ad altri connazionali sulla banchina del porto, esasperato, si è tuffato in mare. Il ragazzo è stato soccorso dal parente e dalla polizia, poi è stato affidato alle cure dei medici. Per lui nessuna ferita, ma negli occhi la disperazione di chi non ha più voglia di combattere e chiede solo di poter iniziare a vivere, ma in un'altra Nazione. La situazione dei migranti in Sardegna e in particolare a Cagliari, diventata per molti una sorta di "porta per la libertà", è precipitata nell'ultima settimana quando le partenze per la Penisola - avvenute fino a otto giorni fa - si sono bloccate. I profughi rifiutano di farsi identificare o fotosegnalare, come prevede l'accordo di Dublino, perché questo li legherebbe all'Italia.
"Noi vogliamo andare in Francia o in Germania dove ci sono parenti e amici. Ci faremo identificare in quei Paesi", dicono in coro. Ma senza documenti sui traghetti, già stracolmi di passeggeri, non si può salire
Intanto i profughi rimangono a dormire in strada e ogni giorno il numero aumenta. Il passa parola tra gli stranieri sulle possibili partenze sta infatti spingendo molti a lasciare la strutture ricettive in cui si trovano in altre province della Sardegna e riversarsi a Cagliari. Con la speranza di partire. (ANSA).
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