Dopo
il frastuono delle giornate in memoria della morte di Giovanni
Falcone, con al centro il 23 maggio, e in attesa del prossimo
ipocrita show del 19 luglio sulla strage di via d'Amelio e la morte
del giudice Borsellino oggi si pare il processo sulla cosiddetta
trattativa stato-mafia e sul banco degli imputati ci sono ex Ministri
(Nicola Mancino), ex senatori (Marcello Dell'Utri), ex ufficiali dei
carabinieri (Mario Mori e Antonio Subranni), l'ex colonnello Giuseppe
De Donno, Massimo Ciancimino, figlio dell'ex Sindaco mafioso di
Palermo Vito Ciancimino e i capi della mafia Totò Riina, Leoluca
Bagarella, Giovanni Brusca e Antonino Cinà.
Tutti gli imputati rispondono di attentato al corpo politico dello Stato, tranne Mancino e Massimo Ciancimino.
Sul banco dei testimoni del processo sfileranno 170 testimoni. Potrebbe esserci pure il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che dovrebbe essere chiamato a spiegare il contenuto di una lettera scritta dal suo consigliere Loris D'Ambrosio, morto l'estate scorsa, in cui parlava di "accordi indicibili" durante la stagione delle stragi. Napolitano non sarà l'unico uomo dello Stato chiamato a testimoniare. Ci saranno anche l'ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, l'ex presidente del Consiglio, Giuliano Amato, gli ex ministri Giovanni Conso, Claudio Martelli e Luciano Violante.
Questo
processo potrebbe dare l'impressione del giudizio di una cosa
passata, vecchia, e i protagonisti, a cominciare dalla stampa per
finire ai familiari e al neo presidente del Senato, l'ex giudice
Grasso, fanno la loro parte parlando di lotta alla mafia e non di
lotta allo Stato-mafia. A questo punto, infatti, se aggiungiamo gli
ultimi arresti di “imprenditori” e amministratori, i Comuni
sciolti per mafia, i sequestri milionari ai boss e alle loro
famiglie, le inchieste sul controllo delle imprese da parte della
mafia che “investe” miliardi, l'unica dicitura corretta dovrebbe
essere questa.
Il
trambusto mediatico, condito con migliaia di ragazzi fatti sbarcare
in città per l'occasione dalle “navi della legalità”, serve a
tentare di nascondere questa realtà che è già nota e accertata da
decine di sentenze. È il tentativo sempre ripetuto di far credere
che questa società è in fin dei conti a posto se non fosse per
alcune mele marce...
Riepiloghiamo
brevemente:
La
Trattattiva viene storicamente collocata tra l'omicidio dell'euro
deputato Salvo Lima e il mancato attentato allo stadio Olimpico di
Roma. Siamo, dunque, tra la primavera del 1992 e l'inverno del 1994.
Due fatti certi, in mezzo a cui c'è una sfilza di episodi
inquietanti e tutti da chiarire. La ricostruzione dei pubblici
ministeri ha finito per riempire 120 faldoni. Possiamo sintetizzarla
così:
- la mafia aveva alzato il tiro e fu deciso di ammazzare Lima, garante degli interessi mafiosi....
- Dopo Lima, ammazzato davanti casa a Mondello, altri politici sarebbero finiti nel mirino di Cosa nostra.
- A quel punto, sarebbe entrato in gioco l'ex ministro Calogero Mannino che, per salvarsi la vita, avrebbe cercato di dare l'input alla trattativa.
- L'allora capo del Ros Antonio Subranni, l'ufficiale Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno avrebbero avviato la trattativa con don Vito Ciancimino.
- Risultato: Totò Riina dettò le sue condizioni nel papello.
- La prima risposta dello Stato sarebbe arrivata con il mancato rinnovo del regime carcerario duro per 334 boss mafiosi rinchiusi nelle carceri di mezza Italia.
- Non sarebbe bastato, però, per frenare la stagione stragista. La trattativa sarebbe proseguita con altri protagonisti. Su tutti Marcello Dell'Utri, che avrebbe portato la minaccia mafiosa a Silvio Belusconi, che da li a poco sarebbe diventato premier...
- Che trattativa ci fu è un dato storico, già sancito da una sentenza dei giudici di Firenze che scrissero la verità giudiziaria sulla strage di via dei Georgofili. (livesicilia.it)
Ma in
questa giornata ci sono anche diversi “indignati” ufficiali come
riporta La Repubblica: dalla vedova Montinari che parla di “frasi
di circostanza” e “lacrime ad orologeria”, al giudice Morosini
che non ha partecipato alle commemorazioni e dice “Su Capaci ci
sono ancora pezzi mancanti e la verità giudiziaria venuta a galla
finora è una verità parziale. Questo non è rassicurante in uno
stato democratico”, fino ad Ingroia “...Provo amarezza perché
[Falcone] nell'anniversario lo piangono tutti ma poi i suoi
insegnamenti e i suoi moniti a vigilare sulle collusioni tra affari,
politica e criminalità organizzata vengono sistematicamente
dimenticati...”
Il
processo è stato rinviato al 31 maggio... in attesa del processo
vero, quello del proletariato!
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