Esteri
26/05/2013
- il caso
India, strage di esponenti del Congresso
I ribelli maoisti uccidono 28 persone
Imboscata a un convoglio nello stato del Chattisgarh
La denuncia di Sonia Gandhi: «Un attacco alla democrazia»
La denuncia di Sonia Gandhi: «Un attacco alla democrazia»
India sotto choc per la strage di politici. Un folto gruppo di un
centinaio di militanti maoisti indiani ha teso la notte scorsa un
agguato ad una carovana di dirigenti e militanti del partito del
Congresso di Sonia Gandhi nello Stato nord-orientale di Chhattisgarh,
causando un massacro di quasi 30 morti e altrettanti feriti.
L’imboscata è avvenuta in una zona isolata del distretto di Sukna, a oltre 300 chilometri dal capoluogo di Raipur, dove il convoglio di politici, scortato dalla polizia, stava transitando di ritorno da un comizio. I guerriglieri, pesantemente armati, hanno fatto esplodere una mina e poi hanno aperto il fuoco. Fra le vittime dell’attacco, il più grave dei maoisti (noti qui anche come “naxaliti”) dal 2005, il leader del Congresso del Chhattisgarh, Nand Kumar Patel, trovato morto insieme al figlio. I due erano stati rapiti dopo l’agguato. I ribelli hanno ucciso anche un altro importante esponente politico, Mahendra Karma, fondatore nel 2005 della milizia tribale anti maoista Salwa Judum e un ex parlamentare, Uday Mudaliar.
Un membro della comitiva, sopravvissuto alla carneficina, ha riferito all’agenzia di stampa Pti che i maoisti hanno inscenato balli di gioia quando hanno scoperto che fra i sequestrati c’era anche Karma, considerato loro «nemico pubblico n.1». L’attentato è stato duramente condannato dalla leader del Congresso Sonia Gandhi e dal figlio Rahul come un «attacco alla democrazia». La Gandhi e il primo ministro Manmohan Singh hanno partecipato a una riunione di emergenza nel capoluogo di Raipur. Qui Singh ha assicurato che «l’India non si inginocchiera’ mai davanti ai Naxaliti». Ferma anche la condanna del governo italiano. In una presa di posizione, la Farnesina ha ricordato che «il ricorso alla violenza, sempre esecrabile, non può trovare alcuna giustificazione in un Paese, quale è l’India, di profonda e solida tradizione democratica».
Una settimana fa l’esercito indiano aveva ucciso otto civili, tra cui diversi bambini, durante uno scontro a fuoco con sospetti militanti in un villaggio agricolo nella regione tribale di Bastar, sempre in Chhattisgarh.
I “Naxaliti” (da Naxalbari, un villaggio del West Bengal dove traggono origine nella seconda metà degli anni ’60) sono fortemente presenti in un «corridoio rosso» nell’India orientale dal confine con il Nepal fino all’Andhra Pradesh. Secondo il governo di New Delhi, sono «la più grande minaccia alla sicurezza interna» nazionale. Alcuni anni fa, le autorità indiane avevano deciso di lanciare contro di loro un’offensiva militare che però è stata abbandonata per via degli stretti legami tra i maoisti e le popolazioni tribali.
Più di recente il Congresso, al governo del Paese e all’opposizione in Chhattisgarh, ha cercato in questo Stato di sviluppare un’attività politica dal basso, in contatto anche con i responsabili tribali, in vista delle elezioni di dicembre
L’imboscata è avvenuta in una zona isolata del distretto di Sukna, a oltre 300 chilometri dal capoluogo di Raipur, dove il convoglio di politici, scortato dalla polizia, stava transitando di ritorno da un comizio. I guerriglieri, pesantemente armati, hanno fatto esplodere una mina e poi hanno aperto il fuoco. Fra le vittime dell’attacco, il più grave dei maoisti (noti qui anche come “naxaliti”) dal 2005, il leader del Congresso del Chhattisgarh, Nand Kumar Patel, trovato morto insieme al figlio. I due erano stati rapiti dopo l’agguato. I ribelli hanno ucciso anche un altro importante esponente politico, Mahendra Karma, fondatore nel 2005 della milizia tribale anti maoista Salwa Judum e un ex parlamentare, Uday Mudaliar.
Un membro della comitiva, sopravvissuto alla carneficina, ha riferito all’agenzia di stampa Pti che i maoisti hanno inscenato balli di gioia quando hanno scoperto che fra i sequestrati c’era anche Karma, considerato loro «nemico pubblico n.1». L’attentato è stato duramente condannato dalla leader del Congresso Sonia Gandhi e dal figlio Rahul come un «attacco alla democrazia». La Gandhi e il primo ministro Manmohan Singh hanno partecipato a una riunione di emergenza nel capoluogo di Raipur. Qui Singh ha assicurato che «l’India non si inginocchiera’ mai davanti ai Naxaliti». Ferma anche la condanna del governo italiano. In una presa di posizione, la Farnesina ha ricordato che «il ricorso alla violenza, sempre esecrabile, non può trovare alcuna giustificazione in un Paese, quale è l’India, di profonda e solida tradizione democratica».
Una settimana fa l’esercito indiano aveva ucciso otto civili, tra cui diversi bambini, durante uno scontro a fuoco con sospetti militanti in un villaggio agricolo nella regione tribale di Bastar, sempre in Chhattisgarh.
I “Naxaliti” (da Naxalbari, un villaggio del West Bengal dove traggono origine nella seconda metà degli anni ’60) sono fortemente presenti in un «corridoio rosso» nell’India orientale dal confine con il Nepal fino all’Andhra Pradesh. Secondo il governo di New Delhi, sono «la più grande minaccia alla sicurezza interna» nazionale. Alcuni anni fa, le autorità indiane avevano deciso di lanciare contro di loro un’offensiva militare che però è stata abbandonata per via degli stretti legami tra i maoisti e le popolazioni tribali.
Più di recente il Congresso, al governo del Paese e all’opposizione in Chhattisgarh, ha cercato in questo Stato di sviluppare un’attività politica dal basso, in contatto anche con i responsabili tribali, in vista delle elezioni di dicembre
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