martedì 29 gennaio 2013

pc 29 gennaio - INTERVISTA A COMPAGNI DEL PCm FRANCIA

L'intervista ha toccato vari temi: uccisione compagne turche, intervento imperialista in Mali, sulla scarcerazione di George Ibraim Abdallah, e sulla lotta alla Peugeot

Quale risposta c'è stata in Francia dopo l'uccisione delle tre compagne turche?

Questo è un assassinio di Stato, lo Stato turco è il responsabile.
La reazione è stata immediata. Già la mattina di giovedì, appena appresa la notizia, tra 600 e 1000 persone si sono concentrate davanti all'edificio dove erano state trovate morte le compagne.
Un corteo improvvisato ha raggiunto dal centro culturale curdo. “Stato turco Turco assassino”, si gridava, tanti fiori e compagni che salutavano col segno della vittoria.
Poi il sabato una grande manifestazione di 50.000, in cui si sono riuniti rappresentanti delle resistenze nazionali Tamil, Paese basco, Corsica, Armenia, le organizzazioni rivoluzionarie turche, MLKP, TKP/ML, MKP. Relativamente piccole le delegazioni di organizzazioni francesi, tra queste il nostro Partito con lo striscione “Abbasso lo stato fascista in Turchia”.
Molti venivano da altri paesi europei, dove ci sono tanti immigrati e militanti di organizzazioni democratiche curde. Altre manifestazioni ci sono state a Lyone.

Che tipo di lavoro facevano le compagne assassinate?

Una era tra le fondatrici del PKK, erano molto note dentro la comunità curda e anche al di fuori di essa. Erano impegnate nel lavoro di un'associazione democratica e stavano per tornare in Belgio, il giorno dopo, dove risiedevano abitualmente.
Tutto indica che è stata opera di killer professionisti: l'ufficio dove sono state uccise non era clandestino, ma neanche tanto noto; le compagne sono state freddate con un colpo alla nuca, sparato da una pistola con silenziatore e finora le indagini non hanno avuto nessun risultato.
Da parte sua, lo Stato francese ha espresso condanna formale per l'assassinio, il parlamento lo ha denunciato all'unanimità, ma si tratta di ipocrisia, niente di ciò cambierà le ottime relazioni di amicizia tra lo Stato francese e il regime fascista turco.

Ancora sulla mobilitazione, c’è un seguito? Un comitato ecc.?

A Parigi, si sta pensando di dare continuità alla mobilitazione con una giornata dedicata alla resistenza del popolo curdo durante la tradizionale settimana anti-colonialista che si tiene ogni anno alla fine di febbraio. È sempre stata un'occasione di scambio di opinioni e informazione sulle lotte dei popoli dipendenti e anche di quelli senza Stato. Anche noi ci partecipiamo, quest'anno vi porteremo il sostegno alla guerra popolare in India e la denuncia del ruolo della Francia imperialista.

Il vostro partito oltre a partecipare alle prime manifestazioni ha fatto altre azioni?

Propaganda nelle fabbriche, sono in programma altre iniziative.

Dove si tiene la settimana anticolonialista?

In un palazzo del PCF con discussioni, attività culturali. Ci sarà Attac, Popoli senza Stato, il movimento 20/02 di Tunisia, i Baschi, associazioni ambientaliste. Ci sarà anche una sessione sulle ultime colonie francesi come Guadalupa e Martinica. Noi saremo presenti con un banchetto con nostro materiale. Andremo lì per prendere nuovi contatti e proporre una riunione sulla Guerra Popolare in India ad alcune organizzazioni ambientaliste che hanno un loro punto di vista di tipo democratico sulla questione.

Adesso parliamo dell’intervento imperialista i Mali.

Sulla questione del Mali, è ben nota la nostra posizione: è un'aggressione imperialista da parte dell'imperialismo francese.
Il motivo vero dell'intervento è la strategia di presenza nel continente da parte dell'imperialismo francese, il controllo sulle fonti di uranio, di cui il Mali è ricco, la competizione con Cina e India che di recente stanno aumentando la loro presenza economia e strategica nel continente con l'acquisto di grandi estensioni di campi.
Un intervento che rimanda allo storico ruolo della Francia, ex-possessore coloniale della regione, che da sempre vi svolge un ruolo di gendarme a protezione dei regimi locali, chiunque ne minacci la stabilità.
Quello del terrorismo islamico è chiaramente un pretesto. La stessa Francia ha appoggia le forze islamiche in Siria, ma interviene militarmente contro di esse in Mali.

Che reazioni ci sono state da parte delle forze politiche?

Stiamo realizzando un dossier in cui abbiamo raccolto tutte le reazione di tutti i partiti e organizzazioni politiche. Oltre allo scontato sostegno da parte della destra e del PS, da notare la posizione del “fronte della sinistra” che si è opposta all'intervento ma solo per la procedura perché non è stata autorizzata dal parlamento e perciò sarebbe “antidemocratica”.
La sinistra rivoluzionaria si oppone, ma nel maggior parte dei casi manca una chiara analisi e denuncia delle ragioni dell'aggressione.
I giovani comunisti marxisti-leninisti che si sono separati dalla loro organizzazione e che sono venuti alla Conferenza Internazionale di Amburgo a sostegno della Guerra Popolare in India hanno la nostra stessa posizione.
La macchina della propaganda si è messa in moto, in particolare in occasione del primo morto dell'operazione, sacralizzato come “morto per la Francia”.
A livello di massa abbiamo realizzato un volantinaggio all'università di St Demi, dove abbiamo trovato reazioni anche sorprendenti, molti ripetono le fandonie della propaganda, ma c'era comunque molto interesse e, se si discute e si spiega come stanno le cose, spesso scopriamo che non è difficile convincere che abbiamo ragione.
Comunque, al momento l'opposizione all'intervento non ha ancora espresso abbastanza forza da organizzare manifestazioni di massa.
Nei quartieri popolari, a Montreil in particolare, dove si concentrano comunità maliane e dove ci sono anche esperienze di occupazioni collettive di case, in passato abbiamo avuto rapporti con loro, ci prepariamo a tornare a intervenire tra loro contro l'intervento. Ancora non ci sono state manifestazioni di massa a Parigi.

Informaci sulla situazione della scarcerazione di George Ibraim Abdallah, comunista rivoluzionario libanese

Abdallah era prigioniero politico dal 1984 a oggi, una detenzione più lunga di quella di Nelson Mandela. Per anni i giudici si sono sempre opposti alle istanze di scarcerazione. Quando finalmente un giudice l'ha accettata, il pubblico ministero è ricorso in appello, e dopo la conferma della decisione di liberalo, condizionata al fatto che fosse espulso dal territorio francese, il ministro dell'interno francese ha rifiutato di firmare il decreto di espulsione per tenerlo ancora in carcere. Questo nonostante il governo libanese avesse ufficialmente dichiarato di essere pronto ad accoglierlo.
È evidente che dietro la decisione del ministro francese ci sono le pressioni di USA e Israele
G.I. Abdallah è un comunista rivoluzionario libanese, membro della Forza Rivoluzionaria Armata del Libano, formazione combattente. È in carcere accusato dell'uccisione di un diplomatico israeliano e dell'addetto militare dell'ambasciata USA, ai tempi dell'invasione del Libano. Ma un recente libro scritto da un ex agente dei servizi segreti francesi ha rivelato quello che il vasto movimento di solidarietà con G.I. Abdallah sapeva da sempre. Quelle accuse erano false: era solo il soggetto politicamente ideale da condannare: comunista, anti-sionista, solidale con la causa del popolo palestinese. Se in queste anni non avesse mantenuto la sua posizione politica rivoluzionaria e se l'avesse pubblicamente ripudiata di certo sarebbe libero.
Per questo da colpevole ideale per i sionisti e gli imperialisti USA, in questi ani G. I. Abdallah è stato un simbolo di tutto il movimento di solidarietà coi prigionieri politici in Francia e non solo. Che non hanno smesso di chiederne la liberazione.
In tante città di tutto il paese, e anche del Belgio, in questi giorni ci sono state manifestazioni di protesta di fronte alle carceri e agli uffici del ministero degli Interni. Vi hanno partecipato militanti di ogni tendenza.
Pensiamo che, come per tanto tempo è G.I Abdallah è stato capace di resistere, anche il movimento per liberarlo si prepara a continuare la lotta fino alla sua liberazione. A queste mobilitazioni hanno partecipato principalmente francesi, pochi arabi, anche operai che ricordano Action Direct.
La questione è che non ha mai abbandonato i suoi ideali, non si è arreso ed è per questo che non vogliono liberarlo.

Quali saranno le prossime attività del comitato?

Vi sono pressioni al ministero dell’interno, se non lo libereranno entro il 28/01 data in cui il ministro dell’interno può firmare la scarcerazione; poi il comitato deciderà cosa fare in base alla situazione.

Andiamo alla situazione di lotta alla Peugeot.

In questo momento è in corso l’occupazione delle fabbriche, ci sono stati alcuni episodi in cui di mattina presto gli operai sono andati sotto casa del padrone svegliandolo facendo pressioni per le trattative. Ci sono 200 lavoratori che occupano comprese le fabbriche dell’indotto.

Che appartenenza sindacale hanno gli operai?

Principalmente sono della Cgt, a sud sono più combattivi. Un mese fa alcuni lavoratori non organizzati in sindacati hanno bloccato un reparto. C’è anche un sindacato che è parte della lotta, storicamente fascista, ma mette molta enfasi sulla negoziazione, non per salvare il lavoro attuale ma per avere ipotetiche garanzie per un futuro lavoro una volta che la fabbrica chiuderà definitivamente. C’è stato il festival dell’automobile a Parigi e sono andati operai da 20 fabbriche con l’obiettivo di disturbarne lo svolgimento con lo slogan “questa è casa nostra”. Il governo ha mandato molti sbirri e ci sono stati scontri a cui hanno partecipato molti lavoratori che spingevano per entrare, lanciando slogan quali “contro il governo socialdemocratico, tutti fascisti”.
Nella fabbrica la Cgt ha una leadership troskista (loutte ouvriere). C’è un comitato di lotta ma diretto da sindacati, poi ci sono singoli comitati di lotta nei singoli reparti. C’è una pressione dalla base per azioni più radicali come la devastazione di uffici della direzione o l’occupazione della fabbrica. È stata grazie a questa pressione che è avvenuta l’occupazione e hanno bloccato la produzione.

Qual è la composizione etnica, sessuale e di età degli operai?

In gran parte francesi (anche figli di immigrati di varie generazioni) poi ci sono cinesi, tamil, africani. Età media 40 anni. Principalmente uomini ma anche donne. molti vengono dalle banlieues e considerano illusoria la riqualificazione dopo tanti anni di lavoro in fabbrica e sono diffidenti verso le agenzie interinali.
Alla Renault ci sono stati 7500 licenziamenti e adesso questi guardano alla lotta della Peugeot che sono 11000.

Come intervenite?

Andiamo in fabbrica e distribuiamo volantini, portiamo striscioni, e partecipiamo alle manifestazioni di solidarietà e lotta.

Quali parole d’ordine adottate?

Contro i licenziamenti occupate la fabbrica, organizzate comitati di lotta senza sindacati ufficiali ma tra lavoratori, fare un fronte operaio rivoluzionario, alza la testa e prendi in mano i tuoi interessi”

Qual è la prospettiva della lotta?

Estendere la lotta in altre fabbriche anche di altri gruppi con simili problemi. Alla prossima manifestazione altre fabbriche si uniranno perchè hanno gli stessi problemi.

Come venite accolti quando andate con le vostre bandiere e parole d’ordine?

Ci vedono come rivoluzionari e ci dicono con piacere “siete anche voi qui!”. Attualmente non sono pronti per uscire dai sindacati ma quando parliamo loro della nostra proposta di comitati accolgono la proposta anche se attualmente è difficile organizzarli. I più combattivi ci invitano quando ci sono iniziative in fabbrica.

C’è differenza nel modo di partecipare alla lotta tra operai vecchi che si presuppone abbiano più esperienza e quelli giovani che dovrebbero essere più combattivi?

No, non c’è una grossa differenza.

Sono fabbriche tradizionalmente di sinistra con presenza di Pcf o Cgt?

Negli anni hanno sempre condotto lotte per difendere i propri diritti. Si trova in una banlieue. Spesso intercettiamo gli operai al parcheggio o alla fermata dell’autobus. Tutto questo perchè ci sono controlli da parte dei vigilantes.

Qual è il ruolo dello Stato, degli sbirri?

A parte l’episodio della fiera dell’auto non c’è stato un diretto intervento militare, dopo certi atti di protesta radicali cercano di risalire in un secondo momento agli operi protagonisti tramite video. Almeno per il momento lo Stato si limita a questo, c’è repressione all’interno da parte del padrone.

Anche i sindacalisti ufficiali collaborano alla repressione? In Italia spesso ciò avviene.

No, al massimo la Cgt ha provato ad opporsi all’occupazione ma poi è stata obbligata ad accodarsi.

C’è qualche forma di solidarietà esterna dalla banlieues o dalle famiglie?

Si, portano caffè e altri beni di questo tipo. Spesso raccolgono anche dei soldi e sono in molti che ne danno.

Qual è il ruolo dei media?

Vanno a vedere e seguono la vicenda, non hanno ancora criminalizzato. È una lotta molto popolare in Francia che raccoglie grande solidarietà in generale.

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