a cura di marcobenevento contropiano
Un report del KOE, Organizzazione Comunista di Grecia, offre spunti di riflessione e di proposta politica:
"Dentro l’Europa, ma fuori dall’Ue”, cioè rompere l’Unione Europea per
ricomporre l’unità dell’internazionalismo di classe dei lavoratori, in
un’alternativa solidale da sud a sud.
* Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti Recentemente i compagni del KOE (Organizzazione Comunista di Grecia) hanno affidato ad un documento, da loro stessi definito informale e di semplice informazione, il compito di tracciare il quadro sociale della Grecia colpita dalla crisi economica e aggredita dalle direttive del FMI, della BCE, dell’UE. Il documento prende in esame i dati pubblicati dall’Ente di Statistica greco sotto l’egida dell’Eurostat.
Per quanto i tecnocrati di Atene si siano sforzati di temperare i risultati del loro rapporto, i dati in esso contenuti riportano alla mente scenari di povertà ottocenteschi; si tratta invece del frutto delle ricette economiche attuate dal governo formato da Nuova Democrazia, PASOK e Sinistra Democratica.
Nel loro testo i compagni del KOE parlano dell’esplosione della povertà e del ritorno dello spettro della fame. Ad essere messe sotto accusa sono le politiche antipopolari imposte dalla troika, che hanno realizzato un immane trasferimento di ricchezza dai lavoratori e dai ceti popolari direttamente nelle casse degli speculatori nazionali ed internazionali. Le politiche di “rientro” del debito, ossia il pagamento dei prestiti, hanno seguito la prassi consolidata del FMI e della BCE, dei tagli alla spesa pubblica e dell’attacco al salario. Le riduzioni di spesa nel settore pubblico hanno assunto la forma del licenziamento per oltre 150.000 lavoratori, uomini e donne che sono andati ad ingrossare le fila dei disoccupati insieme agli espulsi dall’industria, dal commercio e dall’agricoltura. Nel giro di soli tre anni, la crisi economica e le politiche recessive hanno provocato la crescita esponenziale del numero dei disoccupati, che sono passati dal 9.9% del 2009 al 26,8% dell’ottobre 2012. Si tratta di un milione e trecentomila disoccupati su una popolazione attiva di circa 5 milioni di lavoratori. Di questi, solo 200mila usufruiscono di una misera indennità mensile che oscilla tra i 148 ed i 468 € lordi, quota che varia a seconda dell’ultimo impiego. L’assegno di disoccupazione viene concesso al massimo per un anno, dopo di che si sprofonda nel baratro della miseria e nell’esercito di riserva a caccia di una qualsiasi occupazione. Una riserva di braccia che cinicamente viene utilizzata, dagli industriali e dagli speculatori, per abbassare ulteriormente l’offerta di salario. Mediamente gli stipendi e le pensioni sono stati ridotti del 40%, ed oggi un lavoratore con circa 25 anni di servizio riceve uno stipendio di 580 € lordi, contro i 511€ di un giovane; ma le aziende non si accontentano e spingono verso un ulteriore abbassamento dei salari e delle tutele. Piccole e grandi imprese, comprese le multinazionali, spesso costringono i lavoratori ad accettare stipendi di 300 € lordi e a rinunciare a ogni tutela sociale, ed in molti casi lasciano i lavoratori senza retribuzione per mesi.
Statisticamente,varca la soglia della povertà chi ha un reddito equiparabile al 60% del PIL annuo pro capite, ma nel corso degli ultimi tre anni il reddito lordo pro capite è passato da 7.178 € a soli 5.950 € annui, risucchiando nell’indigenza il 22,9% dei greci, vale a dire 2 milioni e mezzo di persone.
Le politiche economiche imposte dalla troika, e sostenute dai governi greci che si sono succeduti, stanno velocemente dissanguando l’economia greca, il cui PIL in 6 anni è passato da 231 a soli 183 miliardi di euro. Per quanto il PIL sia imperfetto come indicatore del benessere sociale, in questo caso la sua caduta rende bene l’idea dell’impoverimento della Grecia, vittima della crisi sistemica e della speculazione.
Nel loro rapporto, i compagni del KOE mettono in evidenza che “mentre gli speculatori finanziari e le grandi imprese godono di vergognosi sconti fiscali, allo stesso tempo migliaia di famiglie povere che non possono permettersi di pagare le tasse, tra cui quella sull’abitazione, sono sanzionate dal governo greco, che provvede a staccare l'alimentazione elettrica nelle loro case”.
Al fine di mantenere i profitti per gli speculatori, e per rispettare il piano di rientro imposto dalla troika, i governi greci non solo hanno drasticamente ridotto i salari, le pensioni e le indennità di disoccupazione, ma hanno ulteriormente aumentato il peso delle tasse e delle tariffe a danno dei ceti popolari. Mentre per i lavoratori autonomi e le PMI le tasse sono cresciute del 420 % , le recenti leggi varate dal governo greco hanno portato la tassazione sui profitti d’impresa dal 20% al 26%, ma hanno ridotto al 10% le tasse sui dividendi. Come in un qualsiasi paese alla mercé delle liberalizzazioni, il governo greco offre agli investitori nazionali e internazionali notevoli facilitazioni fiscali e una forza lavoro a prezzi stracciati.
I soldi negati alla sanità e all’assistenza finiscono nel buco nero della ricapitalizzazione del sistema bancario, e per pagare gli interessi del debito pubblico; tra questi soldi ci sono le risorse derivanti dalla soppressione delle riduzioni fiscali e dell’assistenza sanitaria per le famiglie dei lavoratori disoccupati o con figli a carico. Molti ospedali pubblici e centri di assistenza sono stati chiusi a causa dei tagli del 40% nel bilancio della sanità, ma anche le restanti strutture ospedaliere soffrono per la drastica riduzione di spesa, che ha comportato licenziamenti del personale, impossibilità di acquistare materiale di prima necessità come farmaci, disinfettanti, bende, e impossibilità di garantire la manutenzione delle strutture ospedaliere. Chi può permetterselo si paga i medicamenti, ma un numero sempre più ampio di persone non ha i soldi per pagarsi le cure e le medicine. Così i tagli alla sanità e allo stato sociale stanno creando le premesse per una crisi sanitaria che è destinata a colpire innanzitutto i malati cronici, gli anziani, i bambini e le donne in stato di gravidanza.
Giustamente i compagni del KOE, nel loro rapporto, individuano nel crollo dei consumi di combustibile da riscaldamento l’ennesimo indicatore della pauperizzazione in corso. Nonostante l’ondata di freddo, a dicembre 2012 si è registrato un calo del 75% del consumo di olio combustibile, rispetto allo stesso periodo del 2011. L’accesso al riscaldamento è pregiudicato dalla speculazione sui prezzi e dall'aumento delle tasse imposte dalla troika e dal governo, fattori che hanno fatto lievitare il costo del carburante dai 0,57 centesimi di euro per litro del 2009 a 1,37 euro per litro nel 2012.
L’attacco alle condizioni di vita dei lavoratori e del popolo greco ha gli effetti di una guerra, seppure combattuta economicamente e nella cornice della democrazia parlamentare; il riaffacciarsi dell’indigenza e della povertà estrema, nella memoria dei greci, ricorda le pagine buie dell’occupazione nazi-fascista che provocò la morte per fame di migliaia di persone.
La fame e la miseria si stanno diffondendo in tutto il paese, prevalentemente nelle aree urbane.
Sono sempre più numerose le denunce di malnutrizione dei bambini; i sindacati degli insegnati segnalano molti casi di ragazzi che arrivano in classe deboli e affamati. Centinaia di mense e di strutture di sostegno stanno dando vita a un movimento di solidarietà, al momento non ancora coordinato e strutturato, che vuole essere alternativo a quelli gestiti dalla chiesa ortodossa, dalle ONG e dai fascisti di Alba Dorata. Sin dall’inizio il movimento di classe greco ha individuato nell’UE la responsabile delle politiche draconiane che attaccavano le conquiste sociali, la democrazia e la sovranità nazionale, mettendo in campo uno straordinario movimento di resistenza. Strenua e costante è stata la denuncia dei cosiddetti piani di aiuto della troika per il rientro del debito. Prestiti che in realtà sono serviti a proteggere e a rimborsare le banche private dei paesi più forti dell’Eurozona, che avevano investito quote del proprio surplus nel settore privato e nel debito pubblico greco.
I prestiti accordati alla Grecia dalla troika hanno consentito agli speculatori greci ed internazionali di fare la parte del leone nelle privatizzazioni, acquisendo importanti società pubbliche.
I PIGS, e la Grecia è tra questi, si trovano a svolgere il ruolo di aree periferiche dell’Unione Europea, quelle della delocalizzazione produttiva, su cui le economie più “forti” scaricano il peso della crisi.
Scorrendo il documento, appare evidente che quanto sta avvenendo in Grecia è circondato da una cappa di silenzio da parte dei media, ma anche delle istituzioni, ed è ignorato in maniera bipartisan dai partiti europei. Il rischio è che le notizie riguardanti l’impoverimento del popolo greco mettano a nudo la reale natura delle politiche dell’UE, mettendo in allarme i lavoratori ed i cittadini del resto d’Europa.
Il report dei compagni del KOE assume quindi il valore di denuncia delle politiche criminali della troika, rompendo la cappa del silenzio e dell’omertà e mettendo sull’avviso rispetto a quanto sono disposti a fare a Bruxelles pur di mantenere intatti i profitti. E’ impressionante il cinismo con cui la troika sta imponendo al popolo greco un rapido ed inesorabile impoverimento, ma è un’illusione pensare che i meccanismi del fiscal compact e le politiche dell’UE saranno riservate alla sola Grecia. Le condizioni economiche, strutturali e politiche hanno fatto sì che il popolo ellenico fosse tra i primi a subire gli effetti della crisi economica e delle politiche di austerity dell’UE, ma la crisi sistemica sta aggravando la competizione globale tra i poli imperialisti e questo non può che spingere la borghesia europea ad attaccare i diritti, il salario e gli spazi di agibilità politica e sindacale conquistati dai lavoratori e dai ceti popolari, per rendere più competitivo il suo modello e la sua struttura economica.
Appare evidente che le ricette economiche imposte da Bruxelles, con l’enorme trasferimento di ricchezza dal lavoro al capitale, anziché riavviare il processo di accumulazione e il rilancio dell’economia, si dispieghino come politiche recessive che producono un impoverimento generale.
Alla lotta di classe aperta dalle borghesie europee nei confronti della classe lavoratrice, in maniera modulata a seconda della divisione del lavoro assegnata alle diverse aree, hanno corrisposto lotte e movimenti di diversa intensità. La combattività e la persistenza della lotta è stata più evidente laddove c’è un forte e radicato movimento di classe, composto da organizzazioni sindacali e partiti comunisti. Questi movimenti, in queste lotte, hanno compreso la natura di classe dello scontro.
E’ importante far crescere tra i movimenti sociali e tra le organizzazioni di classe europee la consapevolezza rispetto ad un comune obiettivo politico: l'uscita dalla UE per il suo ruolo e la sua funzione, vale a dire quello di una potenza imperialista guidata dalle borghesie tedesca ed in subordine francese. E’ importante capire che si può uscire dalla crisi con un nuovo modello di sviluppo, sull’esempio che ci viene dai paesi dell’America Latina che sono stati sottoposti per anni alle politiche del FMI. Lì i movimenti sociali e politici hanno messo in campo una vertenzialità e delle lotte durissime che li hanno portati al governo. E’ da questi paesi, una volta legati al dollaro, che ci viene l’indicazione che si può uscire dall’euro e creare una area di libero scambio alternativa all’UE a guida franco -tedesca.
Un’area di scambio che nei nostri documenti abbiamo definito ALIAS - Area Libera per l’Interscambio Alternativo Solidale - che si doti di una sua moneta (LIBERA) e che reindirizzi la politica economica verso i lavoratori, dandole cioè una caratteristica di interesse generale, per intenderci una sorta di ALBA mediterranea , e una moneta come il SUCRE, cioè moneta inizialmente virtuale di conto e di compensazione unica interregionale.
E’ un passaggio storico di prospettiva e rivoluzionario,che richiede la messa in campo di un movimento di lotta con caratteristiche, nel caso nostro, sovrannazionali,internazionalista di classe, che rimetta al centro la redistribuzione delle ricchezze sociali a vantaggio dei lavoratori, in un modello di sviluppo a compatibilità sociale e ambientale caratterizzato da forme di pianificazione dell’economia centralizzate e decentralizzate per far emergere le economie locali a caratterizzazione sociale , solidale e di forte complementarietà economico-produttiva ,commerciale , in una alleanza politica indirizzata a percorsi di transizione socialista.
Un protagonismo di classe che sappia aprire lotte e vertenze tattiche per riforme strutturali, creando organizzazione di classe in grado di accumulare forze e consensi attorno a un programma di fase, che comunque nel rivendicare salario pieno e diritti. Riappropriazione dei beni comuni o collettivi, sia in grado di invertire i rapporti di forza nel conflitto capitale-lavoro, riconquistando così terreno di potere a favore dei lavoratori.
"DENTRO L'EUROPA, MA FUORI DALLA UE", QUINDI ROMPERE L’UNIONE EUROPEA PER RICOMPORRE L’UNITÀ DELL’INTERNAZIONALISMO DI CLASSE DEI LAVORATORI , IN UN’ALTERNATIVA SOLIDALE DA SUD A SUD: è un progetto politico sicuramente complesso, ma pensiamo che sia l'unica strada possibile per avanzare nei percorsi antimperialisti nel progetto storico del Socialismo nel e per il XXI secolo.
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