domenica 27 gennaio 2013

pc 27 gennaio - Lo scontro all'Ilva necessità di chiarezza, linea e azioni giuste

Un clima di forte tensione e di attesa attraversa in queste ore gli operai dell'Ilva. Ci si aspetta sostanzialmente l'annuncio di una nuova grande cassintegrazione straordinaria per 8 mila operai, di cui 6 mila a Taranto, ma che toccherà anche Genova e forse altri stabilimenti in Italia. Ci si aspetta una nuova pesante minaccia di non pagamento degli stipendi il 12 di questo mese.
E' necessario, ma anche inevitabile, che a queste eventuali decisioni gli operai Ilva a Taranto, ma anche a Genova, rispondano duramente. Le prossime due settimane sono quindi teatro di uno scontro che può avere una svolta e influenzare la situazione sindacale, sociale e politica non solo di Taranto, Genova, Novi Ligure ma dell'intero paese.
Tocca, quindi, a tutte le forze in campo schierarsi. Due sono i fronti effettivi che esistono sulla questione, da un lato, padroni, governo, Stato, sostenuti da sindacati confederali e Istituzioni locali, dall'altro operai che vogliono lavoro e salute in fabbrica e sul territorio, masse popolari tarantine che vogliono fermare la catena di morti da inquinamento e di attacco alla salute e che in maggioranza non vogliono la chiusura della fabbrica, nè un massiccio aumento della disoccupazione e desertificazione e un'altra Bagnoli.
Se i due fronti oggettivamente esistono, non sono così chiari nella realtà soggettiva della lotta di classe a Taranto e nelle altre realtà interessate da questa lotta di classe.
Padron Riva non vuole perdere la fabbrica che è stata fino adesso la "gallina dalle uova d'oro" dei suoi profitti e della trasformazione di questa famiglia in una delle grandi potenze industriali in Italia, in Europa e in misura minore nel mondo. Tutti coloro che dicono: "Riva se ne vuole andare", "Riva non ha interesse a mantenere la proprietà della fabbrica", non conoscono la realtà effettiva di questo gruppo industriale e della sua collocazione nel sistema capitalistico italiano e internazionale. I padroni non mollano mai la fonte dei propri profitti se non quando questi profitti diventino realmente impossibili, e anche in caso di grave crisi innanzitutto chiamano lo Stato borghese al loro servizio e i governi, comitati d'affari dei loro interessi, a salvare i loro profitti, la loro proprietà e ad intervenire perchè si socializzino le perdite e si possa riprendere a fare profitti.
Oggi i padroni Riva vogliono uscire dal carcere e dalla latitanza, mantenere il controllo del gruppo, essere sostenuti nello sforzo finanziario di una parziale bonifica dello stabilimento ed essere messi al riparo da conseguenze sul piano giudiziario effettivamente gravi - come minimo stile "padroni Thyssen ed Eternit" - e dall'attacco al loro patrimonio per effetto anche delle imponenti cause risarcitorie che si affacciano sulla scena. Se il sistema dei padroni, che all'acciao di Riva ci tiene, lo Stato e il governo aiuteranno a raggiungere in maniera se non totale almeno significativa questo obiettivo, il gruppo Riva e l'Ilva di Taranto resteranno in piedi e proseguiranno a svolgere la loro funzione nel sistema capitalistico italiano; con i conseguenti danni di sfruttamento della classe operaia occupata e di permanenza del pericolo di attacco alla salute in fabbrica e sul territorio.
Per questo lo scontro è con padron Riva, il sistema del capitale, Stato e governo. Ed esso non deve fare il gioco di queste controparti e dei loro piani immediati e futuri.
Questo scontro si può fare se gli operai restano in fabbrica, se la fabbrica diventa la roccaforte della classe operaia in questa lotta, se le masse popolari si uniscono alla classe operaia e alzano il tiro della loro battaglia per ottenere risultati immediati e futuri reali.
Dietro ogni quotidiana vicenda di questa lotta si cela la sostanza di questo scontro. Se si comprende questo punto, diventa facile leggere le posizioni reali esistenti nella fabbrica e nella città, e si può giudicare con sufficiente chiarezza e autonomia di pensiero e di azione, forza e limite delle realtà organizzate di parte operaia e proletaria, popolare e cittadina che stanno agendo nello scenario di Taranto.

Questo scontro si vince con le masse, operaie innanzitutto. Per questo sono gli orientamenti e l'azione di massa il fattore decisivo. Gli operai si muovono a livello di massa quando effettivamente le questioni toccano tutti e non ci sono nè prediche moraliste nè avanguardismo, per quanto bene intenzionati, che possano rimuovere questo dato di fatto. Le prossime due settimane che possono produrre eventi gravi, quali la cassintegrazione straordinaria di massa e il non pagamento dei salari, con la conseguente reazione operaia, possono effettivamente essere giorni decisivi di questa vicenda.
Gli operai nella loro lotta non possono nè devono avere limiti, se non quelli dettati dai rapporti di forza reali e dalla esigenza di unire il fronte di lotta per isolare i loro reali nemici. Questo è stato sempre così nella lotta di classe, da Spartaco fino ai giorni nostri. Solo degli idioti confusi possono pensarla diversamente. Idiozia che fa diventare "i soliti idioti" e confusione che si trasforma in divisione al servizio sempre e solo del padrone. 
Per questo la proposta politica e sindacale di classe è quella del blocco della fabbrica e della città, e dell'utilizzo della forza per imporre gli interessi operai e popolari al fronte unito del nemico di classe.

Gli operai dell'Ilva e le masse popolari di Taranto in parte sanno e in parte devono comprendere che questa è una battaglia che ha a Taranto il suo scenario principale, ma che ha come elemento secondario importante la dimensione nazionale e, per cui, devono portare questo scontro a livello nazionale.
In questo senso una manifestazione nazionale a Roma può essere utile e necessaria e deve chiamare a raccolta nella battaglia di Taranto tutte le forze nazionali, piccole o grandi che siano, che sono dalla parte degli operai e delle masse popolari di Taranto a difesa del lavoro e della salute, ma non solo, anche dei diritti e degli interessi degli operai e delle masse contro il capitale, il suo Stato e i suoi gioverni. Queste forze, inoltre, possono e devono essere chiamati a raccolta in una manifestazione nazionale a Taranto che abbia al centro l'Ilva e il quartiere principale - Tamburi - dell'emergenza tumori e morti da inquinamento, in tempi ravvicinati e adeguatamente preparata, per incidere nello scontro in atto.
Per raggiungere questi due obiettivi sono necessari in questo momento gli strumenti adatti.
A Taranto serve l'unità degli operai d'avanguardia, già attivi e combattivi, che possano insieme essere punto di riferimento per tutti gli operai in fabbrica per sottrarli al padrone e al suo braccio operativo in fabbrica, l'apparato sindacale confederale. A questo serve un presidio anche permanente, non di una sigla sindacale ma degli operai attivi, dei cassintegrati che sono già fuori dalla fabbrica, perchè agiscano da punto di riferimento della mobilitazione a Taranto come della eventuale manifestazione a Roma.
Chi mette cappelli- che nel caso dei sindacati di base, si tratta di 'cappellini'- in forme egemoniche e propagandistiche e impone parole d'ordini non adeguate all'unità di classe possibile nella fase attuale di questo scontro, fa danni, non è una soluzione ma una parte del problema.
Chi sottrae con mille pretesti una parte degli operai combattivi da questa funzione quotidiana in fabbrica e in particolare in queste ore, indebolisce la possibilità di far esprimere la democrazia e la forza degli operai uniti, e di trattare correttamente la contraddizione tra operai che si vogliono muovere indipendentemente dalla tessera sindacali e sindacati confederali che li vogliono tenere fermi o sotto la propria cappella che è poi quella di padroni, Stato e governi.
Bloccare la fabbrica e andare in massa a Roma sono l'una al servizio dell'altra. E' solo così che servono. Altrimenti si alimentano illusioni che lasceranno gli operai con un pugno di mosche in mano, con conseguente sfiducia e delusioni che faranno il gioco del padrone.
Sul piano cittadino è fondamentale chiamare tutta la città a mobilitarsi con tutti gli operai, paralizzando in una emergenza che imponga alla controparte risposte all'altezza di questa emergenza di lavoro e salute. Ciò richiede un blocco generale, anche prolungato se necessario della città, in cui alimentare l'unità e non le contrapposizioni, alimentare la partecipazione al blocco e non una situazione del tipo: chi blocca e chi sta a guardare e si lamenta. Serve molto più una mobilitazione di questa natura per risolvere la questione a favore di operai e masse popolari cittadine che marce pacifiche del sabato sera. Chi contrasta questa linea qualunque siano le sue ragioni agisce da ostacolo degli operai e delle masse, da nuovo "truffapopolo" che si aggiunge ai vecchi che hanno portato la situazione a questo punto.
Sul piano nazionale, alla manifestazione a Roma, possibile nei prossimi giorni, è necessario che tutte le forze rappresentative possano parteciparvi. Ma questa manifestazione non può essere limitata al fatto di avere la garanzia di un mese di salario e il finanziamento degli ammortizzatori sociali, per "cavare le castagne dal fuoco" ai nemici degli operai e delle masse, come vogliono realmente i dirigenti sindacali confederali a livello nazionale e locale; ma per imporre le richieste reali degli operai e delle masse già presenti in varie forme nella lotta:
i cassintegrati devono rientrare non aumentare
la fabbrica deve rimanere aperta con gli operai dentro
per essere messa realmente a norma in forme accellerate
gli stipendi devono essere pagati
i fondi e beni di padron riva requisiti
i fondi dello stato per la bonifica della città a partire dal quartiere
tamburi devono essere fortemente aumentati e operai e cittadini risarciti

Ma blocco della città e manifestazione nazionale sono risposte immediate per imporre una sterzata allo scontro non ancora per risolverlo, perchè questo domanda necessariamente, visti i problemi, una lotta prolungata che non può non passare da diverse tappe. E nel quadro di questa lotta prolungata, qualunque siano gli sviluppi dei prossimi giorni e settimane, è necessaria, come abbiamo già detto, una manifestazione nazionale a Taranto che segni una tappa di questa battaglia.
La promozione di questa manifestazione domanda che essa sia non di una sigla sindacale o semplicemente di un comitato locale ma di una rete nazionale che possa rappresentare le varie realtà e anime del movimento nelle fabbriche e nel territorio a difesa della sicurezza e salute a livello nazionale.
Vi sono state precedenti manifestazioni, in occasione della strage della Thyssen a Torino e a Taranto il 18 aprile 2009, che, se pur non davvero grandi come sarebbe stato necessario, hanno indicato la forma con cui oggi questa manifestazione si può realizzare: con il protagonismo attivo di quelle strutture di lavoratori, familiari, esperti, comitati che sono già impegnati in diverse città italiane.
Noi pensiamo che una rete di questo tipo possa e debba convocare questa manifestazione a Taranto.

La Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori ha già tenuto un'assemblea nazionale a Taranto il 7 dicembre scorso che ha permesso che punti di vista si siano confrontati e uniti, e ora sta sviluppando una campagna nazionale con questo metodo. Ma siamo ben consapevoli che tutti devono potere promuovere e partecipare a questa manifestazione. E devono poterlo fare con libertà di pensiero e di azione, senza qualunquismi e veti di chicchessia, ma mettendoci la propria faccia organizzata di uomini,sigle,bandiere,parole d'ordini e proposte e dando così il proprio contributo alla battaglia.
A questa manifestazione è necessario e indispensabile arrivare, in tempi adeguati di preparazione, ma che possa incidere qui ed ora nello scontro in atto.

OPERAI IN FABBRICA PADRONI IN GALERA!
BASTA CON LE MORTI SUL LAVORO,  DA LAVORO E DA INQUINAMENTO!
NOCIVO E' IL CAPITALE NON LA FABBRICA!
TARANTO LIBERA NELLE MANI DEGLI OPERAI E DELLE MASSE POPOLARI UNITE E IN LOTTA CONTRO PADRONI, STATO, GOVERNI, PER UNA DIFESA REALE DEL LAVORO, SALARI, SICUREZZA, SALUTE E AMBIENTE!

27 gennaio 2013

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