A
questa foto, fatta dal vignettista tarantino Pillinini in occasione
della manifestazione filoaziendale Ilva del 30 marzo, dovrebbe
aggiungersi quella dei segretari Fim e Uilm.
Già
portavoci della politica aziendale e del Presidente Bruno Ferrante,
in questi giorni, in coincidenza dei primi provvedimenti sui Parchi
minerali da parte della magistratura, hanno ripreso una campagna
allarmista verso gli operai, di fatto per chiamarli a stare dalla
parte dell’Ilva sbandierando di nuovo il ricatto di chiusura della
fabbrica.
Il
segretario della Uilm ha espresso subito la sua “preoccupazione”:
“se si fermano gli altoforni, si ferma tutto il resto. Se non ci
sono i minerali, non si può marciare”.
Questa
campagna poi è fatta anche di cose dette e non dette, di
dichiarazioni smentite il giorno dopo. Su questo la parte principale
lo fa la Fim; in questa settimana, su tutta la vicenda dei Parchi
minerali prima ha dichiarato, attraverso il suo segretario che: “…il
sistema di bagnatura dei Parchi… è stato più volte sollecitato
dalla Fim-Cisl. L’azione annunciata dall’azienda dà ragione alla
politica di tutela dell’ambiente e della salute portata avanti
dalla Fim…”; due giorni dopo dice: “… questi interventi di
miglioramento non possono rappresentare la soluzione definitiva, che
potrà avvenire solo con un sistema di copertura dei cumuli delle
materie prime presenti nell’area Parchi” Aggiungendo però subito
dopo, da buon servo: “L’impegno da parte dell’Ilva sul
contenimento delle polveri era stato assunto, insieme ad altri già
ad agosto”.
Chiamarli
ancora “sindacati” è assolutamente improprio, all’Ilva
sembrano più una sorta di “capi ultras” che alimentano le
“grida”, a prescindere anche dai fatti concreti.
La
realtà è che continua il contrasto tra le disposizioni della
magistratura e l’azione del pres. dell’Ilva Ferrante, appoggiato
in questo solermente da Fim e Uilm.
Infatti,
per la Procura i parchi che occupano 78 ettari – come se fossero 70
campi di calcio - devono essere coperti integralmente e in funzione
di questo ha imposto la sospensione del carico di materie prime,
autorizzando solo un modesto scarico per il funzionamento
dell’altoforno, poi il blocco sarà totale per ridurre i cumuli
stoccati in attesa della soluzione definitiva, le eventuali deroghe
dovranno avere l’autorizzazione dei custodi giudiziari. L’Ilva,
invece, dal 10 settembre vuole solo attuare un sistema di bagnatura
24h su 24, con incremento della turnistica, passando dai 14 ai 21
turni settimanali, bagnatura che oltre ad essere assolutamente
insufficiente e inefficace per il carico e scarico di minerale, può
peggiorare la situazione, con l’infiltrazione nel terreno
dell’acqua piena di minerali.
E
siamo appena all’antefatto della messa a norma dell’area a caldo!
Questa
si deve per forza fare. Punto e basta! Allo stato attuale è il non
farla che metterebbe a rischio i posti di lavoro. Ed è altrettanto
chiaro che farla significa che la fabbrica non può, non deve, andare
come prima! Che alcuni impianti si devono fermare, stabilendo un
cronoprogramma, in cui i tempi e gli interventi, quelli veri, devono
essere fatti subito, come subito devono essere messi dall’azienda
molti, ma molti più soldi. Questo e solo questo permetterebbe di
salvare la fabbrica.
Fim
e Uilm con la loro azione NON salvano la fabbrica, ma solo gli
interessi di Riva che chiaramente non vuole attuare le prescrizioni e
vuole solo fare interventi tampone, di facciata.
Fim
e Uilm, invece di impegnarsi perché in questo percorso di messa in
sicurezza, di ristrutturazione/rinnovamento degli impianti, l’Ilva
non metta a rischio posti di lavoro e salario degli operai
pretendendo che gli operai vengano spostati in altri reparti o
impegnati anch’essi nei lavori di messa a norma, agiscano per
creare tensioni interessate.
Anche
le altre parti del fronte pro Riva si stanno facendo sentire in
questi giorni.
Monti
in occasione della sua venuta a Bari ha incontrato Bruno Ferrante,
tranquillizzandolo, perché una soluzione si troverà, ricevendo il
ringraziamento del presidente dell’Ilva: “Monti ha avuto parole
molto sagge e di grande equilibrio”, insieme alla richiesta di
sgravi fiscali e contributivi per l’Ilva.
Clini
e Passera, invece di quantificare i soldi necessari per la bonifica,
hanno quantificato in 8 miliardi il danno “al paese” che potrebbe
derivare dalla chiusura dell’Ilva, perorando di fatto per una
soluzione parziale delle condizioni ambientali.
Il
presidente della Regione, Vendola, per mettere a riparo da
manifestazioni, come quella del 17 agosto, ha convocato in luogo
difficile anche da raggiungere il vertice del 14 settembre.
In
questa situazione, è la voce, il pensiero, l’azione autonoma degli
operai in fabbrica che tarda a farsi sentire.
Tra
chi è preoccupato ma silente, chi va dietro l’ultima notizia, chi
“denuncia e lotta” in città ma dentro l’Ilva dice solo "cancellatevi dai sindacati", senza dare proposte di organizzazione e lotta e di fatto contrastando l'azione dello Slai cobas (come
gli operai dell’Apecar), la situazione all’Ilva, per gli operai,
non va bene.
Ed è il rovesciamento di questa situazione la questione
centrale in questa importante battaglia.
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