Maurizio
Landini si ricorda un po' troppo tardi dell'Ilva di Taranto.
Nell'intervista
su Il Manifesto di ieri, 1 settembre, Landini, rivendicando la non
partecipazione della Fiom agli ultimi scioperi filoaziendali di 2 ore
di Cisl e Uil – mentre nulla dice sulla partecipazione della Fiom
al presidio delle OO.SS. del 26 marzo in cui fu consegnato al
prefetto di Taranto un comunicato che esaltava l'Ilva per i risultati
già raggiunti e investimenti già fatti sulla sicurezza e l'ambiente
– afferma che “per vincere questa battaglia è essenziale
un'autonomia forte dei lavoratori e dei sindacati”.
L'attore
comico pugliese Mudu direbbe: “Non me lo dire...!”.
Un
po' troppo tardi si rivendica questa autonomia, visto che la Fiom di
Taranto si è caratterizzata da anni, e anche negli anni della
direzione Landini, per un appiattimento sulle posizione di Fim e
Uilm, come pochi a livello nazionale. La Fiom all'Ilva ha firmato ad
occhi chiusi ogni accordo svendita degli interessi degli operai, da
quelli su aumenti di produzione e produttività (che chiaramente
portando al massimo l'uso degli impianti, ha contribuito
all'inquinamento ambientale), a quello ultimo truffa su cambio-tuta
che affossa un diritto per legge dei lavoratori; durante tutta la
battaglia Fiat, Palombella, prima segr. Uilm a Taranto e ora segr.
nazionale diceva che gli attacchi del piano Marchionne all'Ilva erano
già in atto da anni – peggioramenti su straordinari, turni,
riposi, ecc. che la segreteria Fiom aveva sempre firmato (pur se ogni
tanto ha fatto grandi “dure” parole ma niente fatti), e Landini
non può dire che non sapeva...
Landini
parla di autonomia, ma quantomeno dovrebbe come Fiom farsi una
autocritica consistente per il fatto che quando pochissimi delegati
(solo 4 in tutta la storia della Fiom dalla gestione Riva), hanno
cercato di prendere decisioni autonome dall'andazzo in Ilva su
questioni di sicurezza, sono stati scaricati dalla direzione Fiom (e
solo lo slai cobas lo ha denunciato prendendosi la denuncia
dell'allora segretario Fiom), permettendo all'azienda di minacciare
licenziamenti e poi di tenerli ma alle sue condizioni (vedi il
mobbing dell'allora delegato Fiom Battista).
Ma
su questo facciamo parlare l'altro ex delegato Fiom, Aldo Ranieri
oggi portavoce del Comitato cittadini liberi e pensanti, che quando
questo inverno era iscritto allo Slai cobas e stava riprendendo dopo
anni un ruolo di 'combattente' in fabbrica (per poi passare alla Fim
per “avere il supporto di un'organizzazione che è già presente in
fabbrica”, come scrisse allo slai cobas, e ora nel Comitato, dove
parla più da cittadino che da lavoratore), aveva mandato una lettera
di dimissioni alla Fiom, denunciando il merito e i metodi
antidemcratici della segreteria Fiom (e stiamo parlando di marzo
scorso in piena vicenda Ilva, non di tanti anni fa).
Metodi
antidemocratici che purtroppo lo stesso Landini ha praticato a
Taranto il 2 agosto quando ha negato la parola agli operai dell'Ape
car, a prescindere se condividesse o meno quanto avrebbero detto.
Landini,
infine, parla di fare a Taranto un'assemblea nazionale sulla
siderurgia. A buon rendere!
E'
una vita che gli operai dell'Ilva chiedono di riavere il contratto
dei siderurgici, per riavere una serie di diritti legati ad una
condizione lavorativa più pesante! E la stessa Fiom, come Fim e
Uilm, ha sempre risposto che non poteva essere, perchè i sindacati
confederali a livello nazionale avevano anni fa già deciso di
toglierlo. Come mai se ne ricorda solo ora Landini? Si tirano fuori
demagogicamente obiettivi, per riprendere una presenza all'Ilva,
fortemente in discesa quest'anno?
Noi
siamo d'accordo, con Landini, che non bisogna rinunciare a priori
alla battaglia all'Ilva dicendo semplicemente “chiudiamo l'Ilva”,
ma la segreteria Fiom su questa battaglia è bruciata.
L'autonomia
degli operai passa dalla ripresa nelle mani dei lavoratori, compresi
iscritti Fiom, e non solo, della costruzione del sindacato di classe.
Riportiamo
stralci della lettera del 30.3.12 alla Fiom di Ranieri:
“Cara
FIOM, io sono nato sindacalmente con te nel 2001 come R.S.U. eletto
dai lavoratori. Sono l’ultimo
dei tre moschettieri dell’ILVA di Taranto, che all’inizio della
sua storia, con la sua lucente croce sul petto e tanto, tanto
entusiasmo, voleva cambiare le cose, lo desiderava con ogni muscolo
del corpo...
Il
mio cammino sindacale si è interrotto alla fine del 2007, quando
osai ribellarmi ad un sistema costituito e consolidato...
...Mi
ha turbato oltremodo sapere dei provvedimenti ricevuti da Rizzo
Francesco e Battista Massimo, perché io so chi sono Battista e
Rizzo, cosa rappresentavano quando militavano nella FIOM. Erano gli
stessi con i quali, da componenti dell’Esecutivo, si manteneva in
piedi la FIOM di Taranto, gli stessi che vivevano e affrontavano
realmente i problemi dei lavoratori, quelli che quando le cose
andavano bene, quando ancora non avevano “osato”, sono stati
usati e manipolati a proprio uso e consumo da chi avrebbe dovuto
insegnare altri valori.
...
A quel tempo, sapevamo di essere un problema per l’azienda e per
gli altri sindacati, ma non immaginavamo che, presto, lo saremmo
diventati anche per la nostra Federazione. Si perché i tre
moschettieri avevano un seguito importante, proveniente dalla fiducia
ritrovata da parte di tanti lavoratori... tutto ciò, non è servito
purtroppo a sensibilizzare la coscienza di chi doveva alimentare
l’entusiasmo e far crescere la FIOM senza badare ad altri
interessi...
Cominciavamo
con l’esperienza a comprendere a nostre spese, che la foga da
spadaccini utilizzata dai moschettieri per ottenere qualsiasi
conquista, si definiva in una riunione dei soliti noti con l’azienda,
una riunione dove, chissà perché, si doveva rimanere soli, da
quella stanza “privata”, quasi mai ci ha restituito i risultati
auspicati...
...Non
può il sindacato che mi rappresenta, considerare una conquista la
vertenza sul cambio tuta, siglata senza consumare nemmeno un’ora
di sciopero per convincere l’azienda a ritoccare una cifra
vergognosa...
...Non
è il mio sindacato quello che non programma nemmeno un’ora di
assemblea per tornare dai lavoratori dopo aver siglato la suddetta
contesa col fine di spiegare quanto proposto dall’accordo e di
giustificare il proprio fallimento, e che invece ne consuma ben 4 di
quelle ore (il 26.3.12 – ndr)... Nella mia poca, ma intensa
esperienza sindacale, ottenere un’ora di assemblea dall’azienda
ILVA di Taranto è stata sempre un’impresa, concedimi cara FIOM,
di fare i miei complimenti a chi è riuscito ad ottenerne così
tante, ben 4 e di proprietà dei lavoratori, nei tempi giusti e con
tutti i mezzi di informazione e di trasporto a disposizione...
Non
mi rappresenta un sindacato che oggi 30/03/12, con un comunicato
sostiene che i lavoratori sono ricattati dai responsabili aziendali e
costretti alla partecipazione della manifestazione programmata (da
chi?) pare da “i lavoratori”, lo stesso sindacato che si limita
come sempre a comunicare, ma non è presente nei reparti a denunciare
chi ha abusato del suo potere, li è meglio stare alla larga, meglio
che si dica che oltre 7000 lavoratori erano in piazza a manifestare
“liberamente”, ammettendo l’ennesima sconfitta...”.
MC
MC
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