lunedì 9 luglio 2012

pc 9 luglio - G8 genova 2001 - scus'e 'u'cazz ! interventi di don gallo e di mark covell

G8, l'anatema di don Gallo
"Un processo per la morte di Carlo"

Il prete di strada, da sempre vicino ai movimenti: "Troppo comodo chiedere scusa adesso. E all'elenco mancano i veri protagonisti: Scajola, Fini, De Gennaro. E anche i vertici del sindacato che devono spiegarci perchè non erano in piazza con noi"

di RAFFAELE NIRI
«Non basta. Troppo comodo. E poi, al lungo elenco delle scuse, mancano i veri protagonisti. Manca Claudio Scajola che era il ministro degli Interni, manca Gianfranco Fini che era il vicepremier, manca De Gennaro che era il capo della polizia. E mancano i vertici di Cgil, Cisl e Uil: ancora oggi ci devono spiegare perché, a differenza della Fiom, non erano in piazza con noi».

Il sottosegretario De Gennaro ha appena chiesto scusa. Dice: “Resta nel mio animo un profondo dolore per tutti colore che a Genova hanno subito torti e violenze”.

«E cosa vuol dire? Cosa ha fatto l’allora capo della polizia De Gennaro affinché quei torti e quelle violenze non fossero inferti?».

Come si chiude, allora, la partita?


«Riaprendo il processo di piazza Alimonda. Solo così, solo trovando verità e giustizia sulla fine di Carlo Giuliani e sull’assalto premeditato ad un immenso corteo di persone pacifiche sarà possibile voltar pagine. Attenzione, ho detto voltar pagina: non chiudere il libro, perché quello resterà aperto. Sempre».

Se c’è un’autorità morale in grado di indicare “a che punto è la notte” — dopo la sentenza della Cassazione sull’assalto alla scuola (in realtà Pertini, anche se nell’immaginario collettivo è passato il nome Diaz) che ha portato alla decapitazione dei vertici della polizia — quella autorità
è don Andrea Gallo.

Contento della sentenza?
«Figuriamoci se non sono contento: sono sempre felice quando vince la verità. Da religioso e da partigiano. Dico però che la mole di prove era talmente schiacciante che non poteva esserci un esito diverso. Dico anche, con la medesima evidenza, che mancano alcuni nomi, tra i condannati. Prenda De Gennaro: se veramente i suoi collaboratori avessero fatto questo macello senza avvertirlo andrebbero condannati per insubordinazione, fucilati alle spalle. E il signor Manganelli, che oggi si scusa tanto, era il vicecapo della polizia: anche lui non c’era e se c’era dormiva?».

Poi ci sono quello che nemmeno ci pensano, a chiedere scusa.

«Il caso più clamoroso è quello del ministro degli Interni. Qualche giorno dopo, per maggiore onore e gloria di Scajola, il Secolo pubblicò il diario della di lui moglie, con tanti passaggi edificanti. “Venerdì sera mio marito arriva a casa stanchissimo — spiega lady Scajola — e sabato mattina dormiamo tanto e poi andiamo a fare shopping. Alle nove siamo già a letto, alle dieci Claudio riceve una telefonata, accende la lucina da letto, non l’ho mai visto così bianco in faccia”. Stavano assaltando la Diaz e al signor ministro lo dicono a cose fatte. Era tutto nelle mani di De Gennaro, che dall’inchiesta nemmeno viene sfiorato».

Non è l’unico.

«Il signor Gianfranco Fini ancora oggi ci deve dire cosa è andato a fare, con Bornacin, a San Giuliano, quali ordini ha impartito, perché dal momento della sua visita è cambiato l’atteggiamento delle cosiddette Forze dell’Ordine».

Fini è il presidente della Camera.


«E allora? A maggior ragione, essendo la terza carica dello Stato, dovrebbe essere cristallino e spiegare ogni suo gesto. Signor Fini, perché un corteo pacifico e autorizzato, tranquillo e gioioso, è stato assalito in via Tolemaide? E poi, all’elenco delle scuse, mancano i sindacati. Non con lo stesso livello di responsabilità, d’accordo, ma qualcuno lo vuole dire che se la Cgil avesse fatto il servizio d’ordine non ci sarebbero stati i Black bloc o comunque i danni sarebbero stati molto, molto più contenuti? I vertici del sindacato — Cgil, Cisl e Uil — ci vogliono dire perché hanno lasciato alla sola Fiom il compito di scendere in piazza con cinquecentomila persone? Ho sentito pontificare la Camusso, mi viene da sorridere: adesso tutti parlano di verità e giustizia, senza chiedersi perché allora si sono girati dall’altra parte».

Adesso ringraziamo i magistrati e voltiamo pagina?


«Certo, ringraziamo i magistrati, e soprattutto quelli della Corte d’Appello che sono stati coraggiosissimi. Ma non voltiamo pagina. Per voltarla serve chiarezza su cosa è successo intorno a piazza Alimonda. E poi, ricordiamocelo tutti e con buona pace del giudice Caselli, se i nemici dell’economia imperante al G8 erano tutti quei ragazzi che gridavano “Un altro mondo è possibile”, oggi i nemici dell’economia imperante sono i ragazzi della Val di Susa. Li caricano come allora e loro, come allora, chiedono giustizia. Attenzione a non girarci dall’altra parte, ancora una volta».
(08 luglio 2012) © Riproduzione riservata

 Il giornalista inglese non dimentica. E non perdona: " Le scuse non bastano"
di MASSIMO CALANDRI
"Godetevi questa straordinaria giornata di democrazia", si commuove al telefono Mark Covell, il giornalista inglese di Indymedia che la notte della Diaz fu massacrato a calci, le costole rotte e un polmone perforato, quattro denti perduti. L'altra notte gli hanno telefonato alcuni amici che aspettavano all'uscita del tribunale la sentenza della Cassazione.

"Avrei voluto esserci anche io, insieme a loro, ma la mia salute non me lo permette. Però sono felice: ho sempre creduto nella giustizia italiana, anche se è stata una lotta durissima".

Tutti condannati, anche i vertici della polizia. E sospesi dal servizio."Mi spiace se perderanno il lavoro, mi spiace per le loro famiglie. Ma la verità è sarebbero stati meglio in prigione".

L'Italia deve cambiare."Perché nessun politico è finito sotto inchiesta? Berlusconi e Fini avrebbero dovuto essere processati: con il loro atteggiamento hanno creato un clima che ha portato alla sistematica violazione dei diritti".

In Inghilterra si sarebbero dimessi."Da voi hanno continuato a rappresentare le istituzioni, mentre i colpevoli venivano promossi".

La polizia ha chiesto scusa."Non basta. Manganelli parla di democrazia, ma non era quello che al telefono parlava di dare una botta in testa ai magistrati che indagavano sui suoi colleghi? È difficile credere a una persona così. Ma sono convinto
che la polizia italiana stia davvero cercando una via più democratica".

Restano ancora troppi punti oscuri di quella notte."Nessuno ha mai identificato quelli che hanno cercato di uccidermi. Omertà. Tutti sanno, ma nessuno parla: ma come fanno queste persone a tenersi dentro un segreto del genere e a continuare a lavorare per la società civile?".

Perché piange?"La mia vita è stata distrutta. Porto con me le ferite di quella notte, e sarà per sempre. Non sapevo se indebitarmi per farmi impiantare nuovi denti o curarmi la depressione".

E alla fine?"Ho scelto di chiedere un prestito per fare una ricostruzione video di quanto accadde quella notte. Un'indagine per conto mio. Ho comprato un computer e software sofisticati. Ho messo assieme un documentario di due ore, dove attraverso i punti di vista di sei telecamere si riesce a capire meglio quanto gli ufficiali di polizia fossero stati vicini a me mentre venivo picchiato a più riprese dai loro agenti. Non potevano non sapere. Ma anche oggi, dopo questa sentenza, continuano a tenere la bocca chiusa".

Non si arrende."Non mi arrendo. Anche perché da ieri so che alla fine si può ottenere giustizia, nonostante tutto".

Perché ci sono altri segreti, in quella notte maledetta."I funzionari usarono dieci telefonini 'schermati', di cui non si è più saputo nulla: ma qual è la verità, allora?".

In questa storia c'è qualcuno che si sente di ringraziare?"Un magistrato, il pm Enrico Zucca. Che mi ha sempre ascoltato, che ha voluto discutere con me. Che ha cercato la verità dal primo giorno, senza pregiudizi. Non si è mai arreso, eppure era messo sotto pressione da tutti quelli che gli stavano intorno. È grazie a lui se si è riusciti a fare giustizia, se oggi Manganelli parla di "democrazia": paradossale, vero?".

Genova l'ha adottata sin dal primo giorno. E lo scorso anno l'allora sindaco Marta Vincenzi le ha concesso la cittadinanza onoraria.
"I miei ringraziamenti non si fermano a Zucca. Ci sono l'avvocato Massimo Pastore, e altri legali che insieme a lui hanno lavorato con coraggio. E poi c'è la città di Genova: che mi ha sempre creduto, fin dal primo giorno. Che mi ha fatto sentire a casa. Che mi ha permesso di capire che c'è un'altra Italia, su cui contare ".

Tra una settimana la Cassazione deciderà dei 25 presunti Black Bloc accusati di aver "devastato" e "saccheggiato" la città durante il vertice del 2001."In primo grado e in appello ci sono stati ragazzi condannati a quindici anni di galera per aver mandato in frantumi una vetrina. Io credo che quelle siano state sentenze molto politiche. Ed ho paura  -  da giornalista  -  che in qualche modo si possa cercare di bilanciare la decisione dell'altra sera, mostrando una severità che solo a pensarci mi vengono i brividi. Per questo, oggi mi godo anche io un giorno di straordinaria democrazia. E da domani torno a lottare per la verità ".
(07 luglio 2012) © R

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