Un
paio di anni fa fu il turno della lapide bruciata. Ora che non ci sei
più si andava sul tuo diario a leggere le cose che scrivevi, percepire
come un pugno nello stomaco che risveglia che l’ideale può sopravvivere a
tutto, alla tua morte, alla morte di chi ami, alla morte sotto i tuoi
stessi occhi di tuo figlio, ammazzato dai fascisti. E quel pugno arriva
sempre come la verità che ti è stata negata, ci è stata finora negata e
sottratta. Non è illecito chiedere chi abbia ammazzato un uomo, un
compagno forse ad oggi sì lo è. Vicino a te tante persone, e ti fidavi
di tutti quelli che, come te, lottavano per aprire quell’armadio della
vergogna. Valerio era stato ammazzato nel soggiorno di casa vostra,
Valerio cercava anche lui una verità grande e forte del suo desiderio di
cambiare le cose, denunciando quei fascisti romani che probabilmente
erano in rapporto osmotico con una classe politica e dirigente di
allora. Le sue fotografie, il suo dossier erano un’arma, un’arma che
qualcuno gli puntò mentre cercava di fuggire alla mira di assassini vili
e spietati, solo come i camerati sanno essere. Dapprima scomparve il
dossier, ridotto a un quaderno di poche pagine, poi le prove che col
tempo sarebbero servite a fornire il dna dei colpevoli. Colpevoli mai
trovati, impresa vana a cui tu non ti sei mai arresa. E il blog era la
tua arma che spesso era servita per offendere e scuotere quei poteri che
non ti ascoltavano, fiancheggiatori infami di quegli assassini del 22
Febbraio. “Aiuto mamma” furono le ultime parole di Valerio. Aiuto Carla
potremmo dire noi adesso, perché con te dell’antifascismo è andata via
una pietra angolare, un esempio e una certezza su cui sognarne quegli
altri cento che sarebbero dovuti rinascere, come ci promettevamo.
Antifascista era il tuo sguardo, una tua carezza, anche una tua parola
che richiamava all’ordine. Antifascista nella generosità ad accoglierci
nella tua cucina era il tuo abbraccio verso noi compagni. Eppure sembra
passato un secolo da che non ci sei. Un paio di anni fa bruciarono la
lapide, dicevo, chiaro segno che Valerio è un eroe che ancora disturba
quelle coscienze luride delle destre. E ora è il turno del blog. Ci
sentiamo tutti un pochino più poveri oggi, un pochino più soli
certamente. E quelle erano pagine scritte con le lacrime e la forza
della memoria, senza tregua. C’erano le tue foto, le tue parole a volte
aspre, piene di rabbia e anche capaci di diventare in un istante dolci e
capaci di consolare chi ci passava che non arrivava comprendere quanto
fosse invece lacero e insanabilmente spezzato il tuo, fino a che punto
potesse essere quel cuore di madre. Pulsava alla prima testimonianza di
qualcosa che potesse ricondurre a nuove fasi d’indagine. Ogni parola
digitata su quella tastiera era colma di quella forza, di quella
costante e infaticabile guerra all’omertà e all’ingiustizia. La tua
lotta era diventata la nostra lotta e solenne nel silenzio di quelle
sigarette fumate seduti con gli occhi negli occhi era che ci si sarebbe
presi il carico, e che la missione che ci avrebbe condotti alla verità
la tenevamo stretta in pugno. Quel pugno che indirizzavi al cielo, come
quando dicevi Hasta siempre. Mi mancheranno le tue parole dette ma anche
e soprattutto adesso quelle scritte. E non mi rassegno all’idea che il
tuo blog sia scomparso nel nulla come Valerio come raccontavi sempre tu
di quel sogno che veniva risucchiato dalla fontanella. Ma la verità non è
un gorgo che non porta da nessuna parte, la verità è folgorante molto,
molto più di qualsiasi fine che il destino ci abbia imposto. Tu lo
sapevi. Tutti noi ci auguriamo che sia stato un incidente, che nessun
maiale abile nel sabotare un sito abbia potuto fare qualcosa di
irreversibile e che fra un paio di giorni si possa rileggere la tua
testimonianza, la tua tenacia impareggiabile, il tuo concreto
antifascismo come uno squarcio, un dito puntato dritto in faccia
all’assassino, affatto caricato a salve, un atto d’accusa che questo
Paese non può permettersi di continuare a ignorare. Valerio è vivo e
lotta insieme a noi!
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