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Negli ultimi venti anni ci eravamo spesso sentiti ripetere – non solo dai media borghesi, ma soprattutto dagli intellettuali di “sinistra” – che “gli operai non esistono più”, che “le classi sociali sono scomparse”, che persino “il lavoro è finito, spalmato ormai su tutto l’arco dell’esistenza”, e che quindi ogni ipotesi di lotta di classe era “anacronistica”, perché nella “complessità” della società “postfordista” non aveva senso la contrapposizione frontale, ma bisognava piuttosto creare “movimenti di opinione”, capaci di coinvolgere i differenti “gruppi sociali” o “soggettività” in battaglie trasversali per i “diritti”…
Queste affermazioni teoriche, che dietro l’apparente novità e gli entusiasmi del linguaggio celavano la capitolazione all’ideologia dominante, andavano di pari passo con la rimozione della memoria storica delle lotte dei decenni precedenti e con la distruzione di ogni ipotesi organizzativa, sia politica che sociale, dei lavoratori.La crisi iniziata nel 2007 e l’incapacità di risposta da parte dei movimenti hanno dimostrato quanti errori, teorici e pratici, c’erano in queste posizioni. La crisi ha infatti sfrondato molti orpelli retorici, cancellato molte apparenze, e ricondotto l’attenzione generale alle strutture produttive della società. Si è ricominciato a parlare di capitalismo e a leggere Marx. I lavoratori, e persino gli “invisibili” operai, sono tornati sulla scena. Appena il gioco si è fatto duro, gli agenti del capitale, come Marchionne con il suo “piano” o la Fornero con la sua “riforma”, hanno subito puntato ai luoghi dove si produce valore, cercando di intensificare lo sfruttamento, di allungare i tempi di lavoro, di rendere più ricattabili i lavoratori. Non c’è da stupirsi quindi se sono sempre di più i commentatori – soprattutto borghesi! – che riconoscono la distinzione della società in classi e persino la consistente realtà della lotta di classe. Anche se in questo momento questa lotta è condotta dalla sola borghesia contro un proletariato frammentato e inconsapevole...
Come studenti, lavoratori più o meno precari, militanti comunisti, abbiamo più volte sentito l’esigenza di impadronirci di una teoria che ci permetta di capire come funziona il mondo capitalista. Perché senza una teoria rivoluzionaria ci si può agitare molto, stancare troppo, e non arrivare a nulla... Con questo seminario cercheremo quindi di rispondere ad alcune domande che ogni giorno le difficoltà della vita e della pratica politica ci mettono davanti: chi è il nostro soggetto di riferimento? Come sono cambiate, nel nostro paese e nel mondo, le classi sociali? Si può ancora parlare di “centralità operaia”? Cosa rappresentano gli immigrati o i giovani precari che oggi formano una quota significativa della forza lavoro? Come possiamo suscitare una coscienza di classe? Come connettere la fabbrica e i luoghi di produzione con il resto della società, per fare egemonia? E come possiamo organizzarci collettivamente?
Per cercare di rispondere a queste domande, abbiamo pensato di dividere la nostra discussione in tre momenti:
1. Una parte più teorica, in cui cerchiamo di capire qual è la definizione che Marx ha dato di operaio, di lavoratore e di proletariato, cercando di andare oltre alcuni luoghi comuni e letture superficiali. Per provare a capire come la forma dello sfruttamento, il capitale come rapporto sociale, resti immutato anche se cambiano le figure storico-sociali del lavoro. Approfondendo insomma le categorie marxiane cercheremo di capire in quali luoghi e con quali metodi si estrae ancora oggi quel plusvalore che sta alla base del profitto – unico motore e fine del capitalismo.
2. Proveremo quindi a riscontrare questi concetti nell’Italia del 2012, cercando di capire quale sia la specifica posizione produttiva e quindi la composizione di classe, all’interno di un contesto mondiale che vede incrementare la produzione di fabbrica e aumentare numericamente gli operai. Si tratterà quindi di capire quanti sono, dove sono e cosa fanno oggi i lavoratori, e da chi è formato il proletariato, cercando di dare una lettura di classe anche di fenomeni importantissimi come l’immigrazione o il “precariato”.
3. Sulla base di questo percorso allo stesso tempo concettuale e materiale, analitico e descrittivo, cercheremo di interrogarci su un problema fondamentale, tutto pratico: com’è cambiata la coscienza di classe dei lavoratori, e perché? Come possiamo, nel contesto contemporaneo, in cui sono stati distrutti o quantomeno destrutturati i grandi aggregatori collettivi, suscitare di nuovo una coscienza di classe? Come riconnettere un proletariato che è frammentato, non solo materialmente, nei posti di lavoro, nelle forme contrattuali etc, ma anche ideologicamente e soggettivamente, nelle appartenenze e nelle esperienze di vita?
Chiaramente non pensiamo di poter rispondere a tutte le questioni sollevate, ma proveremo, almeno un poco, a impossessarci di un metodo, per non “fotografare” la realtà così com’è, ma individuare quelle tendenze che animano la società capitalista, per arrivare a scuoterla dal profondo.
Promuove: Collettivo Autorganizzato Universitario – Napoli
caunapoli.org
Negli ultimi venti anni ci eravamo spesso sentiti ripetere – non solo dai media borghesi, ma soprattutto dagli intellettuali di “sinistra” – che “gli operai non esistono più”, che “le classi sociali sono scomparse”, che persino “il lavoro è finito, spalmato ormai su tutto l’arco dell’esistenza”, e che quindi ogni ipotesi di lotta di classe era “anacronistica”, perché nella “complessità” della società “postfordista” non aveva senso la contrapposizione frontale, ma bisognava piuttosto creare “movimenti di opinione”, capaci di coinvolgere i differenti “gruppi sociali” o “soggettività” in battaglie trasversali per i “diritti”…
Queste affermazioni teoriche, che dietro l’apparente novità e gli entusiasmi del linguaggio celavano la capitolazione all’ideologia dominante, andavano di pari passo con la rimozione della memoria storica delle lotte dei decenni precedenti e con la distruzione di ogni ipotesi organizzativa, sia politica che sociale, dei lavoratori.La crisi iniziata nel 2007 e l’incapacità di risposta da parte dei movimenti hanno dimostrato quanti errori, teorici e pratici, c’erano in queste posizioni. La crisi ha infatti sfrondato molti orpelli retorici, cancellato molte apparenze, e ricondotto l’attenzione generale alle strutture produttive della società. Si è ricominciato a parlare di capitalismo e a leggere Marx. I lavoratori, e persino gli “invisibili” operai, sono tornati sulla scena. Appena il gioco si è fatto duro, gli agenti del capitale, come Marchionne con il suo “piano” o la Fornero con la sua “riforma”, hanno subito puntato ai luoghi dove si produce valore, cercando di intensificare lo sfruttamento, di allungare i tempi di lavoro, di rendere più ricattabili i lavoratori. Non c’è da stupirsi quindi se sono sempre di più i commentatori – soprattutto borghesi! – che riconoscono la distinzione della società in classi e persino la consistente realtà della lotta di classe. Anche se in questo momento questa lotta è condotta dalla sola borghesia contro un proletariato frammentato e inconsapevole...
Come studenti, lavoratori più o meno precari, militanti comunisti, abbiamo più volte sentito l’esigenza di impadronirci di una teoria che ci permetta di capire come funziona il mondo capitalista. Perché senza una teoria rivoluzionaria ci si può agitare molto, stancare troppo, e non arrivare a nulla... Con questo seminario cercheremo quindi di rispondere ad alcune domande che ogni giorno le difficoltà della vita e della pratica politica ci mettono davanti: chi è il nostro soggetto di riferimento? Come sono cambiate, nel nostro paese e nel mondo, le classi sociali? Si può ancora parlare di “centralità operaia”? Cosa rappresentano gli immigrati o i giovani precari che oggi formano una quota significativa della forza lavoro? Come possiamo suscitare una coscienza di classe? Come connettere la fabbrica e i luoghi di produzione con il resto della società, per fare egemonia? E come possiamo organizzarci collettivamente?
Per cercare di rispondere a queste domande, abbiamo pensato di dividere la nostra discussione in tre momenti:
1. Una parte più teorica, in cui cerchiamo di capire qual è la definizione che Marx ha dato di operaio, di lavoratore e di proletariato, cercando di andare oltre alcuni luoghi comuni e letture superficiali. Per provare a capire come la forma dello sfruttamento, il capitale come rapporto sociale, resti immutato anche se cambiano le figure storico-sociali del lavoro. Approfondendo insomma le categorie marxiane cercheremo di capire in quali luoghi e con quali metodi si estrae ancora oggi quel plusvalore che sta alla base del profitto – unico motore e fine del capitalismo.
2. Proveremo quindi a riscontrare questi concetti nell’Italia del 2012, cercando di capire quale sia la specifica posizione produttiva e quindi la composizione di classe, all’interno di un contesto mondiale che vede incrementare la produzione di fabbrica e aumentare numericamente gli operai. Si tratterà quindi di capire quanti sono, dove sono e cosa fanno oggi i lavoratori, e da chi è formato il proletariato, cercando di dare una lettura di classe anche di fenomeni importantissimi come l’immigrazione o il “precariato”.
3. Sulla base di questo percorso allo stesso tempo concettuale e materiale, analitico e descrittivo, cercheremo di interrogarci su un problema fondamentale, tutto pratico: com’è cambiata la coscienza di classe dei lavoratori, e perché? Come possiamo, nel contesto contemporaneo, in cui sono stati distrutti o quantomeno destrutturati i grandi aggregatori collettivi, suscitare di nuovo una coscienza di classe? Come riconnettere un proletariato che è frammentato, non solo materialmente, nei posti di lavoro, nelle forme contrattuali etc, ma anche ideologicamente e soggettivamente, nelle appartenenze e nelle esperienze di vita?
Chiaramente non pensiamo di poter rispondere a tutte le questioni sollevate, ma proveremo, almeno un poco, a impossessarci di un metodo, per non “fotografare” la realtà così com’è, ma individuare quelle tendenze che animano la società capitalista, per arrivare a scuoterla dal profondo.
Promuove: Collettivo Autorganizzato Universitario – Napoli
caunapoli.org
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