mercoledì 23 novembre 2011

pc 23 novembre - GENOVA: VIAGGIO NEI LUOGHI DELL'ALLUVIONE (PARTE PRIMA)

Quella che segue è la prima parte di un réportage dalle zone alluvionate di Genova: in questo primo momento mi occupo della zona di Genova dei quartieri di Marassi e Quezzi, con particolare riferimento alla parte più colpita, dal punto di vista umano - ci sono state sei vittime - la zona di via Fereggiano e dell'omonimo rio.
Nei prossimi giorni aggiornerò questo diario dalle zone di piazzale Adriatico e San Fruttuoso: senza dimenticare che, ad un anno da un evento simile, il quartiere ponentino di Sestri Ponente ha ancora gravi problemi, che nessuno si è ancora degnato di cercare di risolvere; la speranza è che, in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale, qualcosa si muova.

Sono passati quindici giorni dall’alluvione che, venerdì quattro novembre scorso, ha investito Genova - in particolare i quartieri di Quezzi, Marassi e San Fruttuoso - in val Bisagno: ritengo giusto tornare sui luoghi interessati dalla catastrofe per capire come stanno procedendo le cose, se la popolazione sta tornando o meno alla normalità.
Inizio il mio giro da quella piazza Galileo Ferraris che, sommersa da due metri di acqua, si è trovata ad essere il ricettacolo di tutte le automobili che scendevano da via Fereggiano a causa della violenza delle acque del rio omonimo.
Appena entrato sulla piazza, sulla sinistra trovo - sotto la sede stradale - il circolo Fitel “Floris”, un tempo sede dei Socialisti democratici italiani di zona; è aperto: un paio di tavoli di carte sono attivi, ma per il resto è una vera tragedia, non c’è rimasto più nulla, e quel poco che viene servito si trova in bicchieri di plastica.
Faccio pochi metri, lasciando la scuola sulla mia sinistra, e mi inoltro in un vicolo dove trovo la sede di quartiere dell’Anpi, dedicata al partigiano Giuseppe Arzani: qui, il presidente - il compagno Luciano Bezerédy - mi spiega che, ‘grazie’ al tappo formato dalle automobili che, scendendo da via Fereggiano, si accatastavano sulla piazza, la sezione non ha subito danni.
Sinceramente rincuorato, proseguo il mio giro e mi inoltro sulla parte bassa di via Fereggiano: qui sono veramente moltissime le attività produttive che sono andate sott’acqua, e molte di queste sono tutt’ora chiuse al pubblico.
La desolazione la fa da padrone: l’odore del fango, che pervade tutta la zona, non mi abbandona neppure all’interno di un bar nel quale mi rifugio per qualche minuto, in modo da riordinare le idee e prendere nota dei moltissimi drappi di ringraziamento per gli “angeli del fango” - i ragazzi, soprattutto dei centri sociali, accorsi nell’immediatezza degli eventi per rendersi utili nel far tornare le cose ad un grado minimo di ‘normalità’ - appesi un po’ ovunque.
Parlando con i titolari, scoprirò poi che - pur tra enormi difficoltà - l’esercizio in questione è stato riaperto nell’immediatezza degli eventi, finendo per costituire un vero e proprio centro di aggregazione per la popolazione del quartiere in difficoltà, nonché di raccolta e rifocillamento dei volontari.
Proseguo verso Quezzi alta, e supero la zona che si trova nelle peggiori condizioni: al posto del parapetto di via Fereggiano c’è un muretto di plastica, che separa la carreggiata dal letto del fiume, proprio nel punto dell’esondazione; fa impressione vedere un centinaio di metri di strada in quelle condizioni: si può immaginare il terrore di chi si è visto il rio piombargli addosso e travolgerlo senza pietà.
Salgo su un autobus della linea 82 e, dopo una breve sosta al capolinea all’apice del quartiere, nel ritornare indietro mi fermo in località Pedegoli, in quello che un tempo era un bar da me frequentato con assiduità: in quel tratto il rio Fereggiano ha creato pochi problemi, risparmiando molte attività produttive; chissà, forse l’abbattimento del bar che fungeva da Genoa Club Pedegoli - che era proprio sul greto del torrente - ha evitato tragedie colossali.

Genova, 22 novembre 2011

Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova

http://pennatagliente.wordpress.com

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