Si tratta di un opuscolo che nasce dalla riflessione comune, alla luce di un'analisi materialistico dialettica, delle compagne, lavoratrici, donne disoccupate che sulla base anche delle esperienze concrete e di lotta nelle diverse realtà hanno poi ragionato insieme in alcuni momenti di incontri collettivi nazionali.
Nelle iniziative cittadine che faremo nelle città in cui siamo presenti il 25 novembre prossimo (volantinaggi itineranti con affissioni di locandine, pannelli e calate di striscioni) sarà tra i materiali che distribuiremo.
Chi fosse interessato a riceverne copia può richiederla a mfpr@libero.it.
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"Le uccisioni delle donne, oggi"
Serve inquadrare il clima politico, ideologico, sociale in cui e per cui avvengono oggi le uccisioni delle donne, a dimostrazione del fatto che non si tratta affatto di casi isolati, da vedere in sé per sé, ma si tratta di una tendenza che andrà purtroppo accentuandosi e che può trovare come risposta soltanto una mobilitazione diretta delle donne.
Il fatto che le uccisioni delle donne stiano assumendo dimensioni allarmanti, una “guerra di bassa intensità” contro le donne, fa sì che la stessa giurisprudenza inizi a parlare di femminicidio.
Noi abbiamo usato il titolo di un libro per parlare del nuovo livello del rapporto uomo/donna. Gli “Uomini che odiano le donne” esprime - sia pur nei limiti di un titolo di romanzo - questi rapporti nella fase del moderno fascismo.
Il moderno fascismo è l’edificazione a sistema di tutto ciò che è reazionario, maschilista.
In questo senso le uccisioni non si potranno fermare, né ci sono interventi di legge, di controllo che possano frenarli. Il moderno fascismo le alimenta a livello di massa: le uccisioni hanno la caratteristica di essere ripetitive, emulative – più se ne parla, più vengono prese ad esempio. La stampa, la televisione berlusconiana sono in questo uno strumento fondamentale: amplificano o minimizzano o nascondono, su alcune vicende costruiscono dei talk show osceni, su altre fanno calare il silenzio; in questo modo indirizzano e/o deviano l’attenzione, impongono idee, giudizi, con criteri di scelta/selezione spesso razzisti, di classe o che comunque rispondono all’utilizzo di tali uccisioni e violenze per rafforzare la politica, l’ideologia, i “valori” dominanti e nasconderne la cause sociali, lì dove invece i motivi di questa recrudescenza di uccisioni delle donne vanno visti sempre come espressione della condizione generale delle donne e della realtà sociale. Spesso si tende a motivare il femminicidio come vicenda privata, frutto della gelosia, o di un raptus di follia. Ma anche esaminando specifici episodi, vediamo che le singole persone che uccidono trovano l’humus adatto, favorevole, che in un certo senso li fa sentire legittimate, niente affatto in colpa, anzi, quasi autorizzate. Questo humus è il moderno fascismo e questo rende differente oggi la questione della violenza sulle donne ed in particolare le uccisioni.
Certo le uccisioni, le violenze ci sono state anche negli anni passati, il problema è perché oggi. Noi dobbiamo denunciare e lottare contro le caratteristiche attuali delle uccisioni, delle violenze sessuali, interne a: clima politico – humus sessista-razzista - reazione alle donne che si vogliono ribellare, che vogliono rompere legami oppressivi - ruolo della famiglia. Oggi dobbiamo affrontare questa guerra, che ha questi terreni di combattimento…
…L’altra questione che rende “nuovo” il femminicidio è il ruolo oggi della famiglia. La famiglia è stata sempre terreno di oppressione per la donna, di tomba dell’amore, di ghetto. Noi diciamo “in morte della famiglia” perché la maggior parte delle uccisioni avvengono nell’ambito familiare o di rapporti familiari. Che cos’è la famiglia? Perché la famiglia è morte? In termini sociali è la cellula della società, che esprime in sintesi processi, contraddizioni che avvengono poi nell’intera società. Il problema è che ora la famiglia, da un lato effettivamente è in crisi, non riesce più a conservare, ad essere un elemento di conservazione, nello stesso tempo viene iper-esaltata dalla Chiesa, dal governo, dallo Stato. Anche questo aspetto rende in un certo senso diversa, moderna la questione delle uccisioni delle donne…
…Affrontare la questione della violenza con le misure repressive, togliendo quegli elementi di socialità, di apertura e solidarietà che ci aiutano a combatterla, puntando invece alla chiusura, alla fascistizzazione della società, alla desertificazione delle città, favorisce la violenza. Nelle città hanno creato un deserto e alle 9 di sera non c’è più gente per strada, e poi si meravigliano che una donna che giri da sola in questa condizione è a rischio? Ma chi ha creato questa condizione?
Queste misure creano un clima oscurantista, sempre ideale per la coltivazione di idee e pratiche fasciste, maschiliste, di sopraffazione e quindi hanno un effetto opposto, di incoraggiamento delle violenze sessuali a tutti i livelli; creano città sotto controllo, invivibili, in cui sono bandite le normali libertà, la socialità tra i giovani, tra le persone, l’uso normale delle città. E quando questo accade, sempre le città si desertificano dalla gente e diventano terreno pericoloso soprattutto per le donne, perché impediscono, addirittura criminalizzandolo, il senso collettivo, sociale della città e dei problemi, spingendo a una concezione individualista, antisociale, compagna di strada della sopraffazione, di un’ideologia comunque reazionaria, razzista e fascista, che nei confronti delle donne si esprime sempre come maschilismo e violenza.
La maggior parte degli assassini avvengono al nord.
…L’EURES ha analizzato che la maggior parte degli assassinii di donne da parte degli uomini e dei mariti avviene al nord, soprattutto in Lombardia: ben 59,3% rispetto invece al 21-22% del centro e al 19% del sud. Si tratta di dati importanti, in un certo senso inaspettati, dato che è il sud la realtà che viene vista come più arretrata e legata ai valori patriarcali. Infatti la denuncia più diffusa, anche nell’ambito femminista, è quella che vede nel patriarcalismo la causa principale degli omicidi di donne.
Se ciò fosse vero il risultato dell’analisi doveva essere almeno rovesciato, perché concezioni e costumi patriarcali sicuramente sono più presenti nel sud rispetto al nord. Allora forse non è questa la causa principale dei femminicidi!
Certo, il fatto che nel sud il numero di violenze e uccisioni sia minore che al nord, è il frutto anche di una maggiore oppressione, del fatto che più donne subiscono ancora in silenzio, che si ribellano meno all’oppressione (ma non nelle grandi città del sud), che non si separano per problemi di mancanza di lavoro, perchè non ce la farebbero a vivere da sole, soprattutto con i figli; mentre al nord le donne si separano più facilmente, rompono i legami familiari (ma anche al sud oggi lo fanno sempre più donne, soprattutto lavoratrici);
Certo, al sud fondamentalmente le relazioni sociali con le famiglie, la parentela funzionano di più, nel male e nel bene, la famiglia è più allargata e c’è una sorta di controllo generalizzato. Al nord c'è un maggiore autonomia dalla famiglia d’origine, e le separazioni soprattutto per gli uomini stravolgono la possibilità di sopravvivenza; c’è un intreccio molto stretto rispetto alle difficoltà materiali delle persone, la difficoltà di vivere con un solo stipendio di fronte al maggiore costo della vita al nord. Molti uomini non riescono da soli a cavarsela, non hanno la capacità di crearsi un’altra vita, vogliono dettar legge, e quando il giocattolo “famiglia” si rompe, non lo accettano.
Ma, quindi, perché al Nord le donne vengono uccise di più? Perchè per capire le moderne uccisioni dobbiamo guardare soprattutto al nord? Perchè è proprio nelle realtà più “avanzate” che si capisce il “nuovo”, qui vi è il nuovo “delitto d’onore” che oggi possiamo chiamare “delitto di proprietà”. Perchè c’è una certa maggiore sintonia tra condizioni di vita da un lato e concezioni fasciste, maschiliste, reazionarie, clima generale, dall’altro… frutto e in sintonia con l’ideologia leghista, moderno clerico-fascista, razzista oggi sempre più presente e agente soprattutto in realtà del nord ma anche portata avanti organicamente dagli esponenti principali del governo, della chiesa, dei loro mass media, e diffusa in settori delle masse, in particolare della piccola borghesia o strato superiore dei lavoratori, ma non solo.
E’ la concezione contro l’altro, che poi è la concezione contro l’immigrato, del securitarismo. A volte anche frutto della condizione oggi di maggiore insicurezza economica, di vita ecc., alla quale, come diceva una donna, al sud siamo più “abituati”; c’è quindi anche un elemento “di difesa”, ma che emerge in termini razzisti, di chiusura, contro il diverso ecc. Allora le donne che si ribellano sono qualcosa che vengono a rompere un “equilibrio” che poggia sull’oppressione delle donne: proprietà privata per l’uomo, ammortizzatori sociali per la società capitalista.
Ma anche le uccisioni al sud vanno analizzate all’interno della situazione attuale.
L’uccisione di Sarah Scazzi a fine agosto 2010 in provincia di Taranto è emblematica.
Essa affonda nella realtà e concezione della famiglia, chiusa, oppressiva, patriarcale, da difendere verso l’esterno anche quando è barbarie e morte. Una famiglia che è una catena, in cui se cade uno cadono tutti e per questo bisogna restare uniti a reggerla, a difenderne l’”onorabilità”.
Una famiglia che soprattutto per le donne, ma anche per i giovani, è un moderno inaccettabile medioevo, che tiene prigioniere, devia energie che invece devono liberarsi. Ma questo è possibile solo se le donne, i giovani si ribellano e lottano contro i veri responsabili di questo moderno medioevo, Stato, governo, chiesa, padroni.
E’ frutto della vita di tantissime ragazze al sud, fatta a volte di vuoto, di soppressione ma anche spesso di deviazione dei desideri di un mondo diverso, libero, ricco, per imporre falsi, deviati bisogni individuali, invece di trovare le ragioni comuni di ribellione e di lotta.
Anche se nel caso concreto è possibile che l’assassinio di Sarah sia stato fatto anche dalla cugina, quindi da un’altra donna, questo non cambia il discorso di fondo e mostra in maniera più cruda la condizione delle ragazze fatta comunque di oppressione sia di vita, ma anche ideologica…
Ma oggi è soprattutto la spinta delle ragazze, delle donne, soprattutto lavoratrici, che entra oggettivamente, benchè spesso non ancora soggettivamente, in contrasto con il patriarcalismo e provoca rotture. Qui il contrasto uomo/donna appare in maniera più evidente simile alla contraddizione tra rapporti di produzione e sviluppo delle forze produttive: le forze produttive (la necessità delle donne di “emanciparsi”) sviluppandosi sempre più entrano in contrasto aperto, antagonista con i rapporti di produzione esistenti (patriarcali/capitalistici). Ma fino a che non rompono tali rapporti, sono le forze produttive che ne vengono distrutte o deviate. soffocate.
Questa realtà e soprattutto questa necessità di rottura/rivoluzione vale anche e a maggior ragione per le donne/ragazze immigrate uccise all’interno delle loro famiglie, e che si devono scontrare con una triplice oppressione: patriarcal/feudale di origine, di genere: uomo/donna, di classe: del paese imperialista.
Importante è il legame tra tutto questo e la politica, l’humus generale legittimato.
…Con Berlusconi, la prostituzione a fini di carriera-spettacolo politico-elettorali viene praticata e legittimata; la pornografia dello spettacolo, una sorta di rinnovato e moderno ius primae noctis per il piacere dell’imperatore, vogliono dire cultura e pratica dello stupro, della pedofilia che vengono rese “normali”… La concezione di Berlusconi e della sua corte, anche femminile, sulle donne, la considerazione del loro ruolo nella società, sono di fatto una cartina di tornasole, la punta di iceberg dell’ideologia e del grado di inciviltà di una casta che, non potendo più nascondere e mentire, ormai rivendica pubblicamente come legittima espressione di un sentire di massa quel modo di vivere e di concezione, dichiarando apertamente che la concezione del loro sistema è quella che noi chiamiamo sinteticamente moderno medioevo, quella per cui “dio, patria, famiglia” vale per gli altri, deve essere imposta anche con la legge agli altri, ma non vale per sé…
La violenza sulle donne non fa che proseguire la discriminazione, l’ingiustizia, il doppio sfruttamento e oppressione di cui siamo vittime nella società capitalista.
Il padronato, il governo agiscono per ricacciare a casa le donne. Tante nel nostro paese in questi mesi sono state colpite sul piano dell’occupazione, lavoratrici licenziate, operaie messe in cassa integrazione, precarie sempre più precarizzate, disoccupate in lotta per il lavoro caricate dalla polizia e multate, donne super sfruttate fin quasi a condizioni di moderno schiavismo. Lo Stato direttamente con l’attacco alla scuola sta portando avanti il più grande licenziamento di massa in un settore a stragrande maggioranza femminile.
Nello stesso tempo, con un discorso tanto ipocrita “sulla parità” quanto di primo passo di un attacco generalizzato, viene innalzata l’età pensionabile delle lavoratrici. Tutto ciò non ha fatto altro che peggiorare le già pesanti e discriminanti condizioni di lavoro e di salario delle donne, e l’Italia si posiziona tra gli ultimi paesi per tasso di occupazione delle donne. Vengono scaricate sulle donne i tagli e i peggioramenti ai servizi sociali, la gestione della crisi nella famiglia. E sono proprio le donne e i bambini a pagare i tagli alla sanità e la logica puramente produttivista e utilitarista che vi regna, con il ritorno delle morti per parto.
Mentre riprende il bombardamento ideologico e attacco pratico da parte di governo e Vaticano contro la libertà di scelta delle donne… Questa politica fatta da Stato, padroni, Governo, Chiesa contro le donne, per le donne ha come inevitabile conseguenza l’aumento dell’oppressione, del maschilismo fascista, della violenza sessuale contro le donne.
Torniamo sulla questione della famiglia.
Noi diciamo “In morte della Famiglia” per dire in modo provocatorio che la famiglia è un anello chiave della marcia verso il moderno fascismo del governo e dello Stato. Il moderno fascismo non potrebbe realizzarsi senza fare della famiglia una sua base principale, sia in senso di subordinazione, di essere piegata, funzionale alle scelte del governo e dello Stato, sia in senso di sostenitrice attiva, combattente in termini ideologici di simbolo e propaganda di valori di quelle scelte politiche.
La famiglia, soprattutto proletaria, è il luogo centrale in cui si gestisce un�economia sociale sempre più povera, si amministrano i salari sempre più ridotti o inesistenti, si gestiscono gli aumenti del costo della vita. La famiglia proletaria garantisce nella fase di attacco, di crisi, di attutire l’impatto devastante di queste politiche…
Ma la famiglia, in particolare la famiglia medio, e a volte anche piccolo borghese, ma influenzante anche settori di famiglie proletarie, svolge nella marcia verso il moderno fascismo, anche una funzione attiva, sostenitrice di valori reazionari, come la difesa della sicurezza, i figli alla patria, il controllo sui giovani ecc. Non c’è scampo per le donne, le catene della famiglia diventano sempre più strette anche se a volte vengono indorate. Per le proletarie, per le donne delle masse popolari questa famiglia è sempre più un ritorno ad un moderno medioevo, con fenomeni di abbrutimento, di violenza, di apparente ritorno al passato, soprattutto nei rapporti uomo–donna, che trovano la loro manifestazione più eclatante appunto nei femminicidi.
La 'famiglia' per la chiesa che pesa in modo sempre più opprimente e sfacciato nella vita sociale e politica e sociale, per il governo, per lo Stato è diventata invece la “sacra famiglia”. Volutamente sempre più astratta, più neutra, non reale. Ma la famiglia è una realtà concreta… Non c'è poi la “famiglia”, ci sono “le famiglie”, le famiglie dei borghesi, dei capitalisti, dei ricchi, in cui come diceva Marx il fondamento dei rapporti tra uomo e donna, tra genitori e figli è dato solo dal capitale, dalla proprietà privata, in cui l'unico valore che si tramanda è quello della capacità di far soldi e spesso le donne sono delle ricche prostitute legalizzate o delle ligie/oscure segretarie delle oscure scalate dei mariti finanzieri, banchieri, padroni che siano. E ci sono le famiglie dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, in cui nel come tirare avanti, nel come arrangiarsi, nelle speranze deluse di una vita migliore, si consuma la vita e anche spesso i sentimenti… Ma la famiglia deve essere per forza astratta. Perchè essa e il ruolo della donna in essa devono essere il fondamento che salva l'ordine esistente - cioè che salva il loro sistema capitalista - che agisca da “ammortizzatore sociale” del peggioramento delle condizioni di vita della maggiorparte delle masse popolari, in cui le donne devono, come scrive Ratzinger, “lenire le ferite, far zittire chi vuole urlare e lottare...”, per impedire che le contraddizioni di classe, sociali escano fuori ed esplodano in ribellione, rivolta, rivoluzione.
Per le donne nessun passo in avanti è duraturo e definitivo senza rivoluzione e la rivoluzione nella rivoluzione.
Questa realtà dimostra che nella società borghese nessun passo in avanti delle donne è duraturo e definitivo che solo una lotta rivoluzionaria, in cui la ribellione e la lotta delle donne è una forza poderosa e imprescindibile; solo un nuovo potere proletario basato sui principi e la pratica per legge della piena emancipazione e liberazione delle donne, e sulla lotta ideologica e l’educazione di massa, può rendere definitive quelle conquiste. Per questo non basta instaurare un governo socialista, o pensare che la rivoluzione risolva dall’oggi al domani tutte le concezioni maschiliste. L’esperienza del movimento comunista ha dimostrato, e ha elaborato con la Rivoluzione culturale proletaria in Cina, che occorre la rivoluzione nella rivoluzione, un periodo in cui si combini la legge che impedisce che pratiche e concezioni maschiliste e imponga altre pratiche, e l’educazione, la convinzione a livello di massa. Scrive Bebel su “L’emancipazione della donna” che la forma della famiglia esistente in un’epoca determinata non può essere disgiunta dalle condizioni sociali esistenti. Marx scrive che la famiglia contiene in sé in miniatura tutti gli antagonismi che si svilupperanno più tardi largamente nella società e nel suo Stato. Engels dice che la famiglia monogamica fu la forma cellulare della società civile e in essa possiamo già studiare la natura degli antagonismi e delle contraddizioni che nella civiltà si dispiegano con pienezza.
Nell’attuale condizione sociale… la famiglia e i rapporti uomini/donne cambiano in rapporto e funzionalmente a questo moderno medioevo e nello stesso tempo ne contengono in embrione tutte le contraddizioni. In questo senso non si tratta di una famiglia “arretrata” rispetto ad una società avanzata, non si tratta di rapporti uomo/donna apparentemente inconcepibili rispetto ai progressi delle donne, come a volte viene detto; ma si tratta di una famiglia fino in fondo moderna, nel senso adeguata a quello che oggi è il sistema sociale capitalista esistente, e a cui serve.
Non è possibile lottare contro questa famiglia senza rovesciare questo sistema sociale che la produce e di cui se ne fa puntello. Questa lotta non ha niente a che fare (e anzi deve smascherare) con la politica del femminismo piccolo borghese che vuole liberarsi dalla famiglia in una logica tutta individualista, né può essere ridotta a mera lotta contro gli uomini… Questa lotta, se non può che essere fatta innanzitutto in prima persona dalle donne, che subiscono tutte le catene, non è però interesse solo delle donne, ma di tutti i proletari, perché è una lotta per una nuova umanità, nuovi rapporti sociali. Per noi comuniste “in morte della famiglia” vuol dire fare della famiglia, invece che puntello del sistema capitalista e oggi della marcia verso il moderno fascismo, leva della ribellione delle donne per rovesciare il sistema.
Noi odiamo gli “Uomini che odiano le donne”.
Noi abbiamo detto “noi odiamo gli “uomini che odiano le donne”. Queste parole le abbiamo prese dal romanzo di Stieg Larsson, che ha alcuni aspetti emblematici… La protagonista del romanzo, Lisbeth Salander, è una ribelle ad ogni tentativo di “normalizzazione”/considerata diversa per eccellenza, ha tentato di uccidere il padre quand’era ragazzina perché violentava la madre, ecc. Lisbeth è ribelle a ogni regola e questa ribellione è insopportabile per gli altri, soprattutto per gli uomini che la devono “domare”, fino a violentarla e tentare di ucciderla.
Ma chi sono questi uomini? Sono grandi manager di industria, fascisti, nazisti, che odiano le donne.
Lisbeth a un certo punto, a fronte dell’altro protagonista del libro, un giornalista che tenta anche di giustificare il violentatore/assassino, facendo un’analisi psicologica, esclama: “cazzate, questo odia le donne!”. “Cazzate!”, appunto, perchè dobbiamo respingere le interpretazioni/giustificazioni che spesso vengono fatte dopo uccisioni perchè servono solo a mettere un cappello sopra; diverso è raccogliere alcune di queste interpretazioni ma per mostrarne il loro carattere assolutamente sociale, comune a migliaia di uomini e spiegabili solo con un’analisi sociale, di classe e di genere… “Gli uomini che odiano le donne” esprime l’immagine del sistema capitalista, nella sua fase di crisi, di putrefazione imperialista, di un sistema che non ha più nulla di costruttivo, ma è solo distruzione. E proprio per questo deve essere distrutto. E LE DONNE HANNO DOPPIE RAGIONI PER FARLO!
25 novembre 2010
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http://femminismorivoluzionario.blogspot.com/
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