Il 12 giugno esce su Sole 24 Ore un lungo articolo sull'innalzamento dell'età pensionabile delle donne dal titolo “Pensioni rosa: ora la fase due – estendere al privato l'innalzamento dell'età e ridurre le tasse alle donne”, scritto da Andrea Ichino e Alberto Alesina.
Sul giornale, espressione diretta della Confindustria e del grande padronato, due “autorevoli professori”, di cui uno, Ichino impegnato attualmente in un progetto di ricerca per il Ministero del Lavoro su “Il lavoro interinale come canale di accesso al lavoro a tempo indeterminato” - vale a dire: il governo sta già pensando a come estendere a tutti i rapporti il lavoro interinale e far diventare un miraggio/attesa il lavoro a Tempo Indeterminato -; sembrano improvvisamente prendere le parti delle donne, fare discorsi “femministi”.
Ma qual'è il basso scopo lo si capisce bene alla fine dell'articolo.
L'aumento a 65 anni dell'età anche per le donne per andare in pensione favorisce – scrivono i due professori - “un'equiparazione non ipocrita dei due sessi sia (udite, udite!) a casa sia sul posto di lavoro”. Chi non lo capisce è “ottuso”. Anzi il governo deve cogliere la “palla al balzo per estendere l'equiparazione anche nel settore privato”. E, aggiungono, i soldi risparmiati non vanno vincolati ad “azioni positive” per le famiglie e le donne (come chiede la Min. Carfagna), ma se mai per ridurre le tasse sul lavoro delle sole donne.
L'articolo continua poi lanciandosi in considerazioni addirittura “femministe”: “Il pensionamento anticipato delle lavoratrici è giustificato come risarcimento per i compiti di cura da esse svolti in famiglia durante l'intera vita. Ma questo risarcimento in realtà perpetua lo stesso circolo vizioso che vorrebbero eliminare”, e così non “si assicura una più equa distribuzione del lavoro domestico tra mogli e mariti”. E non si frenano nella denuncia “Le donne italiane lavorano molto a casa. Sono poco aiutate dai loro mariti... e quindi su di esse... pesa l'inefficienza dei servizi pubblici offerti dallo Stato” - quindi - “su questo squilibrio che bisogna in primo luogo agire”.
I padroni tramite i loro scrivani sono per caso diventati improvvisamente “combattenti contro il maschilismo”? Anzi addirittura scavalcherebbero le stesse donne che, invece, volendo andare prima in pensione in realtà dimostrano di voler perpetuare la condizione di doppio lavoro e di oppressione in casa? No, dicono i nostri “femministi”: “è perfettamente ragionevole chiedere alle lavoratrici di andare in pensione più tardi... ma è difficile e ingiusto imporre questo onere alle donne senza prima aver creato le basi per un riequilibrio dei ruoli nella famiglia e nel mercato”. In che modo? Unendo l'innalzamento dell'età pensionabile a una riduzione delle tasse per le donne.
A questo punto ammettiamo la nostra difficoltà di comprendonio e ce ne scusiamo, non vediamo il nesso tra riduzione delle tasse e parità in casa, emancipazione delle donne dall'oppressione del lavoro domestico.
Ma qui il ragionamento dei professori si sposta al campo e alla classe che è loro più congeniale: “...le donne tassate meno e, costando meno alle aziende, sarebbero da queste assunte e promosse con maggiore frequenza. Inoltre l'aumento dell'età pensionabile farebbe risparmiare ulteriormente l'Erario”.
Ecco chi se ne avvantaggerebbe di questa politica “dalla parte delle donne”. Altro che sincera e disinteressata politica di difesa della condizione delle donne!
Benchè i nostri professori dovrebbero sapere bene che già ci sono state politiche negli anni precedenti da parte sia di governi di centro destra, che soprattutto di centro sinistra, di “svendita” sul mercato delle lavoratrici, di sgravi alle aziende se, bontà loro, assumevano donne, ma che nonostante questa “svendita” non c'è stato affatto un aumento dell'occupazione femminile o delle “promozioni”.
Ma che di tutte queste sviolinate per le donne gli unici ad avvantaggiarsene dovrebbero essere i padroni, si capisce ancora meglio verso la fine dell'articolo.
“Con un maggior reddito disponibile – derivato secondo Ichino e Alesina dalla combinazione di minori tasse e più occupazione e carriera per le donne (e qui immaginiamo le famiglie che non ce la fanno ad arrivare neanche alla terza settimana, andare in giro con borse improvvisamente gonfie di soldi...) - le famiglie potrebbero, tra l'altro, permettersi di acquistare da PRIVATI quei servizi che faciliterebbero a entrambi i coniugi la conciliazione del lavoro in casa e nel mercato, senza bisogno – aggiungono – che sia lo Stato o il ministro Carfagna a decidere PATERNALISTICAMENTE cosa serve alle famiglie stesse. E quando i mariti arrivassero a “capire” che l'intera famiglia guadagnerebbe da una minore tassazione delle donne, diventerebbero più propensi ad aiutare le loro mogli in casa per consentire loro di lavorare nel mercato...”.
Su questo ci informano, in conclusione, vi sono già due progetti di legge, i cui primi firmatari sono la senatrice Maria Ida Germontani del PdL e il senatore Enrico Morando del PD: “un'interessante e promettente convergenza bipartisan!”.
Ecco svelato “cui prodest”!. I nostri professori sono partiti ipocritamente dalle donne, hanno fatto tutto un giro di ragionamento, per arrivare... ai padroni. Chi si avvantaggerebbe dell'aumento delle pensioni per le donne? Ma i PRIVATI! Basta pretendere “paternalisticamente” che sia lo Stato a garantire i servizi sociali e a scaricare del doppio lavoro le donne!
Le donne, le famiglie mandino i figli agli asili e scuole “private”, si facciano curare dalle cliniche “private”, mandino i loro vecchi genitori nelle ricche strutture “private”, ecc. ecc. La riduzione delle tasse alle donne vadano nelle tasche dei “privati”. E SOPRATTUTTO LE DONNE E LE FAMIGLIE PAGHINO FIOR DI EURO AI PRIVATI! E lascino che lo Stato peggiori e tagli i servizi sociali, li privatizzi, perchè non può fare sempre il papà (o "papi") che provvede a tutto e a tutti, deve pur pensare a salvare dalla crisi i padroni...
La difesa della parità? Che serva ad aumentare i profitti delle aziende! Per questo “nobile fine” anche i padroni e i loro scribacchini possono diventare “femministi”!
E su questo, come si vede, non c'è certo differenza tra PdL e PD.
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