domenica 15 settembre 2024

pc 15 settembre - Sul lavoro degli operai di proletari comunisti nelle lotte operaie - Dall'assemblea nazionale del 31 agoso

Interventi di compagni operai di Bergamo

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L'attività che viene fatta alle fabbriche. Nei posti di lavoro non siamo chiaramente noi comunisti che facciamo nascere le lotte. Le lotte ci sono, la necessità delle lotte nasce dalle condizioni dei lavoratori che sono sempre peggio.

Il nostro compito è di intervenire nelle lotte, nelle rivendicazioni immediate, ma non tanto per risolvere i problemi dei lavoratori, ma per far avanzare attraverso l'esperienza concreta la necessità di farla finita con questo sistema. Quindi non basta parlare di lotta. Ma quali obiettivi e quali prospettive. Noi lavoriamo per la ribellione operaia. Uno dei compiti che dobbiamo avere, come comunisti, è di lavorare perché ci siano gli scioperi, ma essi non devono restare allo stadio della spontaneità ma servire per far avanzare la coscienza che il problema è di un sistema capitalista che va rovesciato.

Gli operai sono sempre più isolati e sembra che non ci siano cambiamenti, Però poi c’è lo sciopero. Lo sciopero mette in movimento i lavoratori. Si sviluppa un contrasto con i sindacati collaborazionisti; noi dobbiamo portare all’interno di queste lotte gli obiettivi di classe e questo richiede una battaglia per la loro ricomprensione e riaffermazione a causa dell'azione disiducativa portata dai sindacati collaborazionisti. Gli operai fanno esperienza, interrompono quella che è la quotidianità della vita operaia. Lo sciopero mette al centro la questione dell'azione collettiva, aprono la mente e durante la lotta si torna a discutere, ad essere protagonisti, cominciano a guardare oltre la loro fabbrica, la loro

situazione.

Ad esempio noi abbiamo portato nelle fabbriche alla Tenaris la questione dell'llva di Taranto. Perché senza una comprensione effettiva di quello che sta succedendo nelle varie fabbriche. delle ricadute sulle condizioni di sfruttamento, di vita, non si eleva la coscienza dei lavoratori.

Serve, attraverso lo sciopero, affermare l'autonomia operaia come unica soluzione oggi per la ricostruzione della forza dei lavoratori, come “forza contro”, non “forza per”, per polarizzare nello scontro la logica dei padroni, governi e dei sindacati e la logica di classe degli operai.

È quello che abbiamo fatto all'interno della battaglia che c'era stata per lo sciopero per gli operai morti di Brandizzo. Qui il livello di spontaneità dei lavoratori, che è quello ovviamente causato da anni e anni di azione dei sindacati collaborazionisti, era basso: alcuni operai pensavano che gli operai di Brandizzo non erano neanche i loro compagni di lavoro, altri che comunque l’infortunio era causato anche da qualche errore dei lavoratori. Noi abbiamo portato la necessità dello sciopero, necessario per mettere in moto gli operai, per ritrovarsi come classe, come azione collettiva e per riprendere a costruire una autonomia di pensiero rispetto a quello che succede.

Un altro esempio è alla Montello dove c'è una prevalenza di forza lavoro immigrata e più sfruttata in subappalto, con un'ulteriore ricatto lavorativo. Su quale base siamo partiti, prima cosa, le operaie sono venute a dirci: abbiamo un problema, non ci stanno pagando le festività.

Va bene, abbiamo detto, ma oggi c’è un’iniziativa pubblica in piazza per la morte/assassinio del bracciante immigrato Satnam Singh, dovete venire. E queste operaie sono arrivate effettivamente. Hanno capito che il nostro sindacato si sta muovendo in maniera diversa. Abbiamo portato una questione più generale di unità dei lavoratori al di là del proprio posto di lavoro. Questo è avvenuto anche nella vertenza specifica e nello sciopero che poi c'è stato, in cui si sono unite alle operaie dello Slai cobas per il sindacato di classe anche operaie della Cgil, per attaccare diciamo l'azienda che aveva messo la repressione un operaio della Cgil che si era opposto alle conciliazioni, sulla base di un accordo azienda/Cgil, e per questo aveva subito una repressione. Su questa base abbiamo unito il gruppo di operai e anche gli altri operai.

Questo sciopero ha unito effettivamente, e tiene tuttora aperto lo scontro. Questo è stato fatto sulla spinta delle delle operaie, che all’inizio non avevano capito che noi stavamo chiamando tatticamente all’unità anche le operaie e operai della Cgil per essere più forti, per contrastare il padrone, che intanto cercava di creare paura, dicendo che non c'era nessun contrasto all'interno della fabbrica perché tutto era stato risolto dalla conciliazione confederali, quando invece il problema era proprio quello.

Questo è stato un primo elemento. Poi, partendo dalla rivendicazione immediata, causato dall'azione dei sindacati Confederali, abbiamo diretto la lotta contro l'attacco sulla repressione. Ma occorreva ricostruire una forza, e un discorso più generale, e non è un caso che in quelle iniziative sono stati fatti discorsi sulle leggi, sui governi.

La lotta così ha fatto un piccolo salto perché sono stati portati i caratteri delle altre questioni. Abbiamo portato il fatto che i governi, sempre amici dei padroni, sono sempre più fascisti, via via fanno leggi contro lo sciopero; così come abbiamo spiegato che non esiste che un'azienda possa mettere in discussione il motivo per cui io faccio lo sciopero perché secondo loro non ci sarebbe. Con lo sciopero le operaie sono tornare a prendere gusto nella lotta, a capire come si possa essere una forza, anche se si è un piccolo gruppo ma compatto. E danno un segnale non solo al resto della fabbrica, ma a tutti gli altri posti di lavoro. Unire, non tanto per unire, ma unire sulla base di classe, unire su uno scontro che deve mettere in discussione quello che è il sistema di fabbrica, ma non solo, un sistema che arriva dal governo, nella fase in cui siamo della guerra, in cui le pesanti ricadute saranno sempre maggiori per i proletari e le masse popolari.

Importante è stata l’iniziativa in piazza per Satnam Singh che aveva portato anche operaie della Montello in piazza, perché grazie a questo fatto poi un gruppo di operaie assieme ad altri operai in piazza hanno parlato della questione dei popoli, della Palestina, della lotta dei popoli che non hanno patria da difendere, che dobbiamo essere uniti in un'unica battaglia, perché fin quando non riusciamo in questo non abbiamo una forza per ribaltare questo sistema, e neanche ci saranno soluzioni ai problemi immediati.

L'obiettivo del sindacato di classe è un punto fermo della strategia del partito comunista, poiché è evidente l'impossibilità di trasformare i sindacati collaborazionisti rappresentanti dell'aristocrazia operaia, operai che hanno privilegi rispetto agli altri che si spaccano la schiena sulle linee, che sono interni ai disegni generali della borghesia imperialista. Verso questo strato operaio occorre una “guerra civile” all'interno delle fabbriche, la polarizzazione.

L’esigenza del sindacato di classe nelle fabbriche emergere come esigenza consapevole delle masse lavoratrici, in conseguenza alle ripetute esperienze della politica di collaborazione dei sindacati confederali contrapposta agli interessi dei lavoratori.

Per fare questo tipo di lotta lo sciopero è il punto da cui partire, e in cui i comunisti devono lavorare. Questo tipo di lavoro che stiamo portando avanti guidato da una concezione di partito ci permette di vedere cose giuste e cose sbagliate, di correggere. La costruzione del sindacato di classe è uno dei fronti necessari per la realizzazione della direzione delle esperienze. Noi dobbiamo lavorare per la ribellione operaia.

Ma questo è solo il primo aspetto. Noi dobbiamo far comprendere che senza il ruolo progressista della classe operaia, senza la sua forza sul terreno politico rivoluzionario la società non può cambiare. Ci troviamo in questo lavoro in una fase di difensiva strategica. È necessario organizzare una parte degli operai più coscienti per unirsi nella costruzione del Partito per questa battaglia generale.

Per questo noi operai comunisti dobbiamo stare nelle lotte con un piede dentro e un piede fuori.

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Noi lavoriamo verso le fabbriche per aiutare lo scontro con il sistema di sfruttamento dei padroni, del capitalismo. In questo scontro ci attrezziamo per la fase finale, la rivoluzione socialista, per arrivare alla dittatura del proletariato. Quanto e come riusciamo a portare questo messaggio, a coinvolgere i lavoratori in quello che non va visto come passaggio graduale, anche se le fasi riflettono la condizione soggettiva della classe? Questa attività va verificata rispetto agli scopi generali che sono quelli della rivoluzione e della costruzione e realizzazione del suo strumento principale e fondamentale che è il partito comunista.

Possiamo parlare di Bergamo, come elemento di esperienza, valutazione per i compagni.

Abbiamo attraversato momenti in cui abbiamo coinvolto i lavoratori, ma questo tipo di percorso politico, di messaggio politico, di attività politica non è stato fatto a livello necessario.

I lavoratori a un certo punto, pur nel loro stadio contraddittorio, con un livello politico basso di coscienza, arrivano allo Slai Cobas sc, si iscrivono e poi si muovono.

Ma senza una guida politica il processo di avanzamento, di presa di coscienza della classe non può avvenire. Parliamo di “equilibrare” l'attività sindacale e politica. La spontaneità produce dei movimenti di lotta. Nel corso degli anni questi sono stati significativi. Ma il nostro lavoro è quello di deviare questa spontaneità, orientare la forza e l'azione dei proletari perché si rafforzi la coscienza che lo scontro deve essere contro l’intero sistema dei padroni.


Il centro di questo lavoro resta quello del proletariato industriale, delle grandi fabbriche, come luogo privilegiato in grado di avanzare nella coscienza, nella lotta, nell'organizzazione, come capace di rappresentare il processo rivoluzionario di scontro degli interessi delle altre classi.

Questo accade all'Ilva, alla Stellantis, alle fabbriche dove c’è lotta, dove riusciamo a portare il nostro intervento.

Lo sciopero è un fattore determinante. Nel momento in cui riusciamo ad organizzare le lotte, tocchiamo con mano la sua portata. In tanti casi allo sciopero i lavoratori arrivano grazie anche alle indicazioni, all'attività sindacale che si fa rispetto ai problemi che sollevano. Lo sciopero è il primo passaggio, è un elemento di rottura che crea discontinuità con la quotidianità del lavoro in fabbrica, apre un punto di vista differente; è un percorso che deve continuare, andare avanti. Dentro lo sciopero i lavoratori sperimentano la propria forza.

Una operaia della fabbrica Evoca di Bergamo durante lo sciopero del caldo, uscendo, dopo che. l'azienda in tutti i modi aveva cercato di bloccare, frenare le operaie, dicendo: questo sciopero non è legale, se lo fate rischiate, lo Slai cobas non è riconosciuto... col direttore che passava nei reparti squadrando le operaie che uscivano, ha detto: “sono contenta di aver scioperato perché ho dimostrato di non aver paura”. Fuori dallo sciopero questo elemento non lo poteva trovare.

Però lo sciopero è solo l'inizio, è solo una “scuola” per la battaglia generale - per riprendere Lenin - e quindi ci tocca ancora, ci richieda sempre il doppio del lavoro, ci tocca tenere lo scopo di questo lavoro che è l'organizzazione politica, la costituzione del partito per la rivoluzione.

Tocca a noi comunisti trasformare questi passi in avanti in una fase superiore di partecipazione.

A questo scopo, nell'attività politica alle fabbriche, per esempio alla Tenaris Dalmine e in altre fabbriche, portiamo il settimanale politico di Controinformazione rossoperaia. Questa diffusione in tanti casi produce confronto con i lavoratori. Certo, non tutti si fermano mezz'ora alla portineria, però anche 5, 10 minuti serve, e da parte nostra richiede un'analisi per trarre quegli elementi utili alla denuncia, propaganda politica

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