Se una delle cartine di tornasole per giudicare il grado di civiltà di una società è quella della condizione delle donne dobbiamo dire oggi, purtroppo, che non si può più parlare solo di inciviltà, ma possiamo veramente parlare di barbarie e come abbiamo scritto in alcuni documenti teorico-politici siamo di fronte a forme di vera e propria bestialità nei confronti appunto della maggioranza delle donne.
Questo l'abbiamo visto in tutto questo anno a livello nazionale e soprattutto a livello internazionale, basti guardare alla Palestina dove le donne in particolare subiscono proprio fino in fondo, in maniera atroce, una condizione di oppressione e di violenza che rappresenta oggi il cuore dell'oppressione subiscono le donne; per non parlare della questione della guerra imperialista, dall’Ucraina, e tutti quei paesi oppressi martoriati dalla guerra che per le donne significa subire doppia, tripla violenza, sofferenza; fino ad arrivare ai paesi imperialisti dove avanza un processo reazionario in marcia verso il moderno fascismo.
In un paese imperialista come l'Italia la condizione delle donne si aggrava ogni giorno di più non solo da un punto di vista più economico, con i vari provvedimenti governativi che colpiscono sempre di più la condizione di lavoro/non lavoro delle donne, ma anche da un punto di vista ideologico e politico che in particolare con l’attuale governo Meloni si trasforma per le donne in un moderno medioevo, con l’attacco al diritto di aborto e le continue campagne ideologiche di stampo fascista sul ruolo delle donne che deve essere vincolato alla procreazione dei figli.
Stiamo dicendo in questa assemblea che centrale deve essere la lotta politica contro questo governo fascista per la sua caduta. Il governo Meloni sin da quando si è insediato ha posto come uno dei settori sociali da colpire quello delle donne,
cominciando subito con un discorso ideologico. La Meloni questa estate ha rilasciato un’intervista ad una rivista da gossip, con cui dietro la ipocrita immagine pseudo amicale che vuole trasmettere alle donne ha cercato di fare un’operazione mediatica al contrario: lei è la donna a cui tutte dobbiamo guardare come modello da prendere ad esempio, perché lei dimostra alle altre donne come, avendo una figlia, si può fare carriera, dimostra cosa significa emancipazione delle donne, ecc. ecc.Ci sarebbe da ridere, ma c’è veramente da incazzarsi! La Meloni è arrivata a dire che le donne devono sentirsi libere di fare figli, perché non è vero che ci sarebbero limitazioni nel fare figli, perché non è vero anche da un punto specificatamente economico che non riuscirebbero a conciliare tempo di lavoro e tempo famiglia, perché lei, la Meloni, lo fa.
Questa intervista, offensiva per le donne trattate peraltro come delle idiote, è un altro modo per portare avanti la concezione sulle donne che questo governo ha e cerca di imporre in ogni forma, che non corrisponde per niente alla realtà che vive ogni giorno la maggioranza delle donne, operaie, lavoratrici, precarie, disoccupate, immigrate… Una situazione difficile in cui sempre più donne non fanno figli perché costrette da una condizione di lavoro/non lavoro che impedisce di mettere al mondo i figli, di crescerli, di mantenerli; in una situazione in cui sono solo fumo negli occhi le misure a sostegno della maternità che sono elemosine peraltro destinate solo ad alcune fette di donne (vedi il cosiddetto “bonus mamme”).
Mentre è notizia di questi giorni l’annuncio della revisione dell’assegno unico, in vista della nuova finanziaria, che pone dei paletti che di fatto restringerebbero la platea dei beneficiari (verrebbe destinato solo alle famiglie con più figli, guarda caso!) e che viene fatto anche per racimolare soldi. Alla luce delle critiche ricevute a livello europeo sul discorso dell'esclusione degli immigrati dall'assegno, la Meloni e il suo governo strumentalizzano questa questione per contrapporre donne italiane e donne immigrate (ampliare l’assegno agli immigrati significherebbe annullarlo di fatto…), e nello stesso tempo portano avanti la concezione delle donne utili socialmente solo se fanno figli per “la patria”.
L’attacco ideologico e politico verso le donne emerge anche nelle linee guida dell'educazione civica per la scuola, quelle dell’odioso ministro Valditara. Un vero e proprio manifesto, politico moderno fascista attraverso cui gli studenti sin dalla tenera età devono essere educati al concetto di patria, di proprietà privata, quella della borghesia naturalmente, e in cui in un rigo viene racchiusa la concezione delle donne di cui parlavamo prima e del ruolo che devono avere in questa società capitalista, imperialista; tant’è che questo documento è sostenuto a larghe mani dalle associazioni antiabortiste e a cui plaudono anche perchè contiene un chiaro attacco alla questione del genere LGBTQ+
La borghesia non può dare nessuna soluzione a quelli che sono i reali problemi dei proletari, della classe operaia, del proletariato e specificatamente della maggioranza delle donne con il cuore delle donne proletarie più sfruttate e oppresse.
Non ci sono soluzioni che la borghesia può dare, una borghesia che si è oggi vestita da donna. Ma, lo ripetiamo, non è il fatto di essere donne, ma la classe sociale a cui si appartiene che stabilisce quali interessi porti avanti e verso chi.
Non ci può essere soluzione ai femminicidi - siamo arrivati solo in questo anno a 174 donne uccise -, i femminicidi sono inevitabili in questa società, le false soluzioni della borghesia al potere, vedi il codice rosso di stampo essenzialmente repressivo e di controllo sociale sulle donne, non hanno ridotto né risolto la piaga sociale dei femminicidi, le donne continuano a essere uccise, denunciano e sono uccise lo stesso da quella famiglia che così tanto piace alla Meloni, al suo governo!
Tutto questo mostra ancora una volta, ancora di più, che noi donne non possiamo continuare a subire, ma innanzitutto dobbiamo ribellarci a questo stato di cose.
Nel blog del Mfpr prima della pausa estiva abbiamo postato alcuni articoli ben precisi per porre chiaramente alcune questioni, anche come indicazione/lancio di una nuova stagione di lotta: noi donne che abbiamo doppie ragioni per ribellarci e lottare, ragioni di classe e ragioni di oppressione sessuale, dobbiamo prendere coscienza che la nostra lotta non può che essere rivoluzionaria perché è una lotta che deve mettere in discussione a 360 ° questo sistema capitalista e imperialista che fa della doppia pressione delle donne una delle sue basi cardine.
Oggi è necessario un movimento femminista proletario rivoluzionario che è sì un’organizzazione del sistema di organizzazioni del Partito comunista maoista di cui facciamo parte, ma non è anche una concezione e una prassi. Le parole non sono messe a caso, movimento, femminista, proletario, rivoluzionario, ognuna ha un significato ben preciso che nasce da un’analisi concreta della situazione concreta e dall’esperienza rivoluzionaria che si è fatta negli anni.
Occorre conquistare le donne, le proletarie, le lavoratrici, le operaie, le giovani ribelli alla lotta rivoluzionaria concretizzando la parola d’ordine: scatenare la ribellione, la furia delle donne come forza poderosa per la rivoluzione, affinchè le donne non solo impugnino la lotta contro gli attacchi immediati ma acquistino anche la consapevolezza della necessità della lotta rivoluzionaria, capendo che per essa dobbiamo avere un ruolo determinante in quelli che sono gli strumenti indispensabili per portare avanti questa lotta, primo fra tutti il Partito della classe del proletariato che ha uno dei suoi cuori pulsanti proprio nelle donne sfruttate e oppresse, ma che trasformano la doppia oppressione in ribellione e lotta rivoluzionaria per rompere ogni catena di questo sistema capitalista da rovesciare.
Dobbiamo avere chiare alcune cose per ripartire in questo anno:
il nostro riferimento principale sono le donne proletarie le più oppresse e sfruttate. Dobbiamo portare questo messaggio che si traduce anche in azioni concrete verso le lavoratrici e con le lavoratrici, perché possa avanzare questa consapevolezza della prospettiva rivoluzionaria, perchè proprio la condizione della maggioranza delle donne dimostra l’inconciliabilità della lotta delle donne con il riformismo.
Certo, questo non significa che non è necessario fare battaglie per risultati immediati che incoraggiano; lo abbiamo detto e fatto con lo sciopero delle donne promosso e fatto in questi anni con una piattaforma ampia che guarda a tutta la condizione di sfruttamento e oppressione della maggioranza delle donne, una piattaforma delle donne aggiornata alle fasi che si succedono, frutto dell’esperienza di lotta concreta ma anche dell’analisi e del lavoro di inchiesta tra le operaie, le donne lavoratrici, le immigrate; una piattaforma che parte dal lavoro per tutte le donne ma poi tocca tutte le questioni, la questione dell'aborto, dei femminicidi, delle discriminazioni delle donne migranti, della condizione di vita delle prostitute, delle detenute, la questione repressione, l’aspetto della solidarietà internazionalista con le altre donne che lottano nel mondo.
Quella del lavoro delle donne è una battaglia importantissima per tutto quello che significa lavorare per le donne in termini anche di emancipazione
Quindi è chiaro che dobbiamo guardare alle battaglie immediate. Però questa piattaforma è inserita in una prospettiva rivoluzionaria, perché, l’abbiamo detto tante volte, se veramente volessimo ottenere tutti questi punti si deve fare veramente una rivoluzione, perché la borghesia al potere non concederà mai tutto questo anzi toglie ogni giorno sempre di più.
Occorre riprendere questo lavoro con forza, con questa ottica: lotta immediata, ma in un’ottica rivoluzionaria, contro l’intero sistema sociale capitalista e imperialista.
Le lavoratrici, le donne proletarie impugnino questa lotta e avanzino per trasformarsi in un’avanguardia che possa porsi alla testa del movimento delle donne che in questo paese ha mostrato di avere reali potenzialità, vedi il 25 novembre in particolare ma anche l’8 marzo di quest’anno.
Per questo dobbiamo intensificare la lotta di posizione, teorica verso le altre tendenze femministe e non solo, anche verso altre realtà, politiche e sindacali che si dicono rivoluzionarie, comuniste, ma che sottovalutano la lotta rivoluzionaria delle donne e non la pongono come centrale.
In questo senso è bene comprendere e far comprendere che l’Mfpr non è solo una sigla ma è appunto una concezione ed è conseguentemente anche una pratica, riconosciuta oggi anche se ancora non estesa, ma riconosciuta anche nel movimento femminista oggi maggiormente rappresentato da Nudm.
Questo è stato visibile a Roma il 25 novembre con la linea, le parole d’ordine chiare portate dalle compagne del Mfpr contro il governo, contro Meloni fascista, senza mediazioni e senza paura sfidando anche la possibile repressione. Con l’azione portata in campo siamo state più che visibili all’interno di una grande movimento ed enorme presenza di donne. Abbiamo fatto “strillare” la borghesia, l'indomani sui giornali, accanto al movimento Nudm, tante testate giornalistiche parlavano del Mfpr che attaccava la Meloni, che diceva chiaramente che questo governo è fascista.
Si è mostrata la potenzialità che può avere il movimento femminista proprietario rivoluzionario se viene impugnato come concezione e come pratica, se lavora per trasmetterla alle donne proletarie, alle lavoratrici; mentre nello stesso tempo è necessario fare la lotta di posizione nel movimento delle donne diretto oggettivamente dalla piccola borghesia , perché siamo per la massima unità ma non generica.
Come donne non ci possiamo tirare indietro dalla responsabilità, necessità di essere parte determinante del processo di costruzione degli strumenti che ci servono per la lotta rivoluzionaria, in primis il partito. Noi dobbiamo fare la nostra parte, per un Partito comunista di tipo nuovo che sin dal principio ponga le condizioni ideologiche, politiche, organizzative perché le donne possano impugnare la militanza rivoluzionaria, ed assumere anche compiti di direzione nella lotta rivoluzionaria.
Questa concezione e pratica è anche frutto di un'analisi concreta della condizione concreta della maggioranza delle donne in questo paese e a livello internazionale, e dell’esperienza rivoluzionaria storica, che abbiamo accumulato in termini di bilancio in questo paese e in altri partiti a livello internazionale.
Andare tra le donne proletarie, tra le donne che sono il primo nostro riferimento di classe dicendo chiaramente che è l'ora della lotta rivoluzionaria, del partito della classe di cui la maggioranza delle donne sfruttate e oppresse è uno dei cuori pulsanti.
Infine, ricollegandoci alla questione delle donne palestinesi, l'otto Marzo di quest'anno lo abbiamo caratterizzato con una parola d'ordine ben precisa: dalle donne lavoratrici in lotta alle donne palestinesi. Le donne palestinesi, come dicevamo all'inizio, sono tra quelle donne che rappresentano il cuore oggi più profondo dell'oppressione delle donne ma nello stesso tempo sono anche la dimostrazione di donne che trasformano l’immane dolore e atrocità che subiscono loro e i loro figli in resistenza e lotta, dando un contributo determinante alla Resistenza del popolo palestinese.
Guardando a queste donne nella settimana dal 7 al 13 ottobre lanciamo una settimana di mobilitazioni per la Palestina. Dobbiamo portare a livello di massa il messaggio della necessità di sostenere la lotta e la Resistenza delle donne palestinesi e di tutto il popolo collegandolo alla necessità della lotta rivoluzionaria contro i governi massacratori e l’imperialismo assassino; questo lo dobbiamo fare combattendo posizioni pacifisti o filopacifisti che vogliono guardare alle donne palestinesi non come eroiche combattenti che trasformano l’immane violenza subita in lotta anche armata, ma solo come vittime che subiscono.
In un bel film/documentario che si intitola “Women in struggle” alcune donne palestinesi raccontano la loro esperienza di lotta armata nella Resistenza palestinese e parlano della necessità di combattere e che hanno dovuto imbracciare le armi. Il film è bello e molto interessante perché accanto all’esperienza come combattenti nella resistenza, dal racconto di queste donne emergono anche aspetti della lotta che hanno fatto per la loro emancipazione dai rapporti con i compagni, non solo per la partecipazione alla lotta ma anche per la gestione dei figli, ecc, nell’intreccio oppressione di classe e oppressione sessuale.
Guardiamo anche alle tantissime donne e compagne indiane, in prima linea nella guerra popolare guidata dal Pci (M) che trasformano oppressione e violenza di classe, sessuale, feudal-religiosa in lotta rivoluzionaria e già ora in rivoluzione nella rivoluzione, dando un contributo determinante alla guerra popolare e al partito che guida la guerra popolare.
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