“Migranti: si ribalta barcone,
7 morti a largo Lampedusa
Nove i dispersi e 46 i
superstiti. Tra le vittime, una donna in avanzato stato di gravidanza. Nella
notte altri 256 migranti sono approdati sull'isola con quattro diversi barconi”
(Ansa)
“Fra le vittime quattro donne, una delle quali in avanzato
stato di gravidanza. Si cercano dispersi” (Adnkronos)
Si tratta di un vero e proprio
genocidio premeditato!
Oltre 14 mila i migranti intercettati
nel Mediterraneo centrale e riportati indietro dalla guardia costiera libica
827 già i morti accertati
quest’anno
a cui si aggiungono le vittime
dei naufragi fantasma, circa 600 persone (e ai quali purtroppo si aggiungono
quelli di questi giorni)
navi dello Ong impegnate nei
salvataggi sequestrate nei porti
uso delle navi quarantena che
negano ancora di più i diritti dei migranti
***
Tra sbarchi fantasma e imbarcazioni umanitarie bloccate
“Mare monstrum" 14 mila migranti riportati in Libia
Sono oltre 14 mila i migranti intercettati nel Mediterraneo centrale e riportati indietro dalla guardia costiera libica. Mai così tanti dalla firma del primo memorandum d’intesa tra Italia e Libia nel 2017 quando si cominciarono a gettare le basi per frenare le numerose ondate di sbarchi, ma allo stesso
tempo determinando nuovi equilibri in quel mare dove oggi si continua a morire a causa di naufragi. Equilibri e assetti dove i ruoli dei protagonisti sono sempre più definiti. L’Europa e l’Italia da una parte che supportano la stabilità di Tripoli e affidano sempre più il coordinamento dei soccorsi alla guardia costiera libica, l’utilizzo delle navi quarantena per alleggerire le strutture a terra, il coinvolgimento di mercantili anch’essi chiamati a coordinarsi con le autorità libiche e con le Ong che, se non si trovano in stato di fermo amministrativo in qualche porto siciliano, riescono a condurre solo o una piccolissima parte dei soccorsi.Uno scenario mutato, come
dimostrano i numeri. Stando ai dati dell’Organizzazione mondiale per le
migrazioni (Oim) dall’inizio dell’anno sono infatti 14.338 i migranti
intercettati in mare e riportati in quello che le maggiori organizzazioni internazionali
da anni definiscono “porto non sicuro”. Cifre che superano anche quelle del
2020, quando furono 11.891 le persone riportate in Libia.
In Italia, dall’inizio del 2021, sono arrivati secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno 19.360 migranti, di fronte ai 34.154 arrivati in tutto il 2020 quando ci fu un picco proprio nel mese di luglio: gli arrivi furono 7062, più che ad agosto dello stesso anno.
Quest’anno sono invece 827 già
i morti accertati in diversi naufragi secondo quanto riferisce il progetto
Missing Migrants dell’Oim confrontati con i 375 dell’anno precedente a cui
si aggiungono le vittime dei naufragi fantasma, circa 600 persone che hanno
affrontato la rotta del Mediterraneo centrale e di cui non si ha più notizia.
Nonostante lo scenario dei
soccorsi stia mutando a favore di quella che appare sempre più come una politica
europea basta sulla difesa dei confini, in previsione delle condizioni meteo-marine
favorevoli, ci saranno migliaia di persone pronte a partire.
“Sono persone che farebbero
qualsiasi cosa pur di scappare dai centri di detenzione dove sono costretti a
vivere in condizioni disumane. E purtroppo avendo affidato tutta
l’amministrazione del Mediterraneo alla guardia costiera libica è possibile prevedere
altri possibili naufragi, con i migranti che alla vista delle motovedette
libiche si getteranno in mare come è già accaduto. È uno scenario che peggiora
di giorno in giorno. In base alle chiamate che riceviamo possiamo dire che la
guardia costiera italiana non soccorre più come prima, la guardia costiera
maltese è invece inesistente considerando che nel 2021 a Malta sono sbarcate
meno di 100 persone”, spiega a Repubblica Deanna Dadusc, che insieme ad altri
100 volontari, ricercatori di diritto internazionale ed esperti nel campo delle
migrazioni, fa parte di Alarm Phone, la piattaforma che raccoglie gli Sos dei
migranti in difficoltà nel Mediterraneo.
“Di sicuro la maggior parte degli
arrivi sarà costituita da sbarchi autonomi e quindi direttamente su Lampedusa o
Pantelleria” spiega Fulvio Vassallo Paleologo, già docente di diritto d’asilo
all’Università di Palermo e vice presidente dell’associazione Diritti e frontiere
che tuttavia sottolinea come “di fronte a un rallentamento di partenze di
queste ultime settimane dovuto alle trattative in corso con ingenti
contropartite economiche tra autorità libiche, italiane e l’Ue e agli esiti
incerti della conferenza di Berlino sulla Libia del 23 giugno è difficile fare
previsioni”.
Il porto italiano maggiormente
interessato agli arrivi di migranti in previsione di luglio e agosto è senz’altro
quello di Lampedusa con il fenomeno degli “sbarchi fantasma”, arrivi autonomi
di barchini con a bordo dalle 10 alle 30, massimo 40 persone provenienti dalla Libia
a dalla Tunisia.
I migranti che giungono a
Lampedusa vengono accolti nell’immediato nell’hotspot di Contrada Imbriacola e
poi trasferiti sulle navi quarantena, le stesse per cui il Garante nazionale
dei diritti delle persone private della libertà personale ha sollevato – nella
relazione annuale presentata al Parlamento il 21 giugno – diverse criticità sul
piano dei diritti: dall’impossibilità di richiedere la protezione internazionale,
alla difficoltà di individuare le vulnerabilità, al fatto che l’operazione
sia nata in un contesto pandemico di piena emergenza e oggi quindi andrebbe
ripensata. Dal 12 aprile 2020 ad oggi sono transitati nelle navi quarantena
oltre 23mila persone, oltre 11 mila nel 2021.
In assenza di un dispositivo di
soccorsi davanti alle coste italiane è successo che a Lampedusa a soccorrere i
migranti siano stati i pescatori, come avvenuto sabato 12 giugno quando il
consigliere comunale dell’isola Vincenzo Partinico a 39 miglia dall’isola ha
soccorso con il suo peschereccio “San Matteo” 24 persone che altrimenti
sarebbero annegate. “Avvicinandosi il loro gommone ha cominciato a piegarsi e imbarcava
acqua, alcuni ragazzi si sono aggrappati al nostro peschereccio, altri si sono
tuffati in mare. Siamo riusciti a salvarli tutti, erano 24, non c’erano donne e
bambini”, racconta commosso.
Dal 17 aprile al 25 giugno, per
69 giorni la nave della Ong spagnola Open Arms è stata sotto fermo
amministrativo al porto di Pozzallo per carenze tecniche che secondo la Guardia
costiera italiana andavano dalla “sicurezza della navigazione” ovvero la
possibilità di portare a bordo solo un esiguo numero di persone, alla
“prevenzione dell’inquinamento”.
Con questo modus operandi sono
state in 12 mesi nove le navi delle Ong costrette a fermarsi. Oggi, dopo il
dissequestro della Open Arms, sono la Sea-Eye 4 a Palermo, la Sea Watch 4 a
Trapani, la Sea Watch 3 e la Alan Kurdi che dopo il provvedimento delle
autorità italiane sono in sosta in Spagna, nel porto di Buriana.
L’altro aspetto del tutto nuovo
che si ripresenta in un Mediterraneo ridisegnato è determinato dall’utilizzo
dei mercantili ora di supporto alla guardia costiera libica. Fatti che
risalgono al 14 giugno quando il mercantile battente bandiera di Gibilterra
“Vos Triton” ha soccorso 170 migranti a circa sei miglia da Malta, consegnando
appena poco più di tre ore dopo le persone soccorse alla motovedetta 656
“Zawiya” della guardia costiera libica che così ha riportato le 170 persone a
Tripoli. L’episodio è stato documentato attraverso le immagini dall’alto del
velivolo Seabird della Ong Sea Watch.
A seguito di quanto accaduto
l’Oim e Unhcr hanno richiamato i paesi europei affinché “nessuna delle persone
soccorse in mare faccia ritorno in Libia e perché, in assenza di meccanismi
collaudati di sbarco, gli attori marittimi non devono essere obbligati a far
tornare rifugiati e migranti in luoghi non sicuri. I migranti – continuano le
due organizzazioni – sbarcati in Libia una volta soccorsi sono più esposti ad
abusi ed estorsioni, altri spariscono e tornano nelle mani dei trafficanti di
esseri umani”. L’Oim e l’Unhcr richiamano quindi gli stati europei “per porre fine
all’arbitraria detenzione in Libia, trovando soluzioni alternative e
rilasciando nell’immediato i più vulnerabili”.
Lo scacchiere ormai definito
nelle zone Sar (Search and Rescue) del Mediterraneo centrale riguarda anche le
vicende dei pescatori siciliani che dopo l’esperienza del sequestro per 108
giorni a Bengasi da settembre a dicembre 2020 da parte delle milizie del
generale Haftar si trovano a fronteggiare anche gli spari delle motovedette
“governative”, come avvenuto il 6 maggio ai danni del peschereccio Aliseo di
Mazara del Vallo, con il comandante Giuseppe Giacalone che è rimasto ferito
dopo oltre un’ora e mezza di mitragliamento da parte della motovedetta 660
Ubari.
Nel frattempo, la motovedetta
Ubari da cui partono i colpi è tornata indisturbata a intercettare i migranti
nel Mediterraneo riportandoli in Libia. L’ultimo è avvenuto ieri con 92
migranti tra cui 13 donne e 6 bambini che viaggiavano su un gommone. La Ubari
le ha riportate a Tripoli.
La Repubblica
29 giugno ’21
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