domenica 15 novembre 2020

pc 15 novembre - PATTO CON SCAMBIO TRA BONOMI CONFINDUSTRIA E LANDINI CGIL - Un contributo

Un evento  nazionale della cgil nazionale è stato costruito ad hoc per dare ossigeno al dialogo tra sindacato e Confindustria, questo è avvenuto  all'happening del Sindacato denominato FUTURA 2020.

Il faccia a faccia tra Landini e Bonomi , oltre al solito impatto mediatico in funzione del quale l'happening è stato pensato,  ha sostanzialmente visto due posizioni dialoganti pur divise su un punto, quello di sottoscrivere i nuovi contratti nazionali prima di sottoscrivere il nuovo  Patto per l'Italia. La posizione di Confindustria è quella di stabilire prima delle regole legando il salario sempre più alla produttività per smantellare quanto resta del contratto nazionale, la Cgil vorrebbe prima portare a casa la firma dei nuovi contratti per vendere ai lavoratori irrisori aumenti contrattuali come una conquista, salvo poi tacere su tutto il resto (la parte normativa e i nuovi assetti della contrattazione).

Prove tecniche del nuovo compromesso storico o meglio di una svolta epocale come quella, negli anni settanta, dell'Eur? Parrebbe proprio di sì, infatti "il falco " Bonomi ha lanciato un pericoloso assist alla Cgil.


«È il momento delle responsabilità. Noi come Confindustria e la Cgil, che è la parte più importante del fronte sindacale, abbiamo una grande responsabilità». Landini risponde: «Siamo convinti che questo cambiamento o si fa insieme o non si fa. Ma io più che patti vedo contratti, il rinnovo dei contratti».

Per gli scettici invece sarà il caso di andare direttamente al sito della Cgil https://www.collettiva.it/copertine/italia/2020/11/14/video/un_confronto_tutto_da_contrattare-556327/

Citiamo un passo dal sito della Cgil che riporta gli stessi contenuti letti su quello Confindustriale
Il primo, inevitabile tema è l'Italia al tempo del Covid, tra le difficoltà del presente e la ricetta per ripartire. Apre Bonomi: “Oggi più che mai dobbiamo sederci intorno a un tavolo per fare un patto per il Paese. A prescindere dalle differenze, le decisioni che prendiamo influiranno nei prossimi trent'anni. Noi come parti sociali abbiamo una grande responsabilità”. Così Landini: “È il momento di investire sul lavoro, che in questi anni non è stato valorizzato: serve il rinnovo di tutti i contratti nazionali nel pubblico e nel privato, ecco l'investimento principale”.

La sostanza non cambia, padroni e sindacato rappresentativo sono concordi su un punto saliente, ossia sulla necessità di un grande accordo sul quale costruire l'Italia di oggi e domani, utilizzo dei soldi europei (ma nessuno spiega le condizioni imposte al paese per accettare questi soldi), senso di responsabilità e politica dei sacrifici che riportano alla fine degli anni settanta quando si costruirono le basi della debacle sindacale e politica favorendo l'offensiva neoliberista dei padroni
Le parole pesano come macigni se manifestano una sorta di pensiero unico che ormai accomuna quelli che dovrebbero rappresentare la forza lavoro alle associazioni datoriali, un compromesso sociale che nella storia del movimento operaio ha portato solo alla sconfitta dei salariati

Il "senso di responsabilità" porterà a occultare le responsabilità e le negligenze in epoca pandemica, salverà chi ha portato al collasso i servizi e la sanità pubblica provocando la strage degli innocenti da covid (circa 40 mila morti solo in Italia)

Il dialogo Bonomi e Landini lancia un segnale al Governo, si faccia garante del confronto permanente tra sindacati e associazioni datoriali. Quali sono le differenze tra Cgil e Confindustria?
La Cgil vuole prima sottoscrivere i contratti (riguardanti 12 milioni di lavoratori\trici), per poi sedersi al tavolo che stravolgerà la contrattazione nazionale, il welfare e il modello stesso di rappresentanza sindacale assegnando un monopolio assoluto ai sindacati rappresentativi, i contenuti di questo compromesso saranno a perdere con atteggiamenti remissivi delle rappresentanze aziendali e delle Rsu rispetto ai datori e al secondo livello di contrattazione costruito per anni sottraendo salario e imponendo fondi bilaterale, previdenza e sanità integrative, riducendo ai minimi termini il  potere contrattuale e di acquisto dei salariati.
Bonomi non è contrario alla firma dei contratti ma vuole solo ottenere uno scambio, si accordano alcuni aumenti in cambio di un aumento della produttività, delle mansioni esigibili trasformando di fatto il salario in variabile dipendente dai profitti padronali,  non certo una novità ma solo il vecchio cavallo di battaglia di Confindustria otto rinnovate forme.
Legare il salario alla produttività e al territorio con il ripristino delle gabbie salariali contro le quali 50 anni fa la Cgil condusse una grande battaglia e della quale oggi si è totalmente dimenticata.

Su un punto sono entrambi concordi, Landini e Bonomi, nella critica all'esecutivo Conte che non farebbe abbastanza per garantire il dialogo "costruttivo" e il segretario della Cgil, giusto per distinguersi dal padrone di turno, rilancia l'argomento salariale come una necessità neokeynesiana per la ripresa dei consumi
«Siamo il Paese che ha i livelli salariali più bassi e i livelli di orario più alti», dice il leader della Cgil. «Pensare che attraverso il welfare non aumentano più i salari è una cosa che non sta in piedi. Insisto sui contratti nazionali non perchè siano alternativi alla contrattazione aziendale ma perchè nel nostro Paese noi siamo fatti anche di tante Pmi e il contratto nazionale rimane lo strumento che è in grado di dare risposte a tutti, di alzare e unificare il livello di qualità in senso generale».

E Bonomi? Confindustria vuole mettere le mani sui soldi europei, per farlo ha bisogno del sostegno sindacale e di questo obiettivo non ne fa certo mistero:
“Abbiamo bisogno subito delle risorse del Mes per fare una serie di investimenti sulla sanità. E ha chiesto al Governo di «fare le scelte necessarie, perché il Paese non può rimanere inchiodato a questa discussione». Tanto più che «sul Dl Ristori abbiamo messo 5 miliardi, con il Mes potevamo metterne 37 perché Il Mes copre anche i danni indiretti sanitari. Se lo prendessimo potremmo quindi fare un decreto Ristoro di 37 miliardi”

Sullo sfondo dei rinnovi contrattuali, ad insaputa dei lavoratori annientati da cassa integrazione e crisi, sempre più precari e insicuri, si gioca la grande partita del nuovo compromesso storico per costruire un paese senza conflitto, con salario differibile e collegato ai profitti aziendali e servizi sempre meno pubblici.

(da Giusti Federico)   

Nessun commento:

Posta un commento