Un evento nazionale della cgil nazionale è stato costruito ad hoc per dare ossigeno al dialogo tra sindacato e Confindustria, questo è avvenuto all'happening del Sindacato denominato FUTURA 2020.
Il faccia a faccia tra Landini e Bonomi , oltre al solito impatto
mediatico in funzione del quale l'happening è stato pensato, ha
sostanzialmente visto due posizioni dialoganti pur divise su un punto,
quello di sottoscrivere i nuovi contratti nazionali prima di
sottoscrivere il nuovo Patto per l'Italia. La posizione di
Confindustria è quella di stabilire prima delle regole legando il
salario sempre più alla produttività per smantellare quanto resta del
contratto nazionale, la Cgil vorrebbe prima portare a casa la firma dei
nuovi contratti per vendere ai lavoratori irrisori aumenti contrattuali
come una conquista, salvo poi tacere su tutto il resto (la parte
normativa e i nuovi assetti della contrattazione).
Prove tecniche del nuovo compromesso storico o meglio di una svolta
epocale come quella, negli anni settanta, dell'Eur? Parrebbe proprio di
sì, infatti "il falco " Bonomi ha lanciato un pericoloso assist alla Cgil.
Riportiamo testualmente dal sito de Il sole 24 Ore (https://www.ilsole24ore.com/art/bonomi-all-evento-cgil-confrontiamoci-landini-prima-contratti-ADp1SM2)
«È il momento delle responsabilità. Noi come Confindustria e la Cgil,
che è la parte più importante del fronte sindacale, abbiamo una grande
responsabilità». Landini risponde: «Siamo convinti che questo
cambiamento o si fa insieme o non si fa. Ma io più che patti vedo
contratti, il rinnovo dei contratti».
Per gli scettici invece sarà il caso di andare direttamente al sito della Cgil https://www.collettiva.it/copertine/italia/2020/11/14/video/un_confronto_tutto_da_contrattare-556327/
Citiamo un passo dal sito della Cgil che riporta gli stessi contenuti letti su quello Confindustriale
Il primo, inevitabile tema è l'Italia al tempo del Covid,
tra le difficoltà del presente e la ricetta per ripartire. Apre Bonomi:
“Oggi più che mai dobbiamo sederci intorno a un tavolo per fare un
patto per il Paese. A prescindere dalle differenze, le decisioni che
prendiamo influiranno nei prossimi trent'anni. Noi come parti sociali
abbiamo una grande responsabilità”. Così Landini: “È il momento di investire sul lavoro,
che in questi anni non è stato valorizzato: serve il rinnovo di tutti i
contratti nazionali nel pubblico e nel privato, ecco l'investimento
principale”.
La sostanza non cambia, padroni e sindacato rappresentativo sono
concordi su un punto saliente, ossia sulla necessità di un grande
accordo sul quale costruire l'Italia di oggi e domani, utilizzo dei
soldi europei (ma nessuno spiega le condizioni imposte al paese per
accettare questi soldi), senso di responsabilità e politica dei
sacrifici che riportano alla fine degli anni settanta quando si
costruirono le basi della debacle sindacale e politica favorendo
l'offensiva neoliberista dei padroni
Le parole pesano come macigni se manifestano una sorta di pensiero
unico che ormai accomuna quelli che dovrebbero rappresentare la forza
lavoro alle associazioni datoriali, un compromesso sociale che nella
storia del movimento operaio ha portato solo alla sconfitta dei
salariati
Il "senso di responsabilità" porterà a occultare le responsabilità e le
negligenze in epoca pandemica, salverà chi ha portato al collasso i
servizi e la sanità pubblica provocando la strage degli innocenti da
covid (circa 40 mila morti solo in Italia)
Il dialogo Bonomi e Landini lancia un segnale al Governo, si faccia
garante del confronto permanente tra sindacati e associazioni datoriali.
Quali sono le differenze tra Cgil e Confindustria?
La Cgil vuole prima sottoscrivere i contratti (riguardanti 12 milioni
di lavoratori\trici), per poi sedersi al tavolo che stravolgerà la
contrattazione nazionale, il welfare e il modello stesso di
rappresentanza sindacale assegnando un monopolio assoluto ai sindacati
rappresentativi, i contenuti di questo compromesso saranno a perdere con
atteggiamenti remissivi delle rappresentanze aziendali e delle Rsu
rispetto ai datori e al secondo livello di contrattazione costruito per
anni sottraendo salario e imponendo fondi bilaterale, previdenza e
sanità integrative, riducendo ai minimi termini il potere contrattuale e
di acquisto dei salariati.
Bonomi non è contrario alla firma dei contratti ma vuole solo
ottenere uno scambio, si accordano alcuni aumenti in cambio di un
aumento della produttività, delle mansioni esigibili trasformando di
fatto il salario in variabile dipendente dai profitti padronali, non
certo una novità ma solo il vecchio cavallo di battaglia di
Confindustria otto rinnovate forme.
Legare il salario alla produttività e al territorio con il ripristino
delle gabbie salariali contro le quali 50 anni fa la Cgil condusse una
grande battaglia e della quale oggi si è totalmente dimenticata.
Su un punto sono entrambi concordi, Landini e Bonomi, nella critica
all'esecutivo Conte che non farebbe abbastanza per garantire il dialogo
"costruttivo" e il segretario della Cgil, giusto per distinguersi dal
padrone di turno, rilancia l'argomento salariale come una necessità
neokeynesiana per la ripresa dei consumi
«Siamo il Paese che ha i livelli salariali più bassi e i livelli di
orario più alti», dice il leader della Cgil. «Pensare che attraverso il
welfare non aumentano più i salari è una cosa che non sta in piedi.
Insisto sui contratti nazionali non perchè siano alternativi alla
contrattazione aziendale ma perchè nel nostro Paese noi siamo fatti
anche di tante Pmi e il contratto nazionale rimane lo strumento che è in
grado di dare risposte a tutti, di alzare e unificare il livello di
qualità in senso generale».
E Bonomi? Confindustria vuole mettere le mani sui soldi europei, per
farlo ha bisogno del sostegno sindacale e di questo obiettivo non ne fa
certo mistero:
“Abbiamo bisogno subito delle risorse del Mes per fare una serie di
investimenti sulla sanità. E ha chiesto al Governo di «fare le scelte
necessarie, perché il Paese non può rimanere inchiodato a questa
discussione». Tanto più che «sul Dl Ristori abbiamo messo 5 miliardi,
con il Mes potevamo metterne 37 perché Il Mes copre anche i danni
indiretti sanitari. Se lo prendessimo potremmo quindi fare un decreto
Ristoro di 37 miliardi”
Sullo sfondo dei rinnovi contrattuali, ad insaputa dei lavoratori
annientati da cassa integrazione e crisi, sempre più precari e
insicuri, si gioca la grande partita del nuovo compromesso storico per
costruire un paese senza conflitto, con salario differibile e collegato
ai profitti aziendali e servizi sempre meno pubblici.
(da Giusti Federico)
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