Lo sfruttamento degli invisibili
Serge è uno delle migliaia di braccianti gravemente sfruttati in Italia. In tutto sono 400mila i lavoratori agricoli a rischio. Lo dice il quarto rapporto Agromafie e Caporalato-Osservatorio Placido Rizzotto Flai Cgil, che pubblichiamo in anteprima. In totale i braccianti nel nostro Paese sono circa
un milione. E i migranti si confermano una risorsa fondamentale. Nel 2017 ne sono stati registrati 286.940, circa il 28% del totale. A questi dati vanno aggiunte le stime sul sommerso: oltre 220mila stranieri che vengono assunti in nero o che hanno una retribuzione molto inferiore a quella prevista dai contratti nazionali.
Complessivamente, il business del lavoro irregolare e del caporalato in agricoltura vale 4,8 miliardi di euro. E il tasso di irregolarità è pari al 39%. Tanto che si calcola un'evasione contributiva di 1,8 miliardi. "Questi numeri - si legge nel rapporto - confermano, purtroppo, uno scenario simile agli anni precedenti". Nonostante la legge contro il caporalato approvata nel 2016. Anche se nel 2017, proprio grazie alle nuove norme, ci sono stati 71 arresti.
Al caporale tre euro per un panino
In tutto, oggi, sono 30mila le aziende che ricorrono all'intermediazione, circa il 25% del totale. Il caporale ingaggia i braccianti e viene pagato dal proprietario dell'azienda, ma anche dagli stessi lavoratori, che devono dargli una parte del loro compenso. E sono costretti a versare anche 5 euro di trasporto per arrivare al campo, 3 euro per il panino, 1,5 per una bottiglietta d'acqua.
Una paga di 20-30 euro al giorno
La paga media resta tra i 20 e i 30 euro al giorno, 3-4 euro l'ora, da 8 a 12 ore di lavoro (e spesso le ore pagate sono molte meno di quelle realmente lavorate), un salario inferiore di circa il 50% a quello previsto. Le donne, inoltre, percepiscono il 20% in meno rispetto ai loro colleghi. Nei gravi casi di sfruttamento, alcuni migranti percepiscono un salario di 1 euro l'ora. Serge, come gli altri, è uno schiavo. Ma è sempre meglio di non avere un lavoro, di non avere niente. O di tornare a casa.
da repubblica
Nessun commento:
Posta un commento