“Volevamo spiegazioni, hanno chiamato la polizia”
Ha testimoniato Antonio Olivieri, come testimone per la difesa dei braccianti dell'azienda Lazzaro, accusati di occupazione di proprietà privata e violenza. L'imprenditore agricolo, condannato in primo grado per maltrattamenti, ha nel frattempo querelato nuovamente i braccianti, chiedendo i danni per l'immagine
CRONACA – Volevano chiedere spiegazioni per quel
cartello affisso davanti ai cancelli dell'azienda e che
riportava la frase “Dal 17/8/2012 i marocchini dipendenti dell’azienda agricola
Lazzaro Bruno e Lazzaro Mauro cessano l’attività presso la suddetta azienda e
non lavorano più”!
Di spiegazioni non ne avevano avute, in compenso, qualche tempo, è arrivata la notifica con la quale i braccianti e il sindacalista Antonio Olivieri, si sono ritrovati imputati davanti al tribunale di Alessandria per tentativo di occupazione di proprietà privata e lesioni.
Ieri, davanti al giudice, a raccontare la vicenda è stato proprio Olivieri, che ha sostenuto fin dall'inizio, da quel caldo agosto di sei anni fa, la battaglia dei braccianti, per la maggior parte nordafricani, insieme al movimento del Presidio Permanente di Castelnuovo.
Olivieri ha nuovamente raccontato quali fossero le condizioni di lavoro dei braccianti, pagati pochi euro all'ora, senza possibilità di consumare il pasto (portato da casa) in locali idonei e ai quali non veniva fornita acqua (si approvvigionavano dalla canaline di irrigazione).
Ci fu una protesta, con un presidio lungo la strada e arrivarono le telecamere dei Tg nazionali. Così comparve quel cartello, che “licenziava” tutti, anche se in realtà non erano mai stati assunti. Quel giorno una ventina di persone, tra cui Olivieri, decise di varcare il cancello della proprietà, “per chiedere spiegazioni”. Ma i Lazzaro ebbero, forse, paura e chiamarono le forze dell'ordine.
La vicenda giudiziaria è proseguita tra denunce e querele: i fratelli Bruno Piero e Mauro Lazzaro sono stati accusati, e condannati in primo grado, dopo il patteggiamento, ad un anno e sette mesi, con la condizionale, per maltrattamenti e violazione delle norme sull'immigrazione, poiché nell'azienda lavoravano anche alcuni clandestini.
Da condannati, si trovano in questa tranche nel banco dell'accusa, avendo denunciato di aver subito lesioni e l'ingresso illegittimo dei manifestanti nella proprietà. Sono dalla parte dell'accusa anche in una ulteriore pagina giudiziaria, che li vede richiedere i danni d'immagine e morali per la protesta che, a loro dire, cagionò l'interruzione del contratto di fornitura con una società della grande distribuzione. Ieri, intanto, hanno ritirato la costituzione di parte civile all'interno del processo penale per l'occupazione e le lesioni. Non perchè abbiano in qualche modo “cambiato idea” sul presunto danno subito ma perchè, appunto, tale eventuale danno, sarà valutato nel procedimento parallelo, che sarà discusso il 7 dicembre 2018.
Per il processo penale contro i braccianti, invece, la prossima udienza, in cui saranno ascoltati altri testimoni, l'udienza è fissata per marzo 2019.
Di spiegazioni non ne avevano avute, in compenso, qualche tempo, è arrivata la notifica con la quale i braccianti e il sindacalista Antonio Olivieri, si sono ritrovati imputati davanti al tribunale di Alessandria per tentativo di occupazione di proprietà privata e lesioni.
Ieri, davanti al giudice, a raccontare la vicenda è stato proprio Olivieri, che ha sostenuto fin dall'inizio, da quel caldo agosto di sei anni fa, la battaglia dei braccianti, per la maggior parte nordafricani, insieme al movimento del Presidio Permanente di Castelnuovo.
Olivieri ha nuovamente raccontato quali fossero le condizioni di lavoro dei braccianti, pagati pochi euro all'ora, senza possibilità di consumare il pasto (portato da casa) in locali idonei e ai quali non veniva fornita acqua (si approvvigionavano dalla canaline di irrigazione).
Ci fu una protesta, con un presidio lungo la strada e arrivarono le telecamere dei Tg nazionali. Così comparve quel cartello, che “licenziava” tutti, anche se in realtà non erano mai stati assunti. Quel giorno una ventina di persone, tra cui Olivieri, decise di varcare il cancello della proprietà, “per chiedere spiegazioni”. Ma i Lazzaro ebbero, forse, paura e chiamarono le forze dell'ordine.
La vicenda giudiziaria è proseguita tra denunce e querele: i fratelli Bruno Piero e Mauro Lazzaro sono stati accusati, e condannati in primo grado, dopo il patteggiamento, ad un anno e sette mesi, con la condizionale, per maltrattamenti e violazione delle norme sull'immigrazione, poiché nell'azienda lavoravano anche alcuni clandestini.
Da condannati, si trovano in questa tranche nel banco dell'accusa, avendo denunciato di aver subito lesioni e l'ingresso illegittimo dei manifestanti nella proprietà. Sono dalla parte dell'accusa anche in una ulteriore pagina giudiziaria, che li vede richiedere i danni d'immagine e morali per la protesta che, a loro dire, cagionò l'interruzione del contratto di fornitura con una società della grande distribuzione. Ieri, intanto, hanno ritirato la costituzione di parte civile all'interno del processo penale per l'occupazione e le lesioni. Non perchè abbiano in qualche modo “cambiato idea” sul presunto danno subito ma perchè, appunto, tale eventuale danno, sarà valutato nel procedimento parallelo, che sarà discusso il 7 dicembre 2018.
Per il processo penale contro i braccianti, invece, la prossima udienza, in cui saranno ascoltati altri testimoni, l'udienza è fissata per marzo 2019.
(Nella foto d'archivio i braccianti durante un presidio davanti al tribunale in occasione di una delle udienze)
19/07/2018
I.N. - irene.navaro@alessandrianews
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