Dopo
otto giorni di silenzio, finalmente Gabriele Del Grande riesce a
rompere l'isolamento e a dare notizie sulla sua detenzione in Turchia.
Il regista e blogger, arrestato dalle autorità turche e tenuto in stato
di fermo in un centro di identificazione ed espulsione, soltanto dopo 8
giorni ottiene il diritto di fare una telefonata alla sua compagna per
dare informazioni sul suo stato di salute. Il giornalista è stato
fermato con il pretesto di trovarsi in una zona di confine senza alcun
permesso ufficiale mentre intervistava alcuni profughi siriani in fuga
dall'ISIS. Nonostante non gli venga contestato alcun reato in
particolare le autorità turche non gli concedono la possibilità di
nominare un avvocato e di sapere quanto durerà la sua detenzione.
Da qui l’annuncio: "Sto
bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno
sequestrato il mio cellulare e le mie cose, sebbene non mi venga
contestato nessun reato. Da stasera inizio lo sciopero della fame e
invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei
diritti"
Immediata la
reazione del padre Massimo che punta il dito sulla Farnesina colpevole
di impotenza e incapacità di intervenire per il rilascio di Gabriele:
“Che cosa dire ancora? Non lo so nemmeno io, la cosa evidentemente non è
così semplice e lineare come ci era stato fatto pensare, mi chiedo a
cosa servano un’ambasciata e un consolato se non riesce a sapere come
stanno davvero le cose. Non è lì per far del male a qualcuno, lui fa lo
scrittore e il giornalista, non è un terrorista, lo devono rimandare a
casa, ha una moglie e due bimbi piccoli che lo aspettano."
Il
Ministro degli Esteri Alfano, brancolando nel buio, spera nella visita
consolare che nei prossimi giorni dovrebbe far visita a Mugla, luogo
della detenzione. Sui social parte la campagna
#iostocongabriele che conta già centinaia di solidali verso il blogger,
mentre nelle piazze in questi giorni si stanno organizzando decine di
sit-in e cortei per il suo rilascio dall’illegale detenzione nelle
carceri turche di Erdogan.
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