APPUNTI SUL G7 DI LUCCA.
- stralci da un articolo apparso su infoaut
Partiamo
da un assunto: l'idea che i ministri degli esteri del G7 si
riunissero
in santa pace per discutere nuove guerre era, è stata e resta semplicemente
inaccettabile.
in santa pace per discutere nuove guerre era, è stata e resta semplicemente
inaccettabile.
.... i bombardamenti USA in Siria e le
nuove sirene di guerra che
minacciano un mondo a cui le “potenze” guardano come lo
scacchiere di un risiko, è il presente a richiamarci all'urgenza
del nostro agire contro. E se è vero che per fermare la loro guerra
abbiamo bisogno prima di tutto di rompere la loro pace,
è evidente che la manifestazione di Lucca non poteva
limitarsi alla testimonianza. Se è vero che di fronte all'orrore
non bastano like e share da indirizzare verso nemici spesso
troppo lontani, il corteo di Lucca ha avuto il merito importante
di riuscire a indicarli, sfidarli, mettere in discussione la loro
inattacabilità. Non poco.
minacciano un mondo a cui le “potenze” guardano come lo
scacchiere di un risiko, è il presente a richiamarci all'urgenza
del nostro agire contro. E se è vero che per fermare la loro guerra
abbiamo bisogno prima di tutto di rompere la loro pace,
è evidente che la manifestazione di Lucca non poteva
limitarsi alla testimonianza. Se è vero che di fronte all'orrore
non bastano like e share da indirizzare verso nemici spesso
troppo lontani, il corteo di Lucca ha avuto il merito importante
di riuscire a indicarli, sfidarli, mettere in discussione la loro
inattacabilità. Non poco.
Centinaia di persone da tutta la
regione – in un difficile lunedì
pomeriggio – sono scese nelle strade di Lucca determinate a
contestare il vertice. Nonostante i divieti, le zone rosse e
la militarizzazione. Nonostante l'intenzione dichiarata della controparte
di proseguire – dopo il 25 di marzo – nel tentativo di affermare una
pacificazione del dissenso nelle piazze: ovvero che a decidere quando,
come e dove manifestare sia la controparte stessa. E proprio dopo la
giornata del 25 di marzo era a maggior ragione necessario affermare
che si può fare, che sui territori, nelle lotte, è viva un'indisponibilità nei confronti di questo disciplinamento, un'istanza di attacco.
pomeriggio – sono scese nelle strade di Lucca determinate a
contestare il vertice. Nonostante i divieti, le zone rosse e
la militarizzazione. Nonostante l'intenzione dichiarata della controparte
di proseguire – dopo il 25 di marzo – nel tentativo di affermare una
pacificazione del dissenso nelle piazze: ovvero che a decidere quando,
come e dove manifestare sia la controparte stessa. E proprio dopo la
giornata del 25 di marzo era a maggior ragione necessario affermare
che si può fare, che sui territori, nelle lotte, è viva un'indisponibilità nei confronti di questo disciplinamento, un'istanza di attacco.
La spinta su Porta San Iacopo è
arrivata dopo l'annunciata intenzione dei manifestanti di non
accettare divieti, ovvero dopo aver rifiutato di affrontare le
limitazioni alla libertà di manifestare nel privato delle stanze
della questura, dove non vinciamo mai. Ancora un volta,
l'idea che la libertà di manifestare sia essa stessa un nodo
politico dirimente da sviluppare nel senso della contrapposizione, a
partire dalla sua capacità di sintonizzare l'iniziativa antagonista
con un'insofferenza diffusa verso ilnon contare nulla e il non avere
voce (che fa da cornice a ogni sofferenza sociale), è quella
che paga.
Il pugno duro del ministro Minniti deve
rappresentare una sfida da giocarsi sul campo, e la giornata di Lucca
dà un contributo piccolo ma importante per mantenere aperte delle
possibilità e continuare a indicare un orizzonte di conflitto e di
riscatto, rilanciando la spinta di chi non vuole più essere espulso
dagli spazi in cui si decide.
Il punto è questo: è inutile
denunciare la repressione se non si prova a rompere un rapporto di
disciplinamento che può incepparsi solo a partire dalla nostra
indisponibilità ad accettarlo.
E'
inutile denunciare il terrorismo mediatico se – come alcune realtà
“di movimento” continuano a fare nei giorni precedenti a ogni
contestazione in odore di conflitto – si è i primi ad alimentare
la paura e scoraggiare l'emersione di questa indisponibilità. Chi lo
fa, agisceoggettivamente in armonia con la controparte, che mira
esattamente a disincentivare la partecipzione a quelle piazze che si
pongono obiettivi reali e scomodi, rifiutando di ridurre i cortei a
sfilate nel deserto.
La controparte dice “vi
massacreremo”. Costoro dicono “ci faranno massacrare!”. La
controparte dice: “arresteremo tutti”. Costoro ripetono: “sono
pazzi, ci faranno arrestare tutti!”. Bene, qual è la differenza?
Forse solo una. Perché sono questi
“compagni” a prendersi la responsabilità di dire quello che la
controparte può solo sottintendere: “è meglio che tu non ci
vada”... e chiudere il cerchio della repressione (o della
depressione?). Per poi scoprirsi tutti – ogni volta
– strateghi militari del giorno dopo...
Per fortuna, in realtà, Lucca ci
dimostra che è possibile sfidare questo presente, con umiltà e
determinazione, affrontando col sorriso sul volto qualche contusione
e qualche ora passata in questura. E sarebbe anche l'ora di rendersi
conto che senza questo spirito non solo ogni lotta è già persa, ma
è molto probabile che nessuna lotta inizi mai veramente. Quando
mai nella storia è stato diversamente? Ribellarsi ha sempre avuto
rischi e costi. E il costo che paghiamo alle nostre latitudini è ben
lontano da quello dei nostri che – dalla Siria
all'America Latina – sono abituati a mettere quotidianamente in
gioco la propria vita per un progetto di trasformazione. Allora
dire che “non abbiamo più spazi e possibilità di azione
politica”, non solo è falso e non serve ma, se non sostanziato –
al di là della sacrosanta denuncia pubblica – dallo scontro per
contendersi e conquistarsi questi spazi, rimane solo un buon
argomento per giustificare l'immobilismo (perché per fare
movimento non basta muoversi, ma muoversi fuori dal campo della
compatibilità).
E' con lo spirito giusto che questa
nuova generazione – non intesa in senso anagrafico – di
soggettività cresciute nelle lotte sui territori degli ultimi anni,
quella che lunedì componeva i cordoni che ricompattavano il corteo
dopo le cariche, guarda ai fatti di Lucca. Perché all'ordine
del giorno non c'è la paura di perdere qualche sicurezza dell'oggi,
ma l'urgenza di rompere quel circolo vizioso tra debolezza–sensazione
di impotenza–immobilismo attraverso la pratica del conflitto e
dell'organizzazione antagonista. Tutto il resto, è noia.
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