Contro tutti i governi
imperialisti europei
Contro i Brexit
fascisti e revisionisti
Lotta di classe - via
rivoluzionaria al socialismo
Internazionalismo.
L'imperialismo
e i suoi governi, in ogni latitudine continuano ad attraversare una
profonda crisi economico finanziaria, politica e sociale.
Tutti
i governi imperialisti scaricano la crisi sui proletari e le masse
popolari all'interno e proseguono con l'aggressione imperialista
all'esterno verso le nazioni e i popoli oppressi.
Proletari
e popoli oppressi hanno bisogno di unirsi contro tutti i governi
imperialisti per difendere le proprie condizioni di vita e di lavoro,
per respingere le guerre di aggressione imperialista, per rovesciare
le forze che all'interno sostengono e colludono con i governi
reazionari a servizio dell'imperialismo.
Le
forze riformiste e piccolo borghesi operano all'interno delle lotte
proletarie e dei popoli per guidarle a sostegno di un imperialismo
contro l'altro, per proporsi come agenti alternativi al servizio
degli stessi interessi.
Se i
governi e gli Stati imperialisti sono uniti contro proletari e
popoli, sono divisi tra di loro in una
contesa infinita che ha come “bottino” le fonti energetiche e le materie prime e il controllo dei mercati mondiali. Questa contesa ha come scopo costante una nuova ripartizione del mondo tra le grandi potenze, in cui il ruolo di imperialista egemone lo svolgono gli Usa.
contesa infinita che ha come “bottino” le fonti energetiche e le materie prime e il controllo dei mercati mondiali. Questa contesa ha come scopo costante una nuova ripartizione del mondo tra le grandi potenze, in cui il ruolo di imperialista egemone lo svolgono gli Usa.
L'imperialismo
è guerra, e ogni contesa per una nuova spartizione ha come esito
finale, sempre e comunque, la guerra; guerre interimperialiste,
guerre per conto dell'imperialismo, guerre reazionarie, guerre contro
il popolo.
Proletari
e comunisti non hanno altra strada che lottare contro gli
imperialisti di ogni tipo, contro le loro guerre, contando sulle
proprie forze e sulla costruzione dell'unità internazionale tra
proletari e popoli oppressi.
Questa
strada è ostacolata e combattuta, non solo come è naturale dagli
imperialisti e dai loro governi, diretti o asserviti, ma oggi anche e
soprattutto dalle forze reazionarie che vogliono indirizzare la lotta
dei proletari e dei popoli verso il fascismo o nuove forme di
dittatura reazionaria a direzione dell'integralismo islamico; così
come dalle
forze riformiste e socialdemocratiche, revisioniste, travestite da
forze di liberazione o da forze sedicenti “comuniste” che operano
per mantenere la lotta dei proletari e delle masse nell'ambito della
democrazia borghese, della via elettorale, della via pacifica o del
riformismo armato di stampo socialdemocratico.
La
vicenda Brexit non può che essere vista in questo contesto per
orientarsi correttamente, e domanda ai comunisti, alle avanguardie
proletarie e rivoluzionarie una solida posizione alternativa non solo
alle varie facce dell'imperialismo, ma anche alle varie facce delle
“opposizioni” falso comuniste o falso progressiste.
In
Europa le borghesie, i governi, gli Stati imperialisti sono da sempre
impegnati nel costruire una unità che permetta al blocco
imperialista europeo di colludere e competere con l'imperialismo Usa,
russo, Cina, Giappone, ecc. Ma questa unità non è né può mai
essere solida perchè all'interno della UE si sviluppa una contesa
tra le stesse borghesie imperialiste europee.
Questo
dato mina costantemente all'interno i progetti unitari di
“imperialismo europeo”. In questo senso l'imperialismo più forte
in Europa, la Germania, punta esso stesso a divenire una superpotenza
e svolge, quindi, una egemonia economica, politica, finanziaria –
non militare attualmente – per imporre politiche unitarie che siano
compatibili con il ruolo e l'ascesa dell'imperialismo tedesco. Gli
altri paesi imperialisti cercano all'interno di questa alleanza, per
loro inevitabile perchè dotati di forza minore, di difendere i loro
interessi. In questo senso gli organi superpartes costruiti dentro la
UE sono, allo stesso tempo, espressione degli interessi
dell'imperialismo tedesco e dei livelli di conciliazione con esso
degli altri paesi imperialisti.
Della
dimensione europea dell'imperialismo fa parte l'imperialismo
britannico che, dati i propri legami storici organici esistenti con
l'imperialismo americano, è da sempre con un piede dentro e un piede
fuori l'unità europea. Il piede dentro dell'imperialismo della GB è
utilizzato per ottenere di volta in volta maggiore conciliazione con
i propri interessi specifici.
Questa
politica è stata sempre portata avanti dall'imperialismo britannico,
qualunque sia il tipo di governo, conservatore o laburista esistente
in Gran Bretagna, e l'imperialismo britannico ha sempre tentato, ora
esplicitamente ora implicitamente, di addebitare alla UE la propria
politica antiproletaria e antipopolare e la propria azione
imperialista su scala internazionale, dove per altro la GB opera in
stretta alleanza con gli Usa.
All'interno
della GB l'approfondimento della crisi economica, politica e sociale
ha sviluppato un'ampia serie di forze reazionarie che vogliono un
perseguimento ancora più radicale degli interessi dell'imperialismo
britannico, fuori dai vincoli UE, per forzarli ancora più a destra
in senso antioperaio e antipopolare.
Per
questo il referendum è stato un braccio di ferro tra le forze della
trattativa con gli altri governi imperialisti europei, nel quadro UE,
e le forze che perseguono una rottura non solo ad uso internazionale
ma soprattutto ad uso interno, forze nazionaliste, socialscioviniste
e di aperto stampo fascista all'inglese. Queste facendo leva sulle
contraddizioni con la UE, puntano ad affermare una politica ancora
più antioperaia e antipopolare e soprattutto una politica anti
immigrati, razzista e xenofoba, che cavalca il disagio delle masse
per unirle sotto la bandiera “only british first” che viene
sostenuta dalle forze più esplicitamente reazionarie che dilagano in
tutta Europa, e in alcune paesi sono vicine alla conquista del
governo. Queste forze hanno vinto il referendum Brexit e
rappresentano un nuovo e più esteso focolaio della marcia
reazionaria moderno fascista all'interno dell'Inghilterra e dei paesi
imperialisti in generale.
Per
questo, la vittoria di queste forze in Inghilterra spinge gli altri
governi imperialisti europei dominanti, da un lato a contenere i
danni e cercare le formule di accordi economico finanziari che
possano evitare l'aggravamento della crisi e il collasso complessivo
dell'alleanza instabile rappresentata dalla UE; dall'altro però
vogliono approfittare del Brexit per rafforzare il proprio dominio
economico, politico, finanziario, istituzionale, ecc. ai danni dello
stesso imperialismo inglese.
La
Germania diventa, così, sempre più forte, l'alleanza franco tedesca
ne viene rafforzata e l'Italia imperialista, da sempre socio minore,
ora vede l'opportunità per diventare “socio maggiore”.
Questo
non fa che alimentare la contesa e spinge sui grandi problemi a
differenziare gli interessi tra gli Stati e i governi imperialisti,
sviluppando una spirale di azione e reazione che sullo sfondo porta
un intervento sempre maggiore negli affari europei degli Usa, della
Russia e della Cina e ad un'altra tappa della contesa guerrafondaia.
Ma è
dal punto di vista dei proletari e delle masse popolari che il voto
Brexit porta i maggiori danni.
In
Inghilterra è facile vedere che, sia se procede il governo
conservatore post Cameron, sia se i laburisti tornino in un quadro di
unità nazionale al governo per la “salvezza dell'impero”, sia
che tutte e due collassino di fronte all'avanzata reazionaria
dell'Ukip, sul piano economico non possono che perseguire un attacco
ancora più profondo alle legislazioni antioperaie e antipopolari.
Sul piano della legislazione interna i padroni inglesi si sono sempre
lamentati per gli eccessi di tutela dei lavoratori degli altri paesi
europei e quindi in GB si va verso Loi Travail, Jobs act ancora
peggiori. Sul fronte della politica sull'immigrazione e sui livelli
di accoglienza degli stranieri, dei giovani europei, ecc. ora,
qualsiasi governo post Brexit cancellerà queste
tutele e
cercherà di fare della GB una nuova terra della xenofobia
imperialista che sarà fortemente attrattiva nel seguire a tappe
forzate la stessa strada verso una gran quantità di paesi
all'interno dell'attuale UE.
Negli
altri paesi imperialisti gli elementi di crisi temporanea che la
questione Brexit comporta saranno ulteriormente utilizzati per
proseguire in forme anche emergenziali le politiche che già si
attuano in sede UE nell'interesse di tutti i padroni europei.
Anzi,
sul fronte dell'immigrazione e della xenofobia anche i governi
imperialisti più forti utilizzeranno al Brexit per togliere
ulteriormente la maschera alle politiche razziste antimmigrati.
Ma
tutto ciò non deve spaventare. Solo chi ha fiducia nell'imperialismo
e nei suoi governi e considera che queste politiche siano dettate
dall'ultimo nome del presidente del consiglio e non dagli interessi
strutturali delle borghesie imperialiste, può pensare che i governi
modifichino le proprie politiche sulla base di un risultato
elettorale, referendario interno. La parola su questo è invece
unicamente affidata alla lotta di classe, al dilagare degli scioperi,
delle lotte operaie, delle rivolte delle periferie, dei giovani,
uniche armi per rispondere, contrastare, ostacolare le politiche
dell'imperialismo.
Così
come solo la capacità di trasformare queste lotte, di indirizzarle
verso un'alternativa rivoluzionaria di potere può mettere realmente
in crisi i governi imperialisti europei in ogni paese e l'insieme
instabile dei governi imperialisti in Europa.
Però
la Brexit ha messo in luce altri elementi che in qualche misura
impongono che la strada delle lotte sia ripulita dalle infezioni
fasciste e riformiste, revisioniste.
Il
voto Brexit alimenta l'avanzata governativa delle forze reazionarie,
gli dà maggior strumenti per raccogliere un consenso intorno a sé,
per pescare non solo nei tradizionali ceti di riferimento ma anche
nelle devastate terre del popolo.
Per
questo non può bastare la lotta sociale, la rivolta giovanile e
proletaria, bisogna che esse siano su basi di classe e che non diano
spazio alle demagogia populiste anti UE dell'estrema destra nelle
fila proletarie e popolari.
L'elemento
grave che ha messo però in luce il voto Brexit è il passaggio di
campo di forze di sinistra, sindacali e politiche, di gruppi
sedicenti comunisti, marxisti-leninisti, di pezzi di movimento che
hanno approfittato della vicenda Brexit per mostrare la loro vera
natura e di cosa sono realmente fatte le loro parole d'ordine
sedicenti anticapitaliste, sedicenti anti euro, anti UE. Esse sono
divenute arnesi della peggiore linea elettoralista, nazional
sciovinista che nessuna veste, abito indossato può mascherare e i
cui danni nell'attuale situazione sono molto gravi perchè
disorientano fette di movimento,le quali vengono portate sul terreno
che è di abbandono della lotta di classe contro i propri padroni,
contro il proprio imperialismo, della via della lotta per la
rivoluzione proletaria e socialista, e di abbandono
dell'internazionalismo proletario, che diventa per costoro l'alleanza
dei “nazionalismi proletari” che sempre il marxismo, il leninismo
hanno considerato componenti del passaggio dei falso socialisti nel
campo dell'imperialismo.
Questo
arcipelago di forze di sinistra, al di là della volontà soggettiva
e dell'impegno nelle lotte di numerosi militanti, sono arnesi
inservibili per la lotta necessaria oggi.
Per
questo è necessario delimitare nettamente il campo tra comunisti e
revisionisti di qualsiasi specie, costruire il fronte unito delle
masse, liberandosi delle mosche cocchiere dell'imperialismo, e,
soprattutto, costruire l'iniziativa rivoluzionaria autentica, nel
contesto tumultuoso della crisi che si approfondisce, delle
contraddizioni interimperialiste, delle esigenze travolgenti dei
proletari, della gioventù ribelle, delle masse di migranti, che
caratterizzano al situazione interna dei paesi imperialisti europei.
proletari comunisti - PCm Italia
luglio 2016
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