È il caso di ritornare sulla manifestazione del 25
giugno della campagna 'Pagine contro la tortura', evidenziando quegli
aspetti che alcuni media, hanno deliberatamente distorto o oscurato,
sminuendo, in qualche caso denigrando, il significato di quella
manifestazione.
Ciò che è emerso chiaramente prima e dopo il 25
giugno, è stato il rifiuto di misurarsi nella discussione sulla
denuncia che la campagna ha sollevato: la realtà intollerabile delle
condizioni di detenzione nelle carceri italiane, l’ancor più
disumana condizione imposta dal 41 bis, la prassi innominabile della
tortura “bianca” (e non solo “bianca”) che arriva perfino a
negare libri ai detenuti, i prigionieri politici usati come ostaggi e
il carcere come spauracchio contro le lotte sociali. Questioni che
tutti dovrebbero avere interesse a conoscere e cambiare, non solo gli
“antagonisti ed ex brigatisti”.
Anche per questo la manifestazione del 25 giugno a
l’Aquila, è stata forse la più difficile, anche solo da
costruire, della campagna “Pagine contro la tortura” e il suo
risultato va considerato
senz’altro positivo.
È stata una manifestazione dignitosa, necessaria e
coraggiosa, in un clima crescente di repressione generalizzata, che
nelle città di provincia aumenta a dismisura la sua funzione di
deterrenza dalle lotte e dalla solidarietà, con la paura, la
differenziazione tra “buoni e cattivi”e l’isolamento di chi
lotta. Abbiamo vinto tutto questo con la forza delle nostre ragioni e
della nostra volontà.
Anche solo per poche ore e circondati da una cintura
di forze di polizia semplicemente grottesca per il numero e
l’atteggiamento “muscolare”, abbiamo rotto il silenzio e la
nostra voce è arrivata ai prigionieri, che ci hanno salutato,
sventolando dalle finestre a bocca di lupo quello che avevano:
fazzoletti, indumenti, perfino una stoffa rossa, il colore della
nostra solidarietà.
Chi ha blindato una città, chi ha parlato di flop
della manifestazione, ha in realtà spogliato un re, mettendo a nudo
la vera faccia di questo sistema, che con il populismo penale da un
lato e la guerra dall’altro, serve tutt’altri interessi di quelli
di un popolo “libero e forte”, perché ne mina alla base anche la
carta costituzionale.
La giornata di manifestazione è passata, le ragioni
per cui ci siamo mossi anche da città lontane, restano. E anzi
rilanciamo la sfida a misurarsi con queste, non a nascondersi dietro
la “preoccupazione” o la complicità dell’indifferenza.
Questa manifestazione è stata per noi l'inizio (e
non la fine) di una battaglia che deve proseguire, per la lotta
contro la repressione, per la difesa delle condizioni nelle carceri,
per la liberazione dei prigionieri politici. Una battaglia che
vorremmo far ripartire il prossimo autunno dall’Aquila, città
sempre più deserta ma dal carcere sempre più affollato e inumano.
Quale luogo sarebbe più adatto?
Luigia De Biasi (per MFPR e SRP)
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