Uno degli editoriali del sole24ore di ieri, domenica 3 giugno, dal titolo “Perché la divisione dei poteri va mantenuta” fa ammissioni molto importanti sulla mancanza di democrazia che si sta sviluppando attualmente nel mondo prendendo in considerazione, in questo caso, la progressiva abolizione della “divisione dei poteri”, e cioè la teoria politica sviluppata storicamente dalla borghesia come forma “normale” di governo.
Schematizziamo l’impostazione riportando alcuni passi che sottolineiamo:
- la depressione economica sta aumentando disuguaglianze, disoccupazione e povertà soprattutto nel mondo occidentale provocando un
- deficit di democrazia e questo si dimostra ogni giorno di più per esempio con
- l’abbandono della divisione dei poteri (Legislativo, Esecutivo, Giudiziario); divisione dei poteri che “a detta di politologi, economisti e politici, costituirebbe un grave intralcio ai maggiori e arbitrari poteri dell'Esecutivo…”; “Non è un caso la costante equiparazione tra le regole dello Stato e quelle dell'impresa, le cui strutture decisionali possono essere sì più rapide ed efficienti, ma non rispondono ai principi della democrazia”. La fabbrica, l’impresa, quindi, non risponde ai principi della democrazia e Marchionne per esempio incarna al meglio questo fenomeno.
Per rafforzare le proprie posizioni il giornalista prende a sostegno un libro di due americani che parlano degli Stati Uniti dove il potere del governo è diventato via via sempre più forte a scapito del parlamento (Congresso) e governano attraverso quello che può essere definito lo “stato di eccezione”. Secondo loro dovrebbero essere rivisti i concetti fondamentali delle democrazie costituzionali occidentali e sostituire alla “regola della legge” la “regola della politica” che dovrebbe limitare gli abusi sia del Governo che di tutti gli apparati statali e cioè “Il complesso di quel che ho spesso chiamato "il Leviatano tecno-burocratico", di per sé indipendente e senza controllo…”, “Che dire poi quando l'esecutivo è rappresentato dai cosiddetti governi tecnici, che non affidano il loro futuro alle elezioni...” e il giornalista continua:
“È inutile che sottolinei la pericolosità di questo sistema della "regola della politica", che non deve in nessun caso sottrarsi alla regola del diritto. Il grave abbandono del principio fondamentale delle democrazie costituzionali sta provocando una profonda corruzione persino nel sistema americano… Ed è questa corruzione della classe politica che ha come conseguenza la perdita di fede nei processi della democrazia, la disaffezione al voto e la rabbia o il disgusto verso il sistema politico, in America come in Europa e in Italia.
Un altro concetto importante è quello del "radicamento legale dell'illegalità”, prosegue infatti il giornalista:
“Il secondo fenomeno a riprova della difficoltà di soluzione della crisi e del conseguente deficit di democrazia è quello del "radicamento legale dell'illegalità".
Nelle zone grigie della società “si annida sovente l'illegalità, intesa non solo come rottura della legge esistente, ma anche come inosservanza dei principi fondamentali della democrazia costituzionale e delle regole di base del sistema.”
“Si pensi ad esempio, anche nel nostro Paese, a tutta la disciplina dei mercati finanziari e del sistema bancario, dove larghe sacche di inefficienza al limite dell'illegalità sono considerate assolutamente legali o indifferenti alla legge.”
“In Italia poi, in modo particolare, anche il sistema di corruzione pare venire giustificato e tollerato dall'economia del dono di beni o servizi e non solo con l'ottenimento di favori e con dazioni di denaro, ma semplicemente con una rete di relazioni. Alla fine i forti interessi della finanza riescono via via a condizionare i poteri esecutivi, che spesso li seguono paradossalmente giustificandosi con la loro funzione salvifica nei confronti dei mercati. La corruzione si estende poi, in non pochi casi, come una piovra dalla politica alla società civile...”
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