15 giugno, tutti in tribunale
Per Gigi, morto di carcere
Gigi è morto di carcere, luogo dove la violenza e il sopruso diventano norma.
Il carcere dove era rinchiuso Gigi è il famigerato Mammagialla di Viterbo dove in cinque stavano seguendo il processo a loro carico che si svolge al tribunale di Roma e dove non è disponibile una sezione AS2, il regime di alta sicurezza previsto per chi è accusato di associazione sovversiva.
Per questo erano detenuti in un reparto insieme ai comuni, ma senza poterli né incontrare e comunicarci, né accedere con loro agli spazi comuni. Secondo il regolamento carcerario, avrebbero quindi dovuto fare l’aria a turno, o i politici o gli altri; così, per evitare di gravare, loro cinque, su varie decine, ci hanno rinunciato, con il risultato che passavano le loro quattro ore quotidiane di socialità in un’unica cella, ma in quattro, escludendone uno a rotazione perché non è consentito, in ogni caso, starci in più di quattro alla volta.
In quello stesso carcere, il medico ha ritenuto che un infarto si curasse con un diuretico, un infarto, peraltro, dai sintomi tipici (dolori alla parte sinistra del petto e pressione arteriosa molto elevata)
Si potrebbero aggiungere al quadro molti altri elementi ed episodi quotidiani che fanno capire quanto il Mammagialla, come tutte le carceri, siano luoghi di tortura e che spesso non sono noti perché semplicemente compongono la materialità della vita dentro una prigione.
Per questo la morte di Gigi non è un fatto che interessa solo gli amici, ma colpisce tutti, consapevoli del fatto che il carcere, nato per nascondere alla società democratica le sue contraddizioni, è un luogo dove ogni giorno si perpetuano abusi e vessazioni, dove lo Stato esercita la sua violenza più pura, senza nemmeno tentare di nasconderla, annientando i pensieri e riducendo le volontà al silenzio, generando quell’abbrutimento per cui spesso nemmeno ci si batte di fronte alla bestialità.
Di tutto questo si nutrono quanti collaborano a questo sistema, di tutto questo sono complici.
E la nostra incapacità di reagire agli attacchi della repressione, non aiuta chi è dentro ed anzi ne facilita l’isolamento in cui la prevaricazione viene perpetrata senza conseguenze, se non per i detenuti.
Per Dino, Massimo, Gianfranco e Bruno, come per tutti coloro che devono passare una parte della loro vita rinchiusi, la condizione non è cambiata.
La scorsa udienza, i coimputati di Gigi non hanno voluto partecipare al rituale farsesco del processo, per protesta e per dolore.
La prossima si terrà il 15 giugno presso il tribunale di Roma in piazzale Clodio. Per chi volesse portare la propria solidarietà e la propria vicinanza con la presenza in aula, l’appuntamento è alle ore 9 davanti al tribunale.
Assemblea contro il carcere e la repressione
Nessun commento:
Posta un commento