Scontri alla Scala: è il solito Stato di polizia.
Dalla cavalcata delle Walkirie a quelle di carabinieri e polizia.
Ieri in piazza della Scala abbiamo assistito alla solita, unica risposta di questo governo, di questo Stato: alla richiesta di diritti la soluzione è la repressione.
Periodo caldo, a dispetto delle temperature rigide e giornate innevate e piovose, questo per Milano. Sembra quasi di essere tornati agli anni settanta.
Tra Aler e Comune che “concedono” sedi pubbliche a gruppi neofascisti; teppisti in divisa scatenati nella caccia a studenti e lavoratori, che perdono il lavoro e il diritto al futuro; guerra agli immigrati, da via Imbonati fino a sconfinare a Brembate; in questa drammatica situazione la ricca borghesia e una classe politica corrotta, vuole divertirsi e godersi lo spettacolo della prima della Scala. Qualche giornale stamani titola che gli studenti se l’erano preparata bene, fumogeni e petardi, mentre glissavano sul fatto che Piazza della Scala e tutte le vie attorno erano state militarizzate stile Genova 2001 (450, ma forse molti di più, tra poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa, che nervosamente agitavano i manganelli, avevano sguardi da invasati tanto che qualcuno diceva “ma sono drogati”). Un numero esagerato di digossini, 40/50?, infiltrati in tutta la piazza che “scrutavano”-“ascoltavano”, per “prevenire” chissà quale sommossa popolare. Nessun giornalista ha “notato” la manovra orchestrata dalla questura che intorno alle 15.30 ha spezzato in due il fronte degli studenti, con in mezzo i lavoratori dello spettacolo proveniente da tutto il Paese, al di là delle contraddizioni interne, per impedire che vi fosse un fronte di protesta unitario e visibile, “non si può disturbare il divertimento delle signore in pelliccia”. Così come i cronisti non “notavano” l’indaffarato va e vieni della digos, da una parte all’altra della piazza, per impedire che i lavoratori e gli immigrati di via Imbonati, accorressero in supporto degli studenti, caricati vigliaccamente davanti e alle spalle.
Altro particolare “sfuggito” alle cronache dei media erano le parole di una rappresentante del Comitato Immigrati, che dall’alto di una copia in miniatura della Torre Imbonati, ricordava, tra le lacrime, la deportazione ed espulsione del marocchino sceso dalla Torre. Ma che, asciugandosi le lacrime, gridava che la lotta non era finita e che tutto questo non era frutto di leggi razziste, ma l’agire di un governo di fascisti, e che alla richiesta di parlare con il Presidente Napolitano non avevano ricevuto risposta alcuna.
Dopo le due/tre cariche la situazione è tornata “tranquilla”, ma con una strisciante tensione che si percepiva a pelle. Due le questioni rimaste in sospeso: studenti che volevano continuare a farsi sentire e il deflusso degli immigrati che giustamente diffidavano delle cosiddette forze dell’ordine, visto il trattamento subito dagli immigrati in lotta. Si è così improvvisato un corteo per condurre tutti alla metro.
In questo frangente si è innalzata di nuovo la tensione, con polizia e carabinieri che chiudevano in un imbuto i circa 200 manifestanti e ostruendo la strada verso la metro con i blindati. Una ventina di
minuti di spettacolo quasi surreale che comunque non ha intimidito i presenti. Il tutto si è concluso con piccoli tafferugli con gli studenti che, giustamente, volevano portare la protesta alla vicina
Fiera degli Oh Bej Oh Bej, dove qualcuno è arrivato. Dopo di che è calato il “sipario”
i compagni di Milano
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