Il primo numero è stato quello
che riguarda i soldi che le persone hanno speso di meno in un anno, quello dei “consumi”
e che smentisce le previsioni del governo: «Nel 2024 sono spariti 3,2
miliardi di euro di consumi attesi rispetto alle stime del governo nel Def di
aprile.”
3 miliardi e 200 milioni di
consumi in meno! Significa che chi poteva spendere ancora qualcosa,
soprattutto lavoratori a basso reddito, precari e pensionati al minimo hanno
dovuto stringere ancora di più la cinghia, visto che i già poveri, che secondo
statistica ufficiale sono 5 milioni e mezzo, questo “problema” non ce l’hanno nemmeno.
Poi c’è il numero della chiusura dei negozi: “In 10 anni sono scomparsi 140mila negozi e con il crollo
delle nascite in dieci anni le nuove aperture sono dimezzate: -52% sul 2014, -76% nel commercio ambulante, -40% per ristorazione e bar … Una crisi dei consumi che impatta soprattutto sui negozi di vicinato: tra alimentari e bar, distributori di carburante ed edicole hanno abbassato la saracinesca per sempre quasi 46.500 attività”. Anche questi dati sono contro quelli gridati dal governo e in particolare dalla eterna propaganda della Meloni che durante l’assemblea dello scorso anno aveva promesso che lo Stato avrebbe fatto la sua parte: “Voi siete dei presidi di sicurezza e di socialità, il principale antidoto alla desertificazione delle nostre strade, allo spopolamento dei nostri borghi. In questo compito non potete essere ovviamente lasciati da soli e noi siamo convinti che lo Stato debba fare la sua parte.” Tanto convinti che proprio sulla desertificazione insiste Confesercenti: “Il rischio desertificazione diventa sempre più concreto soprattutto nelle aree marginali”.Certo i padroni, piccoli medi o grandi, piangono sempre miseria, ma i numeri sono numeri, e le chiusure dei negozi, non compensate dalle nuove aperture, sono un chiaro fenomeno della crisi e del passaggio di una parte di questi padroni e padroncini dalla classe della piccola borghesia alla classe del proletariato.
Il fenomeno è ben noto dai tempi del Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels: “Quelli che finora furono i piccoli ceti medi, i piccoli industriali, i negozianti e la gente che vive di piccola rendita, gli artigiani e gli agricoltori, tutte queste classi sprofondano nel proletariato, in parte perché il loro esiguo capitale non basta all’esercizio della grande industria e soccombe quindi nella concorrenza coi capitalisti più grandi, in parte perché le loro attitudini perdono il loro valore in confronto coi nuovi modi di produzione”.
«Vogliamo aiutare il ceto
medio che si sta impoverendo - aggiunge Così Maurizio Leo, vice ministro
dell’Economia e delle Finanze” presente anche lui all’assemblea, così come la
presidente ribadisce che sta “pensando anche alla classe media «che
rimane fuori da molti benefici a partire dal taglio del cuneo e del bonus
Natale».”
E l’intervento del presidente
Mattarella non riesce ad addolcire la pillola, anzi, dà la colpa non alle leggi
del capitalismo-imperialismo con le sue crisi oramai croniche, ma al “clima di
sfiducia” e alla “conflittualità politica e istituzionale”. E però è costretto
a mettere il dito sulla piaga quando ricorda che “Al mondo delle Pmi è
ascrivibile il 99% delle imprese, il cui fatturato giunge al 70% di quello
complessivo. Appare evidente che stiamo parlando della spina dorsale del
sistema Italia.” la Ed è proprio questo tipo di spina dorsale che
nel mondo della concorrenza capitalistica rende meno forte il sistema imperialista
italiano rispetto ad altri.
Come si può ben notare il presidente
Mattarella, che distribuisce medaglie ai padroni chiamandoli “cavalieri del
lavoro”, fa finta di dimenticare che il lavoro lo fanno i lavoratori, e non i
padroni.
Infine, Confesercenti elenca le «cinque
sfide essenziali per una Italia più forte» e guarda caso “La prima
è la crescita dell’economia, a partire dai consumi delle famiglie”; e che
cosa è questo se non un invito implicito al governo ad aumentare i
salari o comunque le entrate di chi deve spendere! E non stiamo parlando dei
ricchi, perché i ricchi già spendono come e quando vogliono.
Tanto è sentito il problema che
si insiste: “Il nodo è la stagnazione dei consumi e secondo le
previsioni di Confesercenti il prossimo anno si dovrebbe vedere un leggero
recupero (+0,7%) «in linea con quella da noi attesa per il Pil e lontana da
quelli programmati dal Governo - rimarca De Luise -. Non permetterebbero
alcun significativo recupero rispetto alle altre componenti della domanda».
Per evitare imbarazzi
probabilmente la Meloni quest’anno, al contrario dello scorso anno, non si è
presentata all’assemblea per raccogliere applausi da quelli che considera i
suoi sostenitori e ai quali promette aiuti come ha fatto con la Confindustria
(e con i balneari, i tassisti…).
Ma l’anno scorso era l’anno in
cui ancora si vantava del fatto che non l’avevano vista arrivare, adesso che i
tempi della propaganda stanno per finire tutti vedono, o possono vedere, se
vogliono cosa significa l’arrivo di un governo di stampo fascista.
Anche questo evento della Confesercenti,
come abbiamo già detto conferma che alla Meloni e al suo governo non ne va bene
una negli ultimi tempi, e ai proletari e alle masse popolari che stanno
provando gli effetti del governo sulla propria pelle tocca il compito di lottare
per cacciarlo via definitivamente.
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