giovedì 29 febbraio 2024

pc 29 febbraio – “Guerre e profitti… Armi da record Rheinmetall, Saab, Leonardo sul podio”

“Guerre e profitti… Armi da record...” è proprio questo il titolo del Sole 24 Ore che ieri ha dedicato con grande soddisfazione un’intera pagina agli immensi profitti che le aziende che vengono armi e sistemi d’arma stanno facendo.

2.500 miliardi di dollari è la cifra approssimativa della spesa militare, di cui 345 miliardi solo in Europa.

E il cinismo di questi amministratori delegati di sistemi di morte è palese: “«Ha fatto più Putin per il

nostro settore che gli amministratori delegati delle aziende degli ultimi 20 anni», osserva in via confidenziale l’a.d. di un’azienda italiana che ha fatto acquisizioni nel Nord America e in Gran Bretagna.”

E quello della Rheinmetall: “«Alcuni mesi fa, la gente voleva vietarci, per dire che questa industria è un’industria molto cattiva, è un’industria dannosa», ha dichiarato l’amministratore delegato di Rheinmetall” adesso dice il Financial Times è diventata la «star della nuova era della difesa del paese»”.

Siamo davanti ad una impressionante produzione industriale, con la relativa necessità di materie prime di ogni tipo, a partire dall’acciaio, e che fa “aumentare l’occupazione” dice l’articolo del quotidiano dei padroni italiani.

Le armi si usano, si distruggono rapidamente e rapidamente bisogna riprodurle! È questo uno dei modi che la borghesia mette in campo per “superare” la crisi economica del capitalismo-imperialismo.

Come si sa le spese per gli armamenti le fanno gli Stati con conseguente aumento del debito pubblico che pesa tutto sul proletariato e le masse popolari, mentre i profitti sono degli “azionisti”…

Riportiamo per intero qui sotto l’articolo del Sole 24 Ore, dove naturalmente non si parla affatto degli effetti che questi armamenti e queste guerre hanno sui popoli del mondo!

L’imperialismo è guerra!

Guerra all’imperialismo!

Primo piano

Guerre e profitti. Armi da record Rheinmetall, Saab, Leonardo sul podio

L’industria. In Europa l’anno scorso business da 345 miliardi di dollari. Le guerre in corso fanno schizzare il portafoglio ordini dei grandi player

La spesa militare mondiale nel 2023 è aumentata per il nono anno consecutivo in termini reali, a una

somma che si avvicina a 2.500 miliardi di dollari. Sono le stime anticipate da Dan Smith, direttore del Sipri, l’istituto di Stoccolma che fa accurate analisi internazionali sul settore delle armi e dell’industria della difesa. I dati definitivi saranno pubblicati in aprile, ma già si sa che «la spesa l’anno scorso è aumentata a un ritmo sostenuto nel 2023 e – osserva Smith – aumenterà anche quest’anno e per i prossimi anni, ma non per sempre».

A due anni dall’avvio della guerra della Russia contro l’Ucraina e nel pieno della guerra di Israele contro Hamas a Gaza, l’industria della difesa è in piena espansione, soprattutto in Europa.

Le spese in Europa

Le spese militari in Europa l’anno scorso sono arrivate intorno a 345 miliardi di dollari, secondo il Sipri, rispetto ai 230 miliardi del 2014, l’anno in cui nel vertice Nato di Newport fu stabilito il controverso obiettivo politico di elevare la spesa militare degli «alleati» degli Stati Uniti almeno al 2% del Pil.

Le due guerre in corso hanno dilatato il portafoglio ordini dei grandi produttori del settore e della catena dei fornitori. Gli impegni di aumentare la spesa annunciati dai governi europei hanno incrementato l’interesse degli investitori.

Il boom degli ordini

I nuovi ordini hanno trasformato le sorti degli appaltatori europei della difesa, con il portafoglio ordini aggregato delle prime sette aziende – tra cui Bae Systems, Leonardo e Saab – che è salito a livelli quasi record di oltre 300 miliardi di dollari, ha sottolineato il Financial Times.

Tra il 2020 e il 2022 i principali 15 gruppi industriali della difesa mondiali hanno aumentato il portafoglio ordini complessivo di 76,4 miliardi di dollari: il carnet di ordini è passato dai 701,2 miliardi di dollari di fine 2020 a 777,6 miliardi a fine 2022.

Munizioni esaurite

La guerra in Ucraina ha portato all’esaurimento delle scorte nazionali di munizioni e altra artiglieria, ne hanno beneficiato soprattutto la tedesca Rheinmetall e la finnico-norvegese Nammo, insieme agli altri produttori di munizioni, la francese Nexter e la britannica Bae Systems. Circa un anno fa la Commissione Ue si è impegnata a consegnare un milione di proiettili di artiglieria all’Ucraina entro la fine di marzo, finora ne sono stati consegnati circa 300mila. La produzione nelle fabbriche militari è al massimo e gli investimenti per potenziare la capacità produttiva richiederanno ancora un paio d’anni per essere completati.

Anche i fornitori di esplosivi e propellenti, tra cui la britannica Chemring e la francese Eurenco, sono stati i vincitori. L’italiana Avio Spa, che produce il lanciatore spaziale Vega, ha visto triplicare a circa il 12% dei ricavi il peso della produzione militare, per i motori dei missili di Mbda.

Missili Mbda

Mbda è l’azienda missilistica europea partecipata da Bae, Airbus (37,5% ciascuna) e da Leonardo (25%).

Dopo essersi assicurato ordini per un valore di 9 miliardi nel 2022, il più grande produttore di missili europeo MBDA, l’anno scorso ha ottenuto contratti per 6 miliardi di sterline per attrezzature di difesa aerea con la Polonia, nonché contratti con Germania e Francia per aumentare la produzione di missili. «Stiamo assistendo a una rapida evoluzione delle minacce sul campo di battaglia che l’industria deve adattarsi ad affrontare. Le attrezzature per la difesa aerea sono molto richieste», ha dichiarato Eric Béranger, amministratore delegato del gruppo.

Anche Mbda, che in Italia è guidata da Giovanni Soccodato dopo la nomina di Lorenzo Mariani a condirettore generale di Leonardo, ha avuto una forte espansione degli ordini e del giro d’affari (circa 4,5 miliardi nel 2023). Negli ultimi due anni gli ordini ricevuti sono stati più del doppio dei ricavi e c’è una forte crescita dell’occupazione.

Rheinmetall al primo posto

Tra i principali produttori, Rheinmetall ha goduto del più grande cambiamento nelle sue fortune. È passata dall’essere trascurata da molti investitori per considerazioni etiche a «star della nuova era della difesa del paese», ha scritto il Financial Times.

«Alcuni mesi fa, la gente voleva vietarci, per dire che questa industria è un’industria molto cattiva, è un’industria dannosa», ha dichiarato l’amministratore delegato di Rheinmetall, Armin Papperger, al quotidiano britannico poco dopo l’annuncio del cancelliere tedesco, Olaf Scholz, nel febbraio 2022 che la Germania avrebbe incrementato con un fondo straordinario di 100 miliardi le spese militari, in risposta all’invasione russa dell’ucraina. «Ora è un mondo completamente diverso». Quest’anno la Germania dovrebbe per la prima volta raggiungere una spesa di almeno il 2% del Pil. L’Italia ha speso l’1,46% del Pil nel 2023 e ha l’obiettivo di arrivare al 2% entro il 2028.

Chi guadagna di più in Borsa

In Borsa le azioni aumentate di più sono quelle di Rheinmetall, azienda che produce cannoni, munizioni, blindati e partecipa alla costruzione del carro armato Leopard, di cui è capofila la Kmw (Krauss-Maffei Wegmann). Le azioni sono salite da 83,06 euro del 2 gennaio 2022 agli attuali 411 euro, con un incremento del 494%, quasi quintuplicate. Rheinmetall si è impegnata ad aumentare la produzione di proiettili di artiglieria, ha acquisito la società spagnola Expal Systems e prevede che le vendite totali raddoppieranno entro il 2026 rispetto all’anno scorso.

La svedese Saab, che è una sorta di piccola Leonardo, produce dai caccia (Gripen) ai missili, è stata la seconda per incremento di valore in Borsa, +339% da inizio 2022 al 26 febbraio.

La crescita di Leonardo

Al terzo posto in questa graduatoria l’ex Finmeccanica, il cui titolo è stato a lungo depresso negli ultimi anni, è decollato quando Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina. A fine 2021 le azioni Leonardo valevano 6,30 euro, il 26 febbraio 19,98 euro, più che triplicate (+217%). «Ha fatto più Putin per il nostro settore che gli amministratori delegati delle aziende degli ultimi 20 anni», osserva in via confidenziale l’a.d. di un’azienda italiana che ha fatto acquisizioni nel Nord America e in Gran Bretagna.

Europei meglio degli Usa

Seguono per l’andamento in Borsa la britannica Rolls-Royce (+189%), la norvegese Kongsber (+149%), la britannica Bae Systems (+113%), la principale azienda europea del settore.

In Borsa le società europee hanno avuto un andamento ampiamente migliore rispetto alle grandi aziende degli Stati Uniti, come Lockheed Martin (+20%), General Dynamics (+29%), Huntington Ingalls (+54%), produttrice di navi militari.

La francese Nexter, nel frattempo, ha aumentato la produzione dell’obice Caesar, un cannone a lungo raggio, molto usato dall’esercito dell’Ucraina,

Spesa frammentata

L’altra faccia della medaglia dell’andamento così positivo delle aziende europee che producono armi e apparati di difesa è che la spesa europea è frammentata in tanti rivoli nazionali ed è poco efficiente rispetto agli Stati Uniti. In altre parole, in Europa si spende molto di più ma con minor efficienza.

Le mosse di Leonardo

In particolare, negli armamenti terrestri in Europa ci sono 17 sistemi d’arma diversi, negli Stati Uniti sono 4. Si segnala il recente accordo preliminare di Leonardo con Knds, la joint venture che unisce Nexter con Kmw, per collaborare nella produzione di nuovi carri armati, sia i Leopard 2 per sostituire gli Ariete dell’Esercito italiano sia un progetto di collaborazione per nuovi mezzi per l’export. Le parti stanno negoziando per arrivare a chiudere un’intesa finale entro quest’anno.

I vertici di Leonardo, l’a.d. Roberto Cingolani e il condirettore generale Lorenzo Mariani, esplorano anche un possibile accordo con Rheinmetall per i blindati. L’obiettivo è sostituire i vecchi Dardo dell’Esercito, il mezzo candidato è il Lynx tedesco (già comprato dall’Ungheria), che verrebbe italianizzato con forniture dell’Oto Melara. Attenta alla partita è anche Iveco Defence (gruppo Iveco-Exor), che collabora con Leonardo nel consorzio Cio per gli armamenti terrestri.

Renk sbarcata in Borsa

Susanne Wiegand, a.d. della bavarese Renk, che produce ingranaggi e trasmissioni per carri armati e fregate, ha affermato che la velocità con cui i governi europei stanno cercando di aumentare le proprie capacità militari incoraggerebbe una maggiore standardizzazione.

Ciò contribuirebbe ad affrontare i colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento della difesa e consentirebbe alle aziende di espandersi, ha affermato.

La guerra tra Israele e Hamas è stata un “campanello d’allarme” per gli investitori tedeschi, secondo l’a.d. di Renk. La società è stata quotata a Francoforte questo mese, dopo che la società è stata costretta a cancellare l’Offerta pubblica iniziale pianificata lo scorso anno a causa delle condizioni di mercato. A migliorare le prospettive e a riaprire la strada della quotazione sono stati gli effetti dell’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre scorso e la successiva guerra scatenata da Israele a Gaza.

Il Sole 2 Ore 28 febbraio ’24

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