“Guerre e profitti… Armi da record...” è proprio questo il titolo del Sole 24 Ore che ieri ha dedicato con grande soddisfazione un’intera pagina agli immensi profitti che le aziende che vengono armi e sistemi d’arma stanno facendo.
2.500 miliardi di dollari è la cifra approssimativa della
spesa militare, di cui 345 miliardi solo in Europa.
E il cinismo di questi amministratori delegati di sistemi di morte è palese: “«Ha fatto più Putin per il
nostro settore che gli amministratori delegati delle aziende degli ultimi 20 anni», osserva in via confidenziale l’a.d. di un’azienda italiana che ha fatto acquisizioni nel Nord America e in Gran Bretagna.”E quello della Rheinmetall: “«Alcuni mesi fa, la gente
voleva vietarci, per dire che questa industria è un’industria molto cattiva, è
un’industria dannosa», ha dichiarato l’amministratore delegato di Rheinmetall”
adesso dice il Financial Times è diventata la «star della nuova era della difesa
del paese»”.
Siamo davanti ad una impressionante produzione industriale,
con la relativa necessità di materie prime di ogni tipo, a partire dall’acciaio,
e che fa “aumentare l’occupazione” dice l’articolo del quotidiano dei padroni
italiani.
Le armi si usano, si distruggono rapidamente e rapidamente
bisogna riprodurle! È questo uno dei modi che la borghesia mette in campo per “superare”
la crisi economica del capitalismo-imperialismo.
Come si sa le spese per gli armamenti le fanno gli Stati con
conseguente aumento del debito pubblico che pesa tutto sul proletariato e le masse popolari, mentre i profitti sono degli “azionisti”…
Riportiamo per intero qui sotto l’articolo del Sole 24 Ore,
dove naturalmente non si parla affatto degli effetti che questi armamenti e queste guerre hanno sui popoli del mondo!
L’imperialismo è guerra!
Guerra all’imperialismo!
Primo piano
Guerre e profitti. Armi da record Rheinmetall, Saab, Leonardo sul podio
L’industria. In Europa l’anno scorso business da 345
miliardi di dollari. Le guerre in corso fanno schizzare il portafoglio ordini
dei grandi player
La spesa militare mondiale nel 2023 è aumentata per il nono anno consecutivo in termini reali, a una
somma che si avvicina a 2.500 miliardi di dollari. Sono le stime anticipate da Dan Smith, direttore del Sipri, l’istituto di Stoccolma che fa accurate analisi internazionali sul settore delle armi e dell’industria della difesa. I dati definitivi saranno pubblicati in aprile, ma già si sa che «la spesa l’anno scorso è aumentata a un ritmo sostenuto nel 2023 e – osserva Smith – aumenterà anche quest’anno e per i prossimi anni, ma non per sempre».A due anni dall’avvio della guerra della Russia contro l’Ucraina
e nel pieno della guerra di Israele contro Hamas a Gaza, l’industria della
difesa è in piena espansione, soprattutto in Europa.
Le spese in Europa
Le spese militari in Europa l’anno scorso sono arrivate
intorno a 345 miliardi di dollari, secondo il Sipri, rispetto ai 230 miliardi
del 2014, l’anno in cui nel vertice Nato di Newport fu stabilito il controverso
obiettivo politico di elevare la spesa militare degli «alleati» degli Stati
Uniti almeno al 2% del Pil.
Le due guerre in corso hanno dilatato il portafoglio ordini
dei grandi produttori del settore e della catena dei fornitori. Gli impegni di
aumentare la spesa annunciati dai governi europei hanno incrementato l’interesse
degli investitori.
Il boom degli ordini
I nuovi ordini hanno trasformato le sorti degli appaltatori
europei della difesa, con il portafoglio ordini aggregato delle prime sette
aziende – tra cui Bae Systems, Leonardo e Saab – che è salito a livelli quasi record
di oltre 300 miliardi di dollari, ha sottolineato il Financial Times.
Tra il 2020 e il 2022 i principali 15 gruppi industriali
della difesa mondiali hanno aumentato il portafoglio ordini complessivo di 76,4
miliardi di dollari: il carnet di ordini è passato dai 701,2 miliardi di dollari
di fine 2020 a 777,6 miliardi a fine 2022.
Munizioni esaurite
La guerra in Ucraina ha portato all’esaurimento delle scorte
nazionali di munizioni e altra artiglieria, ne hanno beneficiato soprattutto la
tedesca Rheinmetall e la finnico-norvegese Nammo, insieme agli altri produttori
di munizioni, la francese Nexter e la britannica Bae Systems. Circa un anno fa
la Commissione Ue si è impegnata a consegnare un milione di proiettili di
artiglieria all’Ucraina entro la fine di marzo, finora ne sono stati consegnati
circa 300mila. La produzione nelle fabbriche militari è al massimo e gli investimenti
per potenziare la capacità produttiva richiederanno ancora un paio d’anni per
essere completati.
Anche i fornitori di esplosivi e propellenti, tra cui la
britannica Chemring e la francese Eurenco, sono stati i vincitori. L’italiana Avio
Spa, che produce il lanciatore spaziale Vega, ha visto triplicare a circa il
12% dei ricavi il peso della produzione militare, per i motori dei missili di Mbda.
Missili Mbda
Mbda è l’azienda missilistica europea partecipata da Bae,
Airbus (37,5% ciascuna) e da Leonardo (25%).
Dopo essersi assicurato ordini per un valore di 9 miliardi
nel 2022, il più grande produttore di missili europeo MBDA, l’anno scorso ha
ottenuto contratti per 6 miliardi di sterline per attrezzature di difesa aerea
con la Polonia, nonché contratti con Germania e Francia per aumentare la produzione
di missili. «Stiamo assistendo a una rapida evoluzione delle minacce sul campo
di battaglia che l’industria deve adattarsi ad affrontare. Le attrezzature per
la difesa aerea sono molto richieste», ha dichiarato Eric Béranger, amministratore
delegato del gruppo.
Anche Mbda, che in Italia è guidata da Giovanni Soccodato
dopo la nomina di Lorenzo Mariani a condirettore generale di Leonardo, ha avuto
una forte espansione degli ordini e del giro d’affari (circa 4,5 miliardi nel
2023). Negli ultimi due anni gli ordini ricevuti sono stati più del doppio dei ricavi
e c’è una forte crescita dell’occupazione.
Rheinmetall al primo posto
Tra i principali produttori, Rheinmetall ha goduto del più
grande cambiamento nelle sue fortune. È passata dall’essere trascurata da molti
investitori per considerazioni etiche a «star della nuova era della difesa del
paese», ha scritto il Financial Times.
«Alcuni mesi fa, la gente voleva vietarci, per dire che
questa industria è un’industria molto cattiva, è un’industria dannosa», ha
dichiarato l’amministratore delegato di Rheinmetall, Armin Papperger, al
quotidiano britannico poco dopo l’annuncio del cancelliere tedesco, Olaf Scholz,
nel febbraio 2022 che la Germania avrebbe incrementato con un fondo
straordinario di 100 miliardi le spese militari, in risposta all’invasione
russa dell’ucraina. «Ora è un mondo completamente diverso». Quest’anno la
Germania dovrebbe per la prima volta raggiungere una spesa di almeno il 2% del
Pil. L’Italia ha speso l’1,46% del Pil nel 2023 e ha l’obiettivo di arrivare al
2% entro il 2028.
Chi guadagna di più in Borsa
In Borsa le azioni aumentate di più sono quelle di
Rheinmetall, azienda che produce cannoni, munizioni, blindati e partecipa alla
costruzione del carro armato Leopard, di cui è capofila la Kmw (Krauss-Maffei
Wegmann). Le azioni sono salite da 83,06 euro del 2 gennaio 2022 agli attuali
411 euro, con un incremento del 494%, quasi quintuplicate. Rheinmetall si è
impegnata ad aumentare la produzione di proiettili di artiglieria, ha acquisito
la società spagnola Expal Systems e prevede che le vendite totali raddoppieranno
entro il 2026 rispetto all’anno scorso.
La svedese Saab, che è una sorta di piccola Leonardo,
produce dai caccia (Gripen) ai missili, è stata la seconda per incremento di
valore in Borsa, +339% da inizio 2022 al 26 febbraio.
La crescita di Leonardo
Al terzo posto in questa graduatoria l’ex Finmeccanica, il
cui titolo è stato a lungo depresso negli ultimi anni, è decollato quando
Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina. A fine 2021 le azioni Leonardo valevano
6,30 euro, il 26 febbraio 19,98 euro, più che triplicate (+217%). «Ha fatto più
Putin per il nostro settore che gli amministratori delegati delle aziende degli
ultimi 20 anni», osserva in via confidenziale l’a.d. di un’azienda italiana che
ha fatto acquisizioni nel Nord America e in Gran Bretagna.
Europei meglio degli Usa
Seguono per l’andamento in Borsa la britannica Rolls-Royce
(+189%), la norvegese Kongsber (+149%), la britannica Bae Systems (+113%), la principale
azienda europea del settore.
In Borsa le società europee hanno avuto un andamento ampiamente
migliore rispetto alle grandi aziende degli Stati Uniti, come Lockheed Martin
(+20%), General Dynamics (+29%), Huntington Ingalls (+54%), produttrice di navi
militari.
La francese Nexter, nel frattempo, ha aumentato la produzione
dell’obice Caesar, un cannone a lungo raggio, molto usato dall’esercito dell’Ucraina,
Spesa frammentata
L’altra faccia della medaglia dell’andamento così positivo
delle aziende europee che producono armi e apparati di difesa è che la spesa
europea è frammentata in tanti rivoli nazionali ed è poco efficiente rispetto
agli Stati Uniti. In altre parole, in Europa si spende molto di più ma con
minor efficienza.
Le mosse di Leonardo
In particolare, negli armamenti terrestri in Europa ci sono
17 sistemi d’arma diversi, negli Stati Uniti sono 4. Si segnala il recente
accordo preliminare di Leonardo con Knds, la joint venture che unisce Nexter
con Kmw, per collaborare nella produzione di nuovi carri armati, sia i Leopard 2
per sostituire gli Ariete dell’Esercito italiano sia un progetto di
collaborazione per nuovi mezzi per l’export. Le parti stanno negoziando per
arrivare a chiudere un’intesa finale entro quest’anno.
I vertici di Leonardo, l’a.d. Roberto Cingolani e il
condirettore generale Lorenzo Mariani, esplorano anche un possibile accordo con
Rheinmetall per i blindati. L’obiettivo è sostituire i vecchi Dardo dell’Esercito,
il mezzo candidato è il Lynx tedesco (già comprato dall’Ungheria), che verrebbe
italianizzato con forniture dell’Oto Melara. Attenta alla partita è anche Iveco
Defence (gruppo Iveco-Exor), che collabora con Leonardo nel consorzio Cio per
gli armamenti terrestri.
Renk sbarcata in Borsa
Susanne Wiegand, a.d. della bavarese Renk, che produce
ingranaggi e trasmissioni per carri armati e fregate, ha affermato che la velocità
con cui i governi europei stanno cercando di aumentare le proprie capacità
militari incoraggerebbe una maggiore standardizzazione.
Ciò contribuirebbe ad affrontare i colli di bottiglia nelle
catene di approvvigionamento della difesa e consentirebbe alle aziende di
espandersi, ha affermato.
La guerra tra Israele e Hamas è stata un “campanello d’allarme”
per gli investitori tedeschi, secondo l’a.d. di Renk. La società è stata
quotata a Francoforte questo mese, dopo che la società è stata costretta a cancellare
l’Offerta pubblica iniziale pianificata lo scorso anno a causa delle condizioni
di mercato. A migliorare le prospettive e a riaprire la strada della quotazione
sono stati gli effetti dell’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre scorso e la
successiva guerra scatenata da Israele a Gaza.
Il Sole 2 Ore 28 febbraio ’24
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