sabato 3 giugno 2023

pc 3 giugno - "Quella che viene celebrata è la Repubblica della guerra" - Il testo di ORE 12 Controinformazione rossoperaia n. 12


Una grande parata militare - la più imponente degli ultimi anni – il 2 giugno a Roma, ai Fori Imperiali, ci dà il vero significato della festa della Repubblica.

Quella che viene celebrata è la Repubblica della guerra. La repubblica di una classe dominante e di un sistema che, nel cammino della sua crisi, ci sta trascinando in una nuova guerra mondiale.

Su questo esiste un divario enorme tra ciò che la classe dominante sta facendo in Italia – così come nel resto del mondo - e la risposta che viene dai proletari, dai popoli.

Il 2 giugno è la festa di una Repubblica che, in nessuna maniera, rappresenta la Repubblica nata dalla Resistenza nel lontano 1945. La Resistenza antifascista mise fine temporaneamente al regime fascista e avvenne nel contesto di una guerra mondiale. Ed è chiaro che da quella Resistenza veniva non solo un NO al fascismo ma anche un NO alla guerra. La Costituzione nata da quella Resistenza certificò - in forme timide e compromissorie - che l'Italia ripudia, nel suo articolo 11, la guerra come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali.

Proprio oggi – ma non solo oggi evidentemente - appare invece così lontano il dettato della Costituzione e la prassi dei governi, degli Stati, delle classi dominanti, del Parlamento, dei partiti parlamentari, delle istituzioni, rispetto a questo articolo.

Oggi bisogna dichiarare che, comunque, tutti coloro, dalla presidenza della Repubblica al governo, alle rappresentanze militari e istituzionali e, dietro di loro, la classe dominante di questo paese - la borghesia imperialista - non parlano a nostro nome.

Non in nostro nome” è un'affermazione quasi di principio. La verità è che tra poter dire “non in nostro nome” e poter rappresentare la volontà e il disegno di un'altra Repubblica, di un altro Stato e di un'altra società, esiste ancora un mare da riempire.

Noi siamo contro la Repubblica fondata sulla guerra imperialista e il militarismo, il nazionalismo, la

repressione, il razzismo. Noi siamo contro la Repubblica fondata sullo sfruttamento, la disoccupazione, la precarietà, il carovita, i disastri e la devastazione ambientale, l'attacco ai diritti e alle libertà dei lavoratori, dei giovani, delle donne, l'attacco al diritto alla salute, allo studio; nonostante la Costituzione di questa Repubblica, seppure in forme blande e conciliatorie afferma, a parole, di essere fondata sul lavoro, sull'uguaglianza sociale, sulle libertà democratiche.

E, quindi, di quale festa si parla? La festa appunto della classe dominante, delle grande parati militari, la festa della grande borghesia che in questo paese domina le istituzioni.

Non hanno nulla da festeggiare le popolazioni alluvionate che ricevono visite, parole di comprensione, ma aiuti assolutamente insufficienti per salvarne la vita, le case e le attività. I fondi stanziati per le alluvioni sono minimi rispetto ai miliardi destinati allespese militari e alla partecipazione alla guerra.

Proprio in questi giorni è stato presentato al Copasir, l'organo del parlamento che riceve per primo le informazioni di carattere militare e delle attività che il Ministro della Difesa fa, la bozza del settimo decreto che non passerà dal Parlamento: il passaggio al Copasir è sufficiente in questo sistema.

Scrive il Giornale: “Il nuovo decreto per l'invio di armamenti su cui sta lavorando il governo si tratterebbe del settimo provvedimento in totale. Dovrebbe avere due funzioni: la prima è garantire la continuità dei flussi di materiale fino alla fine dell'anno per la tanto annunciata controffensiva Ucraina. La seconda è la necessità di adeguarsi alle richieste del segretario della Difesa statunitense Lloyd Austin che, lo scorso 25 maggio, nel corso della videoconferenza dei ministri della difesa dei 50 paesi coinvolti nelle forniture militari all'Ucraina, ha sollecitato l'invio di sistemi di difesa aerea apparentemente in grado di contrastare missili e droni russi” ma, in realtà, con l'obiettivo di estendere la guerra sul territorio russo che, come tutti possiamo immaginare, è un altro passo nel cammino della guerra interimperialista tra NATO a guida USA/Europa e Russia. Quel cammino che, giorno dopo giorno, ci porta verso un conflitto mondiale.

Continua il giornale:“L'Italia intensificherà le forniture proprio nel settore della Difesa aerea con il modernissimo e costosissimo sistema antiaereo SAMP/T, con la collaborazione della Francia, messo a disposizione già dal decreto dello scorso febbraio”. “Questo sistema anti aereo costa 500 milioni di euro.

L'Italia punta a fornire ulteriormente altri due sistemi antiaereo, informazioni che vengono dal sito olandese Oryx, che avremmo già messo a disposizione di Kiev. Il primo è lo Skyguard Aspid, sistema meno evoluto del Samp/T, ma assai meno costoso e in grado di eliminare i missili e droni in arrivo grazie all'utilizzo sincronizzato, e completamente computerizzato, di due o più batterie dotate di testate Aspide. A questo verrebbe aggiunto un raddoppio delle forniture del sistema Spada che, stando sempre a questo sito olandese, l'Italia avrebbe già fatto arrivare in precedenza a Kiev. Sistemi basati sulla capacità di portare i 60 km dell'uso di questi armamenti e capaci di tracciare fino a 100 bersagli contemporaneamente”

Secondo l'«Arms Transfer Database», pubblicato dall'istituto di ricerca svedese Sipri, il nostro Paese avrebbe già fornito nei mesi scorsi due sistemi di lanciarazzi multipli M-270A1. Simili a quelli garantiti da Usa e Gran Bretagna per ampliare il raggio d'azione dell'artiglieria di Kiev”.

E l'elenco potrebbe continuare...

Un elenco segreto, un elenco stabilito per legge che debba essere segreto, di cui vengono forniti gli elementi generici al Copasir e che non passano mai dall'approvazione del Parlamento.

Il Parlamento ha già approvato, fino alla fine del 2023, tutti i possibili armamenti decisi nei consessi internazionali della NATO a guida USA.

E’ evidente che siamo di fronte a uno Stato, a un sistema, che garantiscono un funzionamento quasi in automatico della partecipazione italiana alla guerra e della conseguente trasformazione dell'economia in economia di guerra e un funzionamento dell'intero sistema istituzionale, dalla presidenza della Repubblica al governo, ai suoi ministri, che non passa da alcuna decisione reale dell'organo che dovrebbe essere a garanzia dei diritti dei cittadini.

E, chiaramente, non passa da nessuna elezione.

Quindi pretendere di governare sulla base del risultato elettorale è una bugia, un'ipocrisia. Nessun partito si è presentato alle elezioni - meno che mai i partiti che attualmente costituiscono la coalizione di maggioranza - dicendo alle masse, nel chiedergli il loro voto: “noi forniremo miliardi e miliardi al Ucraina”, “noi parteciperemo attivamente alla guerra in corso”, o “manderemo migliaia di soldati in tutti i teatri di guerra”, non solo in Ucraina ma anche in alcuni dove la guerra si va a accendendo come nei Balcani, nel Kosovo. E nel Kosovo/Serbia questi soldati già cominciano a pagare anche sulla loro pelle la loro partecipazione diretta a una guerra che, nel caso del Kosovo, è una repressione di massa verso le popolazioni di minoranza serba che si stanno ribellando a una dittatura di fatto dell'Albania per conto della NATO, in un territorio in cui la minoranza rappresenta il 3,4%.

Di quale Repubblica parliamo?

Non hanno nulla da festeggiare i lavoratori e le loro famiglie per i morti sul lavoro/da lavoro, da inquinamento, mentre i loro padroni, privati e di Stato, grandi e piccoli, fanno profitti e si arricchiscono sulla loro pelle.

Le ultime settimane sono state funestate - come sempre - da una catena di morti sul lavoro, di ogni genere e tipo, di lavoratori anziani morti a Monopoli, di lavoratori giovani morti in altre realtà, di lavoratori italiani di lavoratori stranieri. Non è la loro Repubblica, non è la Repubblica che ne tutela il lavoro e la vita.

Non hanno nulla da festeggiare i disoccupati, i precari, i poveri che, oltre a non avere il lavoro stabile e sicuro, si vedono togliere i quattro soldi del reddito di cittadinanza, negare il salario minimo garantito e trattati in maniera sprezzante, insultante, da padroni, ricchi e parassiti, da politicanti corrotti e corruttori che li mettono nel mirino come se fossero delinquenti, criminali e considerano il salario minimo come uno spreco di denaro pubblico, a fronte del denaro, lo vediamo tutti i giorni, per le spese militari e per la guerra.

Non hanno nulla da festeggiare i lavoratori e masse popolari che sempre di più non ce la fanno colpiti dal carovita, dal caro sanità, che mette a rischio salute e vita.

E’ chiaro che esiste un rapporto tra il carovita e la guerra. Sappiamo che la guerra ha innescato tutto quel processo di aumenti dei costi dell'energia che, attraverso il meccanismo normale in un'economia capitalistica, si riversa nei prezzi, nelle bollette; anche se, indipendentemente dalla guerra, salari, bollette, prezzi erano in aumento negli ultimi anni più che mai, ed era stato gia’ ridotto il salario reale degli operai, dei lavoratori, oltre che reso sempre più impossibile la vita dei milioni che costituiscono le masse povere del nostro paese.

Non hanno nulla da festeggiare gli studenti, i giovani a cui non è garantito un diritto allo studio gratuito e per tutti. Le tende degli universitari fuori sede sono stati lì a testimoniare per alcuni giorni che agli studenti non è garantito il diritto allo studio, che andare all'Università in una città diversa dalla propria significa svenarsi in alloggi spesso fatiscenti, con prezzi esorbitanti che ricadono sulle loro famiglie e su loro stessi che per studiare devono fare lavori e lavoretti sottopagati.

Studenti di cui, sempre di più, la loro scuola viene usata per l'indottrinamento e non per la formazione. L'attuale ministro, fascista vecchio stampo, lo ha dimostrato fin dal primo momento.

Studenti che vengono mandati a lavorare nel nome dell'alternanza scuola/lavoro e poi muoiono. Studenti e giovani a cui si pensa effettivamente di dare un futuro che è quello di andare a servire alla patria, con una volontà abbastanza esplicita del governo di ripristinare il servizio di leva e il loro arruolamento forzato - travestito da volontario - in missione di guerra.

Non hanno certo nulla da festeggiare i migranti che muoiono in mare, che vengono rinchiusi nei lager, trattati come bestie o messi a lavorare come schiavi nei campi e nei posti di lavoro, senza diritti.

Proprio in questi giorni la magistratura di Crotone sta formalizzando l'inchiesta che accusa esplicitamente il governo, i suoi organi, le sue strutture sia politiche sia quelle addette al soccorso in mare, quali responsabili del crimine che ha visto le coste di Cutro riempirsi di cadaveri, tra cui donne e bambini.

Una Repubblica non in nostro nome. Una Repubblica della guerra.

Contro questa Repubblica, in questa giornata in alcune città si sviluppano manifestazioni, da Roma a Taranto a Palermo e, ci auguriamo, che tante altre città vedano in piazza giovani, rappresentanze dei lavoratori, rappresentanti dell'associazionismo democratico, antimilitarista, pacifista, ambientalista, per dire innanzitutto un NO alla guerra.

Dire NO alla guerra, oggi però è poco più che una testimonianza, seppur fastidiosa per il governo e per lo Stato borghese. Una testimonianza non basta, né è sufficiente. Le manifestazioni risulteranno piccole oggettivamente, perché le forze sociali e politiche che le organizzano sono tuttora una minoranza ristretta, d'avanguardia, spesso combattiva, classista, ma non sufficiente certo a mettere ostacoli alla marcia guerrafondaia della classe dominante del nostro paese, in un quadro - certo più generale - che è costituito dalla NATO, dal sistema imperialista mondiale a guida USA, in una contesa inter imperialista che vede fronteggiarsi ormai con le armi, col primato delle armi, le potenze imperialiste che dominano il mondo e se lo vogliono ripartire, cambiare lo stato di ripartizione esistente.

In queste manifestazioni però è ben chiaro che la lotta alla guerra è oggi il centro della mobilitazione politica e sociale. E’ l tipo di finalizzazione che la lotta sociale e politica deve avere, se vuole realmente incidere - non tanto sull'attività quotidiana dei governi e dei padroni - ma sull'intera logica che guida governi e padroni in questo stato delle cose.

Il governo Meloni è il miglior rappresentante possibile in questo momento dell'economia di guerra, dello Stato della guerra. La retorica della Patria, della nazione, fino a ipotizzare un'Italia fatta solo di italiani puri, bianchi e duri, l’alimenta; è un classico del fascismo e sappiamo dove questo classico del fascismo ci abbia portato nel passato: non solo alla dittatura aperta con tutti gli orrori che essa comportò, ma anche alla guerra che distrusse milioni di vite umane e fece del nostro paese una terra di distruzione e di morte.

Questo governo è il comitato ideologico, politico e d'affari di questo sistema, testimoniato in maniera quasi ostentata dal fatto che il ministro Crosetto il Ministro della Difesa, è anche storicamente legato all'industria della guerra e da essa trae i fondi e da essa trae il suo potere. Il ministro Crosetto è uno degli anelli chiave del governo Meloni.

L’industria bellica e il sistema industriale militare sono diventati anche il centro dell'intero sistema economico. Industria bellica guidata sempre di più da manager, non solo espressione della classe industriale, ma espressione diretta dei militari, dei servizi segreti. Il Fatto Quotidiano segnala “un altro 007 alla Leonardo, in pole il numero 2 dell’Aise”. Cioè le industrie sono dirette direttamente da servizi segreti e militari e le ragioni del loro agire sono sempre quelle di rafforzare l'industria militare, la produzione bellica, il legame con le altre industrie militari del mondo e con il quadro dell'intera produzione bellica che è diventato il settore principale.

Noi dobbiamo lottare nel nostro paese contro tutto questo. Noi dobbiamo lottare per rovesciare il governo della guerra, il governo dell'economia di guerra, dobbiamo partecipare e sostenere tutte le manifestazioni che si sviluppano in questo senso.

Lo dobbiamo fare anche a livello internazionale.

In questo senso è molto importante che il 1 Maggio di quest'anno partiti organizzazioni, grandi e piccoli, di diversi Paesi nel mondo, di orientamento comunista e rivoluzionario, impegnati in Stati capitalisti e imperialisti come in Stati oppressi da capitalismo e imperialismo, hanno unito le loro idee e le loro forze per programmare, pianificare l'opposizione alla guerra in ogni angolo del mondo. All'interno di una affermazione di fondo: l'unica forza sociale capace di opporsi alla guerra, prima che essa scoppi, sono i proletari e le masse e, se essa scoppia, sono gli unici capaci di poterla trasformare, come già è avvenuto nella storia del mondo, in una guerra rivoluzionaria che faccia di una grande tragedia una grande opportunità di trasformare il mondo.

E’ chiaro però che la lotta alla guerra è lotta che non può avere le caratteristiche di un normale sciopero o manifestazione, richiede l'opposizione all’invio delle armi, alle truppe, alle industrie belliche, richiede lo sciopero dei lavoratori, richiede l'assedio delle Basi militari, soprattutto quelle molto importanti - di cui Taranto è una sicuramente.

Per questo aderiamo e partecipiamo all'assemblea nazionale indetta per il 4 giugno a Pisa, dove vogliono costruire una nuovo grande base militare. Ed è proprio l'attuale governo che sta impulsando questa prospettiva.

Dobbiamo combattere la guerra perché significa combattere l'attacco ai salari, l'attacco alle condizioni di vita e di libertà del nostro paese, l'economia di guerra.

In questo 2 Giugno le forze che vi sono, che scendono in campo, rappresentano un riferimento per tutti, che bisogna consolidare, rafforzare, sul piano politico sindacale e organizzativo.

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