giovedì 1 giugno 2023

pc 1 giugno – Morti sul lavoro: No inutili lamenti, ma lotta contro questa guerra dei padroni – Un intervento di un operaio Slai cobas sc della Tenaris Dalmine


Ieri, 31 maggio, in una cava di materiali inerti, a Torreselle di Piombino Dese un operaio, Pio Giaretta, 55 anni, residente nell'alta padovana nel comune di Carmignano di Brenta, è volato nel vuoto da un'altezza di circa due metri. Nell'impatto con il terreno ha subito un importante trauma cranico ed è morto.

Nei giorni scorsi, vi è stata anche la morte di due operai a Monopoli in un cantiere edile.

Alcuni giornali come il Manifesto ci dicono che non sono tragiche fatalità. Il problema è appunto questo: questa è una guerra dichiarata agli operai dal sistema di produzione capitalistico un sistema fondato sullo sfruttamento del lavoro salariato. 

Basterebbe prendere alcuni dati della stessa borghesia che ha istituito il 28 aprile la giornata mondiale sulla sicurezza sul lavoro dove si dice che ci sono 6000 morti al giorno a livello mondiale. Questo è una conferma che gli infortuni, le morti sul lavoro, la sicurezza nel sistema di produzione capitalistico sono proprio uno specchio di questa società che mette in conto questa guerra dichiarata questa guerra

quotidiana che considera gli operai come carne da macello. E questo viene chiaro proprio dal fatto che vengono accesi i riflettori solamente quando si supera la soglia dei 3 morti al giorno, quando ci sono come ieri 5 morti in 24 ore.

Allora troviamo scandalizzati tutti i vari media media.

Ma cerchiamo di capire perchè c’è questa situazione. Basterebbe elencare come non viene affrontata dai governi o come viene legittimata. Questo governo Meloni ha fatto un decreto lavoro dove vengono alimentate quelle che sono le condizioni oggettive di insicurezza sui posti di lavoro che ogni giorno i lavoratori devono affrontare, lo vediamo nelle grandi fabbriche, lo vediamo in tutti i posti di lavoro con la precarietà senza limiti dei giovani, e ci sono aziende come ad esempio grandi gruppi multinazionali che sbandierano che il 40% della forza lavoro è costituita da giovani, lo vediamo come lavorano questi giovani in quali condizioni vengono messi nei reparti a lavorare; ma lo vediamo anche con la liberalizzazione degli appalti che permette il moltiplicarsi dei subappalti, l’appalto al massimo ribasso, tutte cose che incidono tantissimo sulla mancanza di sicurezza; cosi come lo vediamo nell’accordo tra ispettorato del lavoro e consulenti del lavoro sempre di questo ultimo governo (che ha al ministero del lavoro la ex presidente del’Ordine dei consulenti del lavoro) con cui si passa ad un controllo politico delle ispezioni.

Altri dati, come quelli dell’Inail, dicono che il problema è quello di conoscere, prevenire, proteggere. Vorremmo vedere uno di questi rappresentanti dell’Inail o del governo ad essere messo a lavorare in questi anni nelle fabbriche dalle grandi alle piccole, quale è la condizione che si trovano a dover affrontare. Certo si parla che nei primi 2 mesi del 2023 ci sono stati 100 morti, si parla di malattie dovute al lavoro che sono in aumento del 30%, malattie come ad esempio quelle dell’esposizione all’amianto, malattie professionali, malattie che provocano i morti dopo 30-40 anni di lavoro, un lavoratore va in pensione e dopo pochi anni viene praticamente ammazzato perché muore con tumori con malattie terminali 

Ma in tutto questo c’è anche un altro problema quello della risposta delle organizzazioni sindacali e degli stessi lavoratori che chiaramente non possono attendere i continui lamenti dei sindacati confederali, come quello di questi giorni del responsabile nazionale della sicurezza della Cgil che dice “siamo di fronte ad una tendenza che non si inverte e questo è un fatto drammatico”. Ma come si permette, ma con quale coraggio! quando all’interno dei posti di lavoro ci si limita a lamentarsi della riduzione dei controlli che sono ovviamente sempre più tagliati a livello di organico e quindi di potenzialità del controllo; ma come si permettono questi sindacati confederali che con il loro esercito di Rls sui posti di lavoro chiudono gli occhi di fronte alle condizioni di lavoro, all’aumento della produttività, aumento dello sfruttamento per la competizione mondiale che non può che chiaramente peggiorare nella competizione per ritagliarsi nuovi mercati, per cui gli operai vengono usati come carne da macello per i propri profitti.

Poi non possiamo dimenticare un altro dato importantissimo: l’alternanza scuola lavoro, gli stage dei giovani che invece di entrare nelle fabbriche e poter imparare un lavoro, come si faceva una volta, imparare come muoversi in fabbrica, vengono sbattuti sulle linee di produzione, con il continuo ricatto del posto di lavoro.

Questa condizione la vediamo anche nelle piccole aziende, ma è chiaro che la condizione centrale è la condizione degli operai nelle grandi fabbriche, come alla Tenaris Dalmine dove ci sono premi istituiti con accordo sindacale legati agli indici di sicurezza, dove ci sono le prognosi decise dall’azienda che manda gli operai in reparto infortunati. Il metodo del padron Rocca lo conosciamo, è quello che viene usato in America Latina dove vicino alle fabbriche ci sono gli ospedali sempre di sua proprietà (a Dalmine per gli esami previsti per i controlli degli ex-esposti amianto si va alla sua Humanitas con tanto di avallo Ats; oppure vengono classificati come “malattia” o non vengono aperte le pratiche di infortuni quando sono sotto la soglia di pochi giorni e quindi non viene aperto una denuncia all’Inail... e anche questo uno dei dati per cui le segnalazioni di infortunio secondo l’Inail sono calate del 29%).

Il problema è uno solo, la ripresa della coscienza degli operai che solo noi possiamo difenderci da questo sistema e metterlo in discussione, e dobbiamo ripartire dai fatti come le iniziative di lotta degli operai dell’Ansaldo che hanno detto: più sicurezza o ci fermiamo. Questo è l’unico modo per poter affrontare questa guerra e rispondere a questa guerra con la guerra di classe. 

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