“rottura dell’assetto costituzionale”, “decretazione d’urgenza” illegale, funzione del parlamento annullata…
Un decreto legge contro la legalità costituzionale
di Fulvio Vassallo Paleologo (*) Opera attivamente nella difesa dei migranti e
dei richiedenti asilo,
1 novembre ’22
1. Il governo ha adottato una bozza di decreto legge
“omnibus” con misure molto eterogenee tra loro, che costituisce una evidente
rottura dell’assetto costituzionale e conferma i peggiori timori sulla tenuta
dello Stato democratico nel nostro paese.
La scelta di materie tanto diverse, dall’ergastolo ostativo
al rinvio di misure previste dal PNRR, fino all’introduzione di un nuovo reato
che punisce con gravissime sanzioni chi organizza e chi partecipa ad un “rave
party”, confermano come attraverso la decretazione d’urgenza il governo, che
gode di una maggioranza parlamentare di ferro, sia già all’attacco degli
obblighi derivanti dall’Unione europea e dei principi costituzionali sui quali
si fonda il carattere democratico dello Stato, come il principio di legalità e
la proporzionalità della sanzione penale.
Sotto l’apparente ombrello di misure che dovrebbero contrastare una presenza mafiosa che è ancora largamente diffusa e tende ad approfittare della difficile fase economica, sulla quale si tarda ad intervenire, il nuovo reato di “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”, costituisce una precisa dichiarazione di intenti che va oltre la materia dei rave party, che si sarebbe potuta affrontare restando nell’ambito della legislazione già esistente. Si prevede la reclusione da 3 a 6 anni per gli organizzatori dei rave, multe da 1.000 a 10.000 euro e si procede d’ufficio, “se il fatto è commesso da più di 50 persone allo scopo di organizzare un raduno dal quale possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute
pubblica”. Le pene sono soltanto ridotte per i semplici partecipanti. E’ prevista anche la confisca dei mezzi e delle attrezzature impiegate nell’organizzazione degli eventi.Sarebbe questo il contenuto del nuovo art. 434 bis c.p.,
inserito dopo l’articolo 434 del codice penale, che riguarda il “Crollo di
costruzioni o altri disastri dolosi”, anziché dopo l’art. 633 c.p. che riguarda
la fattispecie di “Invasione di terreni o edifici”. Una nuova previsione
estremamente generica che lascia alle autorità di polizia una larga
discrezionalità nell’accertamento del reato e nella formulazione della “notitia
criminis”. La bozza di decreto legge approvata dal governo prevede anche una
modifica al Codice antimafia introducendo misure di prevenzione personali come
la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per gli indiziati dell’“invasione
per raduni pericolosi”. Cosa si intende per “invasione”, e se si tratta di un
raduno “pericoloso” rimane affidato all’esclusivo potere discrezionale delle
autorità di polizia. Nel decreto legge non si indicano infatti i presupposti in
base ai quali definire il concetto di invasione o accertare gli indici di
pericolosità del “raduno”. La formulazione generica del nuovo decreto, adesso
pubblicato in Gazzetta Ufficiale, si presta ad interpretazioni assai
discrezionali da parte delle autorità di polizia e si potrebbe giungere
all’applicazione delle nuove norme incriminatrici ad occupazioni di case, di
scuole o di università.
2. Il decreto esprime un preoccupante squilibrio di potere
tra la funzione di governo e la residua funzione legislativa che rimane alle
camere, risultando già per questo in contrasto con il dettato costituzionale.
Il secondo comma dell’art. 77 Cost, anche alla luce dell’art. 15, comma 3,
della legge n. 400 del 1988, “impone il collegamento dell’intero decreto-legge
al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad
avvalersi dell’eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza
previa delegazione da parte del Parlamento”. Si è colta l’occasione del rave
party di Modena per un provvedimento che non appare certo legato ad un “caso
straordinario di necessità ed urgenza”, mentre rimangono accantonate emergenze
di natura economica, sanitaria ed ambientale che affliggono la vita quotidiana
di tante persone.
Il ricorso alla decretazione di urgenza è preoccupante non
solo per la consistenza quantitativa del fenomeno, ma anche per le evidenti
forzature cui sono sottoposti i concetti di straordinaria necessità e urgenza
fissati dall’art.77 della Costituzione. La Corte costituzionale in passato ha
valutato con rigore i requisiti della straordinaria necessità e urgenza,
rilevando che «l’esistenza e l’adeguatezza della situazione di fatto
comportante la necessità e l’urgenza di provvedere tramite l’utilizzazione di
uno strumento eccezionale quale il decreto legge, ne costituiscono un requisito
di validità costituzionale, sicché l’eventuale palese mancanza di esso
configura (…) un vizio di legittimità costituzionale del decreto legge». Il
Presidente della Repubblica firmerà il decreto ignorando la portata di questi rilievi?
3. Come già avvenuto in passato con i decreti legge in
materia di immigrazione e chiusura dei porti, ad esempio con il decreto n. 53
del 2019 (decreto sicurezza bis), che i precedenti governi non hanno saputo
abolire, si violano gli articoli 10 e 117 della Costituzione in base ai quali
la potestà legislativa dello Stato deve essere esercitata nel rispetto degli
obblighi internazionali. Come gli obblighi di soccorso in mare, sono obblighi
internazionali anche le previsioni, contenute nei trattati e nella normativa
europea, riguardanti lo Stato di diritto e i principi relativi alla sanzione
penale.
Secondo l’art.49.3 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea, che si collega al principio generale della proporzionalità
dei reati e delle pene sancito dalle tradizioni costituzionali comuni agli
Stati membri e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, “le pene
inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato”.
Come segnala Francesco Viganò, attuale giudice della Corte
Costituzionale, e autore di una monografia sulla proporzionalità della pena,
“una sentenza della Grande Sezione della Corte di giustizia (NE, in causa
C‑205/20) depositata lo scorso 8 marzo 2022 ha affermato il principio secondo
cui il criterio di proporzionalità della sanzione – stabilito da singole
direttive, ovvero fondato sull’art. 49, paragrafo 3, della Carta – è dotato di
effetto diretto nell’ordinamento degli Stati membri. Con la cruciale
conseguenza che il giudice penale, nell’ambito di applicazione del diritto
dell’Unione, sarà tenuto a disapplicare discipline legislative nazionali
contrastanti, seppur «nei soli limiti necessari per consentire l’irrogazione di
sanzioni proporzionate“. Intervento di disapplicazione parziale di una norma
che comunque non esclude la rimessione della questione dell’applicazione
complessiva della stessa norma penale, che preveda una sanzione sproporzionata,
alla Corte Costituzionale.
4. La commissione di reati è sempre meritevole di sanzione;
ma nel caso del primo decreto legge adottato in bozza dal governo Meloni si può
intravedere la conferma di un fenomeno degenerativo già in corso, come il
superamento del principio costituzionale di uguaglianza, con l’introduzione di
una norma di diritto penale che, dietro l’apparente neutralità, individua
figure e spazi sociali ben determinati, per i quali si prevede un sistema
sanzionatorio “speciale” giustificato anche sulla base della provenienza dei
presunti autori del reato. Secondo la Meloni, “in passato l’impressione che lo
Stato italiano ha dato è di un lassismo sul tema del rispetto delle regole e
della legalità. La volontà politica fa la differenza e il segnale è che non si
può venire in Italia per delinquere perché ci sono delle norme che vengono
applicate”.
Si introduce così un trattamento punitivo a forte
connotazione soggettiva e di carattere deteriore rispetto a molti altri reati
di gravità non certo inferiore, ma commessi al di fuori di eventi organizzati
come i rave party. Con una formulazione tanto ampia da mettere immediatamente
nel mirino tutte le attività di aggregazione sociale che si svolgono in luoghi
occupati. Una traduzione in chiave penalistica di uno degli obiettivi politici
che si pone il nuovo governo. Ma anche un primo attacco a principi fondamentali
sanciti dalla Costituzione italiana.
Il principio di uguaglianza (art.3 Cost.) e quello della
finalità rieducativa della pena (art.27 Cost.), impongono la non differenziazione
della pena in base alla provenienza sociale o geografica dell’autore del reato,
ed “un costante principio di proporzione tra qualità e quantità della sanzione,
da una parte, e offesa, dall’altra“.
La violazione di questi principi imporrebbe il rifiuto della
firma del nuovo decreto legge da parte del Presidente della Repubblica, o il
blocco in sede di esame da parte delle Commissioni affari costituzionali delle Camere,
ma i precedenti e la schiacciante maggioranza parlamentare, in assenza di una
opposizione coesa e davvero efficace, ci inducono a ritenere che quanto
annunciato dalla Meloni sarà presto legge dello Stato. Del resto è in corso da
anni lo svuotamento della funzione legislativa assegnata dalla Costituzione
alle assemblee elettive, in favore di uno strapotere dell’esecutivo, che usa a discrezione
e secondo precisi calcoli politici lo strumento dei decreti legge. Come si sta
verificando ancora una volta adesso.
5. Diventa sempre più importante a questo punto il ruolo dei
giudici, che dovranno sollevare eccezioni di costituzionalità nelle prime fasi
di applicazione delle nuove norme e proporre questioni pregiudiziali di
interpretazione alla Corte di Giustizia, in base all’art. 267 del Trattato di
funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) ex articolo 234 del TCE, sospendendo i
procedimenti penali in attesa del pronunciamento della Corte di Lussemburgo.
Sarà proprio sulla giurisdizione che si scatenerà adesso il prossimo attacco
del governo per contrastare sul nascere posizioni di indipendenza, rispetto
agli indirizzi governativi, e di ripristino dello Stato di diritto, che già si
sono registrate in passato in materia di chiusura dei porti quando si è tentato
di criminalizzare gli interventi di soccorso delle organizzazioni non
governative. Se l’Italia dovesse proseguire nella linea anticipata dal
Presidente del Consiglio, sulla via della deroga sistematica dei principi
democratici che caratterizzano lo Stato di diritto, pure in una fase
caratterizzata da un clima generale di guerra e da correlate misure
emergenziali, si potrebbe arrivare all’apertura di una procedura di infrazione
nei confronti del nostro paese, come si è fatto nei confronti dell’Ungheria di
Orban. Se ancora esisterà una Unione Europea capace di difendere i diritti
fondamentali della persona enunciati nei suoi Trattati e nella Carta dei
diritti fondamentali.
Il contrasto di questa grave involuzione antidemocratica che
fin dai primi atti sembra costituire la cifra del nuovo governo Meloni non si
può tuttavia esaurire nelle aule di giustizia o all’interno del nostro paese,
ma impone una quotidiana responsabilizzazione di tutti i cittadini democratici
per la difesa degli spazi di partecipazione e di solidarietà sui territori ed
una internazionalizzazione della questione democratica in ambito europeo.
Oggi l’attacco si porta nei confronti degli spazi sociali occupati e delle fasce giovanili più esposte all’esclusione. Ma già domani nel mirino dei decreti d’urgenza del governo potrebbero esserci le povertà, vecchie e nuove, e tutti coloro che lottano nei territori per difendere la pace, il lavoro, l’ambiente ed i diritti sociali che saranno calpestati dalle misure che il governo si appresta ad adottare ricorrendo alla decretazione d’urgenza, con il Parlamento ridotto ad un ruolo di mera ratifica. Il decreto legge appena approvato in bozza denota la volontà di affrontare questioni sociali sempre più gravi, inclusa la questione dell’uso di sostanze stupefacenti, con misure meramente repressive a scopo di deterrenza, misure di carattere penale che riusciranno soltanto a creare altra emarginazione ed a affollare le aule giudiziarie e le carceri. Contro tutto questo si dovranno moltiplicare e rafforzare le tante resistenze diffuse che già esistono nei territori ed affiancare alla difesa legale la comunicazione sociale e la partecipazione di tutti e di tutte alla difesa attiva delle libertà e dei diritti sanciti dalla Costituzione.
(*) Avvocato. Opera attivamente nella difesa dei migranti e dei richiedenti asilo, in collaborazione con diverse Organizzazioni non governative. Fa parte della rete europea di assistenza, ricerca ed informazione Migreurop ed è componente della Campagna LasciateCientrare. Tra i fondatori dell'Associazione Diritti e Frontiere.
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