Il 4 ottobre abbiamo concentrato l'intervento alla portineria 2. Per fortuna proprio quel giorno rientravano a lavorare tutti gli operai e operaie addetti alla produzione della 500.
Molti capannelli, striscione in grande evidenza sulla linea generale dell’intervento.
I temi principali affrontati sono stati tre: sul governo e ciò che si prospetta, sulla situazione interna alla Stellantis, sui sindacati e sul che fare.
Alcuni operai erano molto attivi nel denunciare la situazione all’interno della fabbrica, che è molto pesante, dura, una situazione in cui chi si muove, protesta rischia di essere segnalato e spostato.
Questa fotografia della fabbrica porta però a dire che non è possibile fare, cambiare niente, che gli operai hanno mollato e quindi non ci sarebbe alcuna possibilità di lotta.
Legata a questo è la questione sindacale. Alcuni dicono che l’unico sindacato che si muove è la Fiom, ma essendo solo non può fare chi sa che cosa; altri denunciano tutti i sindacati, arrivando ad estendere la denuncia anche ai cobas per dire che tutti finiscono per fare solo i loro interessi. Questo ha suscitato discussione, contrapposizione e chiarezza.
Interessante la discussione con le operaie che sono molte. Con alcune abbiamo soprattutto discusso
dell’unità delle varie fabbriche in lotta e in sofferenza, e del conseguente lavoro che stiamo facendo sia con l’Assemblea proletaria anticapitalista del 17 settembre che con l’Assemblea delle operaie; ma soprattutto sviluppando un intervento continuo alle fabbriche principali.Rispetto al governo e la situazione generale, la maggiorparte degli operai, operaie denuncia la questione del salario, carovita, bollette, la difficoltà di arrivare a fine mese, con la consapevolezza che avanza la stagione invernale, accendere la luce alle 5 o il riscaldamento per più ore sarà un salasso per le famiglie operaie.
Altri operai, anche della Fiom, dicevano: facciamo cominciare a lavorare questo governo, non l’abbiamo visto ancora all’opera. Abbiamo ribattuto: non è che non sappiamo quali interessi difenderà e quali piani intende portare avanti, anche gli operai sanno bene chi sono quelli che faranno il nuovo governo e i loro legami con i padroni. Nei giorni precedenti vi erano state sia la dichiarazione di Bonomi, presidente della Confindustria, di sostanziale appoggio alla Meloni purché difenda i loro interessi; che di Landini che dice: niente prevenzione sulla Meloni. Dichiarazioni che aiutano a capire che già tutti sul fronte borghese si stanno posizionando, unendo, e noi dobbiamo unire il nostro fronte, fare la nostra guerra di classe.
Sulla situazione della fabbrica, uno dei punti ricorrenti è la sfiducia; c’è consapevolezza della situazione, dei piani di Tavares, dell’inconsistenza dell’opposizione sindacale, però questa non produce per ora una reazione di lotta, rimane l'incertezza.
C’è paura, perchè ad ogni passaggio muta il quadro e gli assetti produttivi. C’è l’incertezza di tanti che non hanno un posto di lavoro fisso, ad ogni ristrutturazione le postazioni rischiano di cambiare, c’è il rischio di tagli e di trasformazione di lavoratori diretti in lavoratori in appalto; per la cassintegrazione le liste sono fluide, e chi sciopera, anche chi fa gli scioperi della Fiom, viene preso di mira, che significa essere spostato nelle postazioni scomode o finire nelle liste di cassintegrazione. Questo porta a non avere fiducia sul futuro, sui piani, e men che mai sul ruolo delle Istituzioni sia locali che nazionali.
Noi abbiamo spiegato il nostro ruolo alla fabbrica, che non è quello di dire: vieni con noi, iscriviti, ma, nel solco della Assemblea proletaria anticapitalista, quello di chiamare gli operai a reagire, a perseguire, a rendersi parte attiva dell’unità tra gli operai e tra le fabbriche, in rapporto anche con noi.
L’intervento è stato positivo, molti operai si sono fermati, e non è scontato di questi tempi alle fabbriche. Si sono raccolti alcuni elementi di maggiore inchiesta sulla situazione interna e sulle dinamiche che si creano sul posto di lavoro.
Così non è vero che è stato votato dagli italiani, perchè circa il 17% degli italiani, e di più tra i lavoratori e masse popolari, non lo hanno votato.
Rispetto alla sfiducia in fabbrica, la cosa è molto più seria, perchè è difficile rimuoverla e rende difficile la lotta. Ma su questo bisogna guardare allo stato di necessità, su alcune questioni i lavoratori dovranno necessariamente tutelare i loro interessi rispetto a problemi che si aggravano. I principali sono quelli del salario, ma anche i problemi dei carichi di lavoro e incertezza rispetto al futuro, su cui non ci possono essere dubbi che bisogna muoversi. E parlando operai si dicevano d’accordo nella discussione, sulla necessità di mobilitarsi,
Noi dobbiamo vedere questi interventi non una tantum, una "campagna" che comincia e finisce, ma l’inizio del lavoro sistematico verso le fabbriche che abbiamo deciso di seguire. Noi non ce ne andiamo più. Noi non proponiamo un altro sindacato, ma una linea sindacale di classe che si faccia strada sulla base dei fatti..
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