Dalla vertenza Whirlpool indicazioni per cambiare le relazioni industriali
Il posto di lavoro dei dipendenti della Whirlpool è sotto l’attacco dei “mercati”. Il sindacalismo di base chiede al governo una svolta nelle relazioni e nella politiche industriali.
Per capire le dimensioni della posta in gioco racchiusa nella vertenza Whirlpool,
che prevede, nel suo aspetto più drammatico, la vendita e/o chiusura
dello storico stabilimento di Napoli, occorre conoscere alcuni dati
utili a contestualizzare il problema.
Whirlpool Corporation è un colosso mondiale nel
campo degli elettrodomestici, ha sede negli Stati Uniti e la proprietà è
formata da un azionariato diffuso avente come azionisti principali
alcuni fondi pensione statunitensi.
Nel 2017 Whirlpool Corporation aveva un fatturato di
21,25 miliardi di dollari con un utile netto di 350 milioni di dollari
e 92.000 dipendenti. È suddivisa in macroregioni mondiali e quella che
a noi interessa si chiama Whirlpool Emea (Europa, Medio-Oriente e
Africa). Whirlpool Emea, in perdita da oltre 10 anni, fattura nel 2017 5
miliardi di dollari, ha 24.000 dipendenti e 15 stabilimenti in 8
paesi diversi. In Italia Emea nel 2017 ha prodotto oltre 6 milioni di pezzi e impiega 6.000 persone in 6 stabilimenti.
paesi diversi. In Italia Emea nel 2017 ha prodotto oltre 6 milioni di pezzi e impiega 6.000 persone in 6 stabilimenti.
Come ho detto precedentemente, Whirlpool Emea è in perdita da anni e a nulla è valso l'acquisto della multinazionale Indesit
nel 2015, pagata oltre 10 miliardi di dollari e che nei piani della
Corporation americana doveva servire a far diventare Whirlpool il primo
produttore di elettrodomestici al mondo e risolvere i problemi cronici
di Emea. Il fatto che queste due realtà, Whirlpool Emea e Indesit,
avessero ognuna al proprio interno gravi problemi e la sbagliata
gestione dell’affare hanno provocato un aggravamento della situazione,
già di per sé non edificante. Non sono inoltre mancati negli ultimi
anni tentativi da parte del management di Whirlpool Emea per recuperare redditività, arrivando
a chiudere negli ultimi 6 anni lo stabilimento di Trento avente 500
addetti e 300 nell'indotto, 2 stabilimenti in Germania, uno in Svezia
ed uno in Francia.
Nel 2015, anno dell'acquisizione Indesit, Whirlpool
Emea presenta un piano che prevede la dismissione degli impianti ex
Indesit di Carinaro e di Teverola in provincia di Caserta e del centro
logistico di None in Piemonte.
A fronte delle durissime lotte dei lavoratori di tutto il gruppo, e in particolare dei siti di Carinaro e Teverola, la vicenda approda al Ministero dello Sviluppo Economico
e dopo lunghe, drammatiche e complesse trattative tra le
Organizzazioni Sindacali e l'Azienda, con la mediazione del Ministero,
si arriva alla firma di un accordo che prevede l'assunzione dei
lavoratori di None da parte di un imprenditore della logistica presente
in zona, la riconversione e vendita a terzi del sito di Teverola e la
riconversione per Carinaro da sito produttivo a centro per la logistica
dei pezzi di ricambio per tutto il gruppo.
In quell’occasione Whirlpool presenta un piano di
rilancio per tutti gli stabilimenti del gruppo, impegnandosi a
trasferire volumi dall'estero in Italia, una nuova politica di
marketing e la promessa di nuovi prodotti da lanciare sul mercato. Per
gli esuberi, annunciati in circa 1.350 (poi in realtà divenuti 2.060),
il piano prevedeva prepensionamenti, incentivi all'esodo e
l'assorbimento di quote di lavoratori in particolare nello
stabilimento di Napoli e Cassinetta (VA). Il ministero e le regioni
interessate si impegnavano ad erogare ammortizzatori sociali e
sovvenzioni di vario tipo e Whirlpool Emea metteva sul piatto 500 milioni di Euro.
Purtroppo per la Whirlpool, ma soprattutto per i
lavoratori, questo piano non è decollato come poteva essere dalle
premesse. Ulteriori errori strategici di Whirlpool Emea, e problemi
cronici mai risolti hanno fatto sì che la situazione peggiorasse
ulteriormente. Si assiste in tutto il gruppo a stabilimenti
altamente profittevoli, soprattutto all'estero e altri, tutti quelli
italiani, che stanno in piedi soprattutto grazie agli ammortizzatori
sociali e alle facilitazioni per le imprese a essi collegati.
Si arriva così alla fine del 2018 e alla scadenza
del piano del 2015 e anche questa volta le parti si incontrano al Mise.
Viene così concluso, dopo una veloce trattativa, un nuovo accordo che
ricalca in gran parte il piano del 2015. Vengono riconfermati gli
ammortizzatori sociali e sovvenzioni da parte delle istituzioni, Whirlpool
Emea promette da subito il trasferimento di volumi dall'estero in
Italia e avvia un nuovo piano di rilancio, investendo 250 milioni di
Euro. Gli incentivi all'esodo, portati a cifre che al netto
potevano raggiungere i 65 mila euro nella prima fase, avrebbero
contribuito grandemente ad azzerare tutti gli esuberi degli
stabilimenti Italiani.
Esuberi zero entro il 2021! Così annunciò trionfalmente il Ministro Di Maio e qualcuno ci credette pure!
Il resto è cronaca. Dopo circa 7 mesi dalla firma al Mise, Whirlpool annuncia in maniera brutale la dismissione e la vendita dello stabilimento di Napoli a terzi. In poche parole una cessione di ramo d'impresa dagli esiti molto incerti.
Appare evidente che la proprietà americana, la
Corporation, abbia chiesto ai dirigenti Emea un ulteriore sforzo, una
tappa del “piano di rientro” che prevederebbe nelle prospettive della
multinazionale un azzeramento delle consuete perdite nel giro di pochi
anni. La scusa dell'azienda è che lo stabilimento di Napoli,
che produce lavatrici di alta gamma, subisce da anni una contrazione
del mercato, a causa della la concorrenza interna di altri siti
produttivi del gruppo (soprattutto esteri) e di varie congiunture aziendali e internazionali che hanno portato uno stabilimento di eccellenza alla perdita di 20 milioni di euro l'anno, nonostante investimenti per il sito pari a 70 milioni.
In tutti questi mesi Whirlpool Emea ha tenuto e tiene in scacco governo e sindacati,
nonostante la palese inaffidabilità del soggetto acquirente e della
debolezza del progetto di dismissione, non cedendo di un millimetro dai
suoi propositi di vendita, nonostante la dura lotta degli operai Napoletani e Campani e di tutti i siti del gruppo.
I lavoratori chiedono alla Whirlpool il rispetto
degli accordi siglati in sede ministeriale e tutta la politica e la
società civile sono ovviamente d'accordo.
E chi non lo sarebbe?
Peccato che in questa fase si combatte contro la Whirlpool con le unghie spuntate.
Il governo non può fare più di quello che ha fatto perché non può fare
altro che minacciare tuoni e fulmini, tra cui il ritiro di tutti i
soldi dati alla Whirlpool. Altro non può fare perché le leggi europee e nazionali proteggono la Whirlpool e la libera impresa.
Le OO.SS. confederali mobilitano ancora una
larga parte dei lavoratori e cercano di fare pressione con tutti i
metodi classici di lotta, ma temo che i miei colleghi fiaccati da troppi anni di magri stipendi non possano resistere molto a lungo. Occorrerebbero
da parte Sindacale azioni e proposte più radicali e di grande respiro,
atte a creare lavoro e non solo a difenderlo.
Al parlamento si deve chiedere il varo di leggi che regolino la presenza delle multinazionali nel territorio nazionale,
ne disciplinino la loro azione imprenditoriale e impediscano ad esse,
nella sostanza, di fare quello che più aggrada loro, magari tenendo in
ostaggio migliaia di lavoratori. Nei casi estremi si deve procedere senza indugio alla nazionalizzazione
e al rilancio dei siti produttivi, impegnando quelle stesse risorse
che fino ad ora vengono elargite alle imprese. Sono sicuro che il legislatore troverà nella nostra Costituzione della Repubblica una feconda ispirazione.
Vien da sé che occorre riunire le oltre 150 vertenze che giacciono al Mise e trasformarle in un unico piano nazionale di salvaguardia e promozione del lavoro che preveda anche la compartecipazione o la diretta proprietà dello Stato dei siti produttivi. Nutro fiducia che la gestione statale non potrà certamente fare più danni di quelli che sono capaci di fare certe imprese.
Al governo e ai parlamentari Europei, infine, si
deve chiedere con forza che si facciano interpreti in ogni sede di
proposte atte a regolare in tutta Europa l'attività delle imprese multinazionali.
Tutto questo va fatto subito, perché è già troppo tardi.
C’è chi ha detto che la vertenza Whirlpool è
diventata un simbolo nella partita delle relazioni industriali nel
nostro paese e concordo con questa affermazione; tuttavia per fare in
modo che la conduzione di tale vertenza non sia fatta soltanto da uno
slogan dai risvolti rovinosi, occorre aprire immediatamente nel
nostro paese un dibattito serio ed onesto tra tutte le realtà sindacali
e sociali che siano interessate a cambiare questo stato di cose che
genera solo miseria e violenza.
Non abbiamo tempo da perdere, questo sistema, questo stato di cose, è irriformabile, occorre cambiarlo.
L’autore è delegato sindacale Rsu della Whirlpool di Siena per Cobas Lavoro Privato
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