Torino, cinque assolti per gli scontri al comizio di Casapound
Richieste di risarcimento per le immagini divulgate dalle forze dell'ordine della fase degli arresti
Sei imputati, cinque assoluzioni: si è concluso
così il processo per gli scontri che si erano
verificati il 22 febbraio 2018 a Torino di fronte all'hotel Nh di corso Vittorio
Emanuele, dove era in corso un comizio elettorale del leader di Casapound Simone
Di Stefano. E il difensore di alcuni degli imputati, Claudio Novaro, nei giorni
scorsi ha anche presentato richieste di risarcimento alle forze dell'ordine, per
aver divulgato filmati della fase dell'arresto di un diciottenne, considerati
lesive della sua immagine, a maggior ragione ora che il tribunale ne ha
affermato la non colpevolezza. Tra i 400 manifestanti scesi in piazza c'era
anche Flavia
Lavinia Cassaro, la maestra che era stata immortalata mentre insultava
pesantemente i poliziotti ed era stata licenziata.
Durante il corteo antifascista, organizzato dai centri sociali, si erano verificati scontri e lanci di petardi contro le forze dell'ordine. Sei agenti erano rimasti feriti, colpiti dalle schegge di legno, e sulle prime la questura aveva ipotizzato che potesse trattarsi di ordigni artigianali confezionati con l'intento di alzare il livello della tensione. "Del lancio di bombe carta di questo tipo non c'è traccia negli atti processuali", precisa l'avvocato Novaro. Le indagini, coordinate dal pm Enrico Arnaldi di Balme, avevano attribuito agli indagati accuse di resistenza, lesioni e uso di artifizi pirotecnici. Ma secondo il tribunale le prove a loro carico non erano sufficienti e stamattina sono stati assolti per non aver commesso il fatto. L'unica condanna a un anno di carcere è quella a un brasiliano che è stato visto mentre lanciava delle bottiglie verso il cordone delle forze dell'ordine.
Alcuni degli arrestati erano stati sottoposti a periodi di custodia cautelare in carcere lunghi. In particolare aveva fatto scalpore il caso di un ragazzo legato al centro sociale Askatasuna, ora assolto: difeso dall'avvocato Roberto Lamacchia, dopo tre mesi di carcere aveva ottenuto gli arresti domiciliari con il vincolo del braccialetto elettronico, ma nonostante quel provvedimento il giovane era rimasto in cella ancora per diversi giorni poiché i braccialetti erano esauriti.
Durante il corteo antifascista, organizzato dai centri sociali, si erano verificati scontri e lanci di petardi contro le forze dell'ordine. Sei agenti erano rimasti feriti, colpiti dalle schegge di legno, e sulle prime la questura aveva ipotizzato che potesse trattarsi di ordigni artigianali confezionati con l'intento di alzare il livello della tensione. "Del lancio di bombe carta di questo tipo non c'è traccia negli atti processuali", precisa l'avvocato Novaro. Le indagini, coordinate dal pm Enrico Arnaldi di Balme, avevano attribuito agli indagati accuse di resistenza, lesioni e uso di artifizi pirotecnici. Ma secondo il tribunale le prove a loro carico non erano sufficienti e stamattina sono stati assolti per non aver commesso il fatto. L'unica condanna a un anno di carcere è quella a un brasiliano che è stato visto mentre lanciava delle bottiglie verso il cordone delle forze dell'ordine.
Alcuni degli arrestati erano stati sottoposti a periodi di custodia cautelare in carcere lunghi. In particolare aveva fatto scalpore il caso di un ragazzo legato al centro sociale Askatasuna, ora assolto: difeso dall'avvocato Roberto Lamacchia, dopo tre mesi di carcere aveva ottenuto gli arresti domiciliari con il vincolo del braccialetto elettronico, ma nonostante quel provvedimento il giovane era rimasto in cella ancora per diversi giorni poiché i braccialetti erano esauriti.
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