Madrid: la polizia inventa una bomba, manifestante condannato a 4 anni di carcere
- marco santopadre contropiano
La condanna odierna per detenzione di esplosivi – la Procura aveva chiesto una pena di cinque anni e sei mesi - si aggiunge a quella di un anno per resistenza a pubblico ufficiale già inflittagli nei mesi scorsi in relazione ad un’altra manifestazione.
Secondo polizia e magistrati il giovane, lo scorso 14 novembre del 2012, giornata di sciopero generale indetto dai sindacati spagnoli contro il governo Rajoy e le misure di austerità, sarebbe stato fermato da tre agenti di polizia in borghese nei pressi della Avenida Buenos Aires di Madrid mentre si recava a un picchetto informativo e sarebbe stato trovato in possesso di uno zaino all’interno del quale c’era una grande borsa di plastica che conteneva un ordigno di fabbricazione artigianale.
Peccato che poi questo zaino sequestrato dagli agenti – un agente ha raccontato di averlo portato in commissariato senza ricorrere ad alcuna misura di sicurezza e senza coinvolgere gli artificieri per disinnescarlo - sia sparito nel nulla e che nessun’altra prova sia stata trovata nel corso di ben tre perquisizioni a casa del ragazzo, della fidanzata e di una sede sociale di tifosi della terza squadra di calcio della capitale.
Peccato pure che più volte, nel corso del processo, Alfon abbia denunciato che in realtà lo zaino con dentro l’esplosivo era in possesso dei poliziotti che lo avrebbero minacciato di denunciarlo per possesso dell’ordigno nel caso in cui si fosse rifiutato di coinvolgere alcuni membri dei Bukaneros, tifoseria di estrema sinistra della squadra di calcio del Rayo Vallecano, e altri giovani aderenti a gruppi antifascisti.
Agli agenti in cerca di nomi di attivisti politici di sinistra da coinvolgere in qualche inchiesta Alfonso Fernández Ortega sarà sicuramente sembrato il soggetto ideale da ricattare, visti i suoi trascorsi giovanili turbolenti che gli sono costati numerose denunce e condanne.
Da quando è stato arrestato il giovane attivista anticapitalista è stato oggetto di una vasta campagna di solidarietà. Il suo volto e il suo nome sono finiti su magliette, bandiere, striscioni, e per la sua liberazione sono state convocate numerose manifestazioni ed è stata creata un’associazione denominata “Madri contro la repressione”. Sua madre, un’attivista del popolare quartiere di Vallecas, insieme a quelle di altri militanti colpiti dalla repressione hanno portato avanti una capillare campagna contro la persecuzione giudiziaria condotta dalle autorità nei confronti del ragazzo convincendo alcune forze politiche della sinistra parlamentare addirittura a presentare una proposta di legge “contro la criminalizzazione della protesta sociale e la restrizione dei diritti fondamentali e delle libertà pubbliche”.
Ma sono bastate le dichiarazioni dei tre poliziotti autori del fermo e della perquisizione, nonostante la testimonianza contraria da parte di alcuni attivisti presenti al momento dell’intervento degli agenti e la misteriosa ‘sparizione’ del corpo del reato, a convincere il tribunale di Madrid a condannare Alfon che ha già passato in una cella di isolamento due mesi di detenzione preventiva e che ha già annunciato tramite il suo legale che farà ricorso in appello contro una sentenza che reputa ‘assurda’.
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