Pirellone nel facsmile c'è
Mussolini:
l'assessorato fa partire un'inchiesta
l'assessorato fa partire un'inchiesta
Il Duce e
una fantomatica sorella Benita, con tanto di codice fiscale, nelle istruzioni
online per le iscrizioni agli enti di formazione professionali. L'assessore
Aprea: "Un incidente gravissimo"
"Un
incidente gravissimo". Valentina Aprea, assessore lombardo all'Istruzione,
annuncia così l'avvio di una verifica interna per stabilire chi abbia deciso di
usare il nome di Benito Mussolini, come riporta il Corriere della Sera,
in un facsimile allegato alle istruzioni tecniche destinate agli enti di
formazione professionale regionali sulle modalità di iscrizione degli studenti.
La schermata con i riferimenti anagrafici al Duce è stata immediatamente
rimossa.
Il nome di Mussolini, ma anche quello di una presunta versione al femminile, la sorella Benita, è finito su un manuale in formato pdf e consultabile in Internet da tutti i professori, impiegati e dirigenti dei centri di formazione accreditati dal Pirellone, che sono 859 (numero aggiornato al dicembre 2013). La schermata facsimile fornita dal sito della Regione riporta una scheda d'iscrizione ed è appunto in questa scheda che sono stati usati come esempio i nomi degli alunni Benito e Benita Mussolini, data di nascita 1° gennaio 1990 (studenti un po' in ritardo, visto che alla bella età di 24 anni dovrebbero iscriversi al primo anno della scuola superiore) e perfino i loro codici fiscali: MSSBNT90A01L400B
Il nome di Mussolini, ma anche quello di una presunta versione al femminile, la sorella Benita, è finito su un manuale in formato pdf e consultabile in Internet da tutti i professori, impiegati e dirigenti dei centri di formazione accreditati dal Pirellone, che sono 859 (numero aggiornato al dicembre 2013). La schermata facsimile fornita dal sito della Regione riporta una scheda d'iscrizione ed è appunto in questa scheda che sono stati usati come esempio i nomi degli alunni Benito e Benita Mussolini, data di nascita 1° gennaio 1990 (studenti un po' in ritardo, visto che alla bella età di 24 anni dovrebbero iscriversi al primo anno della scuola superiore) e perfino i loro codici fiscali: MSSBNT90A01L400B
e
MSSBNT90A01L400F.
"Sono molto adirata e sebbene si tratti di un manuale tecnico non accessibile al pubblico, ma all'interno di un'area riservata del sito rivolta esclusivamente agli operatori accreditati - ha detto l'assessore Aprea - considero gravissimo e inammissibile questo incidente". E ancora: "Ringrazio per la segnalazione fatta e mi scuso a nome di Regione Lombardia per questa incresciosa vicenda, i cui seguiti saranno gestiti con molto rigore".
"Sono molto adirata e sebbene si tratti di un manuale tecnico non accessibile al pubblico, ma all'interno di un'area riservata del sito rivolta esclusivamente agli operatori accreditati - ha detto l'assessore Aprea - considero gravissimo e inammissibile questo incidente". E ancora: "Ringrazio per la segnalazione fatta e mi scuso a nome di Regione Lombardia per questa incresciosa vicenda, i cui seguiti saranno gestiti con molto rigore".
(08 febbraio 2014) © Riproduzione riservata
"È lecito insegnare queste
canzoni e perché devono essere imparate a memoria. Quale spirito critico si può
avere a 13 anni?" si chiede una donna La scuola risponde che l'insegnamento
è stato votato dal consiglio di classe su programma ministeriale. Il ministero,
interpellato, fa sapere che "esiste l'autonomia scolastica"
“Faccetta nera,
bell’abissina, aspetta e spera che già l’ora si avvicina!…”. È alle
adunate di nostalgici e ammiratori di Benito Mussolini nonché di
neofascisti che si sente cantare questo inno del Ventennio. E così quando una
madre milanese di una ragazzina di 13 anni ha visto che tra gli spartiti di
musica assegnati alla figlia c’era questa canzone si è sentita ribollire. Prima
ha chiesto spiegazioni alla docente e poi ha chiamato il fattoquotidiano.it
temendo che potesse anche essere reato. “Non è perché mio nonno è morto da
partigiano, ma semplicemente perché non voglio che mia figlia
impari a memoria canzoni fasciste”. E Faccetta nera è anche razzista. Fu
citando questo inno che il leghista Mario Borghezio chiese
polemicamente al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di collocare il
ritratto di “‘Faccetta Nera’ Kyenge nello spazio bianco della
bandiera tricolore” nell’agosto scorso. L’insegnamento di alcuni canzoni
come questa o Giovinezza agli studenti di terza media (la foto
è generica e ritrae ragazzi maggiorenni, ndr) in realtà è una prassi o quasi
perché tratta di un programma multidisciplinare – storia geografia letteratura
e musica – che già nel 2011 aveva suscitato polemiche in Veneto e in Puglia. A
Lecco era anche esplosa la polemica perché in un istituto religioso veniva
insegnata ai bambini piccoli. La madre della studentessa, che si definisce
molto amareggiata, teme inoltre che cantare e suonare quelli che erano due inni
del fascismo oltre a essere inopportuno in una classe con almeno uno studente
di colare, possa essere anche un illecito penale. In verità non esiste
giurisprudenza definitiva in merito e se questo possa costituire apologia
del fascismo punita dal 1952 con la cosiddetta legge Scelba. Nel
2010 uno studente di 16 anni, secondo alcune cronache, per esempio era stato
primo condannato a 3 anni e successivamente stato assolto. Alcuni siti di
nostalgici però consigliano di non cantare le canzoncine razziste e fasciste
perché si rischia una incriminazione. Il 28 gennaio scorso un giudice
bolzanino, come chiesto dal pm, ha assolto due cinquantenni veneti, tra cui
Piero Puschiavo, esponente della Fiamma Tricolore, dall’accusa appunto
di apologia del fascismo: i due che avevano preso parte all’adunata degli
alpini nel 2012 a Bolzano, erano stati segnalati dalle forze dell’ordine
per avere diffuso con un megafono proprio “Faccetta Nera”. A testimonianza che
qualche dubbio sulla questione c’è. Il programma proposto dall’insegnante
di musica – per tutela della privacy della ragazzina non scriviamo di quale
scuola si tratta – contiene oltre le due canzoni mussoliniane “Ti saluto
vado in Abissinia” anche questa tra gli inni del Ventennio, “Ta pum”
(una canzone del periodo della I Guerra mondiale) - proposta per esempio
da Umberto Bossi nel 2008 come inno di Italia - “La Tradotta”, un
canto degli Alpini) e “La leggenda del Piave”, inno nazionale italiano
dal 1943 al 1946. C’è una canzone del 1941 “Giarabub” e anche due inni
partigiani come “Bella Ciao” e “Fischia il vento”. A
completare un quadro di musiche e testi delle due guerre. “Il discorso da fare
è chiedersi se è lecito insegnare queste canzoni e perché devono essere
imparate a memoria. Quale spirito critico si può avere a 13 anni? A volte anche
gli adulti hanno difficoltà a capire – dice al fattoquotidiano.it la donna – .
Quella canzone parla di invadere un paese, senza contare la possibilità di
offendere le persone di colore. Una cosa è dire che sono esistite queste
canzoni una cosa è farle imparare”. Interpellata la preside della scuola
fa sapere che si tratta di un programma in cui viene affrontato il periodo
storico che va dalle guerre di indipendenza alla II guerra mondiale che è stato
“votato dal consiglio di classe” su programma ministeriale. Il ministero
dell’Istruzione, interpellato, non rilascia alcuna dichiarazione perché si
tratta di una “questione interna alla scuola”, “esiste l’autonomia della scuola
ed è il dirigente scolastico che deve rispondere”, i poteri di intervento
esistono “solo in caso di violazioni”. Le preoccupazioni, le domande e i dubbi
di un cittadino e di genitore possono evidentemente rimanere tali.
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