MUOS di Niscemi, il futuro delle guerre passa dalla Sicilia
- Antonio Mazzeo
Svettano
spettrali su una collina della riserva naturale di Niscemi le tre
mega-antenne del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari
che guiderà le guerre globali delle forze armate Usa. Anni di
mobilitazioni popolari, decine di cortei, sit-in, azioni dirette
nonviolente, blocchi stradali, uno sciopero generale autogestito,
invasioni di massa di una delle più grandi installazioni della Marina
militare degli Stati Uniti nel Mediterraneo, non sono stati sufficienti a
impedire la conclusione dei lavori del quarto terminale terrestre di
uno dei programmi strategicamente più rilevanti del Pentagono. Politici e
ministri di centrodestra e centrosinistra, generali, manager e
azionisti del complesso militare, industriale e finanziario nazionale
hanno fatto fronte comune con la borghesia mafiosa contro la popolazione
siciliana e i numerosi comitati di base locali sorti in opposizione
alle logiche di guerra e in difesa della salute, dell’ambiente e del
territorio. Le azioni dei militanti No MUOS sono stato brutalmente
represse dalle forze dell’ordine, centinaia di giovani e donne sono
stati oggetto di vergognosi provvedimenti penali e sono fioccate multe e
sanzioni per migliaia di euro. Nell’Isola sempre più fortezza armata,
sono stati pesantemente ridotti gli spazi di agibilità politica e
democratica e limitati le libertà e i diritti d’espressione.
I governi succedutisi alla guida del paese nell’ultima decade hanno fatto a gara per accontentare qualsivoglia richiesta strategica del partner d’oltreoceano. L’Italia ha contributo alle guerre permanenti in Iraq, Afghanistan e Corno d’Africa; ha autorizzato il trasferimento della brigata aviotrasportata Usa dalla Germania a Vicenza e la creazione della grande base al “Dal Molin”; ha legittimato la trasformazione di Sigonella in capitale mondiale dei droni; ha trasformato il Nord-Est e la Sicilia in piattaforme avanzate per gli interventi armati di USAFRICOM nel continente africano; ha acquistato i famigerati cacciabombardieri a capacità nucleare F-35; ha spianto la strada al MUOS di Niscemi. Né impavido filo-atlantismo né supina subordinazione allo strapotere economico di Washington quello delle classi dirigenti italiane. Ma solo e semplicemente una logica di scambio ineguale sulla pelle, la salute e le tasche degli italiani, in nome del perseguimento di facili profitti da parte dei produttori bellici di casa nostra - a capitale pubblico e/o privato - come Finmeccanica, Fincantieri, Beretta, Iveco, ecc.. Un do ut des che ha consentito l’apertura del mercato statunitense ai mercanti di morte del Bel Paese, favorendo intrepide e dispendiose alleanze con i giganti del complesso militare industriale Usa. Prima fra tutte Lockheed Martin, poco meno di 50 miliardi di dollari di fatturato l’anno, artefice di fittissime reti d’interessi corruttivi in più di un continente, produttrice del MUOS e degli F-35, nonché partner di Finmeccanica nell’affaire dei cacciabombardieri, del sistema missilistico “anti-missili” MEADS e, da qualche giorno, di un sofisticato sistema di controllo e comunicazioni per il nuovo comando Nato di Bruxelles.
Un’incomparabile differenza di forze in campo: il Golia a stelle e strisce con i suoi mercenari a Roma e nel governo regionale della Sicilia (fra tutti, gli ultimi due presidenti-governatori, l’“autonomista” Raffaele Lombardo e l’“antimafioso” Rosario Crocetta, più l’intero stato maggiore del Pd isolano); i cento-mille David che non si sono piegati neanche di fronte le intimidazioni e le minacce delle cosche più efferate di Cosa Nostra, le cui imprese sono state chiamate a realizzare le piattaforme di cemento armato per i tralicci e antenne satellitari nella “Sughereta”, in palese violazione delle normative ambientali, urbanistiche e antimafia. Intorno, l’indifferenza delle forze politiche, sociali e sindacali e i silenzi interessati o le omissioni dei grandi network editoriali e radiotelevisivi. L’esito del primo round del conflitto contro il MUOStro di Niscemi, in fondo, era scontato. Ma le mega-antenne montate (ma non ancora funzionanti) non rappresentano la fine dell’Utopia di una Sicilia ponte di pace e dialogo tra i popoli del Mediterraneo. Quello in atto è uno scontro epocale, per la stessa sopravvivenza della specie umana, mai come adesso minacciata dai folli piani di totale automatizzazione, dronizzazione e robotizzazione dei conflitti armati. Comitati e attivisti sanno bene che la mobilitazione non può che essere a medio e lungo termine e che sarà necessario affiancare il No al MUOS al No ai Droni e il NO alle guerre alle migrazioni scatenate dall’Italia e dall’Unione europea con l’Operazione Mare Nostrum e il trasferimento in Sicilia e a Lampedusa e Pantelleria di un enorme dispositivo militare aeronavale e di velivoli senza pilota anti-migranti. Un impegno a 360 gradi contro militarizzazioni, militarismi e guerre, in rete con tutte le soggettività in lotta contro il neoliberismo, le brutali politiche di austerità e annientamento della spesa sociale e i tagli all’occupazione, all’istruzione e alla sanità.
I governi succedutisi alla guida del paese nell’ultima decade hanno fatto a gara per accontentare qualsivoglia richiesta strategica del partner d’oltreoceano. L’Italia ha contributo alle guerre permanenti in Iraq, Afghanistan e Corno d’Africa; ha autorizzato il trasferimento della brigata aviotrasportata Usa dalla Germania a Vicenza e la creazione della grande base al “Dal Molin”; ha legittimato la trasformazione di Sigonella in capitale mondiale dei droni; ha trasformato il Nord-Est e la Sicilia in piattaforme avanzate per gli interventi armati di USAFRICOM nel continente africano; ha acquistato i famigerati cacciabombardieri a capacità nucleare F-35; ha spianto la strada al MUOS di Niscemi. Né impavido filo-atlantismo né supina subordinazione allo strapotere economico di Washington quello delle classi dirigenti italiane. Ma solo e semplicemente una logica di scambio ineguale sulla pelle, la salute e le tasche degli italiani, in nome del perseguimento di facili profitti da parte dei produttori bellici di casa nostra - a capitale pubblico e/o privato - come Finmeccanica, Fincantieri, Beretta, Iveco, ecc.. Un do ut des che ha consentito l’apertura del mercato statunitense ai mercanti di morte del Bel Paese, favorendo intrepide e dispendiose alleanze con i giganti del complesso militare industriale Usa. Prima fra tutte Lockheed Martin, poco meno di 50 miliardi di dollari di fatturato l’anno, artefice di fittissime reti d’interessi corruttivi in più di un continente, produttrice del MUOS e degli F-35, nonché partner di Finmeccanica nell’affaire dei cacciabombardieri, del sistema missilistico “anti-missili” MEADS e, da qualche giorno, di un sofisticato sistema di controllo e comunicazioni per il nuovo comando Nato di Bruxelles.
Un’incomparabile differenza di forze in campo: il Golia a stelle e strisce con i suoi mercenari a Roma e nel governo regionale della Sicilia (fra tutti, gli ultimi due presidenti-governatori, l’“autonomista” Raffaele Lombardo e l’“antimafioso” Rosario Crocetta, più l’intero stato maggiore del Pd isolano); i cento-mille David che non si sono piegati neanche di fronte le intimidazioni e le minacce delle cosche più efferate di Cosa Nostra, le cui imprese sono state chiamate a realizzare le piattaforme di cemento armato per i tralicci e antenne satellitari nella “Sughereta”, in palese violazione delle normative ambientali, urbanistiche e antimafia. Intorno, l’indifferenza delle forze politiche, sociali e sindacali e i silenzi interessati o le omissioni dei grandi network editoriali e radiotelevisivi. L’esito del primo round del conflitto contro il MUOStro di Niscemi, in fondo, era scontato. Ma le mega-antenne montate (ma non ancora funzionanti) non rappresentano la fine dell’Utopia di una Sicilia ponte di pace e dialogo tra i popoli del Mediterraneo. Quello in atto è uno scontro epocale, per la stessa sopravvivenza della specie umana, mai come adesso minacciata dai folli piani di totale automatizzazione, dronizzazione e robotizzazione dei conflitti armati. Comitati e attivisti sanno bene che la mobilitazione non può che essere a medio e lungo termine e che sarà necessario affiancare il No al MUOS al No ai Droni e il NO alle guerre alle migrazioni scatenate dall’Italia e dall’Unione europea con l’Operazione Mare Nostrum e il trasferimento in Sicilia e a Lampedusa e Pantelleria di un enorme dispositivo militare aeronavale e di velivoli senza pilota anti-migranti. Un impegno a 360 gradi contro militarizzazioni, militarismi e guerre, in rete con tutte le soggettività in lotta contro il neoliberismo, le brutali politiche di austerità e annientamento della spesa sociale e i tagli all’occupazione, all’istruzione e alla sanità.
Il
Movimento ha fissato le prossime tappe per la controffensiva No MUOS.
Depositato in Parlamento il testo di una mozione per la sospensione
immediata del progetto, nei prossimi giorni si rafforzerà il pressing
perché finalmente le Camere, in ottemperanza agli articoli 11, 80 e 87
della Costituzione, deliberino contro l’installazione di un sistema di
distruzione di massa, di proprietà ed uso esclusivo delle forze armate
Usa. Sabato 22 febbraio, a Caltanissetta, un corteo e un presidio No
MUOS ribadiranno il sacrosanto diritto ad opporsi ai piani di morte Usa,
Nato e Ue, denunciando altresì il ciclone repressivo scatenato dalle
forze di polizia e dall’autorità giudiziaria - dalla Val di Susa a
Niscemi - ai danni dei singoli e delle realtà auto-organizzate che si
oppongono alle Grandi Opere e ai processi di militarizzazione dei
territori. L’appuntamento per tutti, infine, è per sabato 1 marzo ancora
una volta a Niscemi, per una manifestazione di fronte la megastazione
di radiocomunicazione NRTF e satellitare MUOS. “L’installazione
all’interno della riserva naturale di Niscemi è da oltre vent’anni
attiva con le sue 46 antenne apportando gravi danni all’ambiente e alla
salute delle persone” denunciano i Comitati No MUOS. “Il primo di marzo
ci muoveremo ancora una volta tutte e tutti verso la base attraverso cui
governi e militari credono di poter raggiungere i propri fini di guerra
e controllo passando sulle nostre vite. Determinati come abbiamo
imparato ad essere, torneremo a riprenderci ciò che è nostro, sempre più
convinti che l’occupazione militare non sia più tollerabile e che le
scelte sui territori debbano essere determinate dalle esigenze delle
popolazioni che li abitano e non dai disegni geopolitici delle potenze
economiche”.
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