La Turchia lo ha già fatto l'anno scorso con risultati che sono sotto gli occhi di tutte e tutti.
E intanto emergono anche altre cose, oltre che in Turchia anche in Italia, come il corpo di Samanta
Fava, murato nella casa del suo partner.
Abbattiamo questi muri e liberiamo questi corpi, i nostri corpi, per dire chiaro cosa non vogliamo:
Non vogliamo una fascista e antiabortista come Isabella Rauti alle politiche di contrasto alle
violenze contro le donne
Non vogliamo larghe intese sulla pelle delle donne
Non vogliamo task force/aumento delle forze di polizia, azioni che creano un clima securitario
Denunciamo l'azione generale dei governi di attacco alle condizioni di vita delle donne,
l'oppressione delle donne, base e alimento dell'humus maschilista di "odio verso le
donne"
Indignamoci verso le ignobili sentenze che i tribunali stanno facendo contro le donne, a partire da
quella che ha "ratificato", per la seconda volta, lo stupro del 'branco' a Marinella di Montalto di Castro. Sentenze vergognose, che offendono le donne e oggettivamente creano un clima in cui lo
stupro non è una cosa così grave.
Siamo con le donne turche, in prima fila nella grande lotta in Turchia. Donne che oltre alla
repressione delle carceri stanno subendo stupri punitivi dai militari e dalla polizia, in barba a
qualsiasi convenzione...
Siamo con le donne indiane, che contro gli stupri e i femminicidi più efferati, anche di bambine,
hanno mostrato al mondo che ribellarsi è giusto e se sei donna è doppiamente giusto.
Siamo con la maggior parte delle donne italiane
perchè per ogni donna uccisa, stuprata e offesa siamo tutte parte lesa.
La convenzione di Istambul non ferma la necessità della lotta delle donne, come unica strada contro femminicidi e stupri!
Saremo a Roma il 6 luglio, a gridare la nostra rabbia
Daremo voce alle donne che verranno e a quelle che vorranno lottare anche oltre il 6 luglio
Saremo la scintilla che comincia ad illuminare una strada ancora troppo in ombra.
Perchè non è mai troppo presto, ma è sempre troppo tardi e ora è tempo della lotta. Chi antepone le
"parole" alla lotta, si trincera dietro le parole per rimandare sine die la lotta.
Oggi mi sono fermata davanti alla lapide per Giorgiana Masi, uccisa dallo
stato il 12 maggio del '77. Questo c'è scritto:
"… se la rivoluzione d’ottobre
fosse stata di maggio,
se tu vivessi ancora,
se io non fossi impotente
di fronte al tuo assassinio,
se la mia penna fosse un’arma vincente,
se la mia paura esplodesse nelle piazze,
coraggio nato dalla rabbia strozzata in gola,
se l’averti conosciuta diventasse la nostra forza,
se i fiori che abbiamo regalato alla tua coraggiosa vita
nella nostra morte diventassero ghirlande
della lotta di noi tutte, donne,
se ….
non sarebbero le parole a cercare d’affermare la vita
ma la vita stessa, senza aggiungere altro."
E' tempo della lotta, è tempo della vita!
Luigia
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