Pubblichiamo la traduzione
di un’intervista a un lavoratore portoghese della logistica. Anche se
l’articolo muove da una situazione specifica, quella degli scaricatori
di porto, ci sembra estremamente interessante perché ci presenta una
serie di elementi che incontriamo ogni giorno anche dalle nostre parti e
nelle nostre lotte.
Dal tentativo di distruggere il contratto nazionale fino a quello di rinegoziare il salario nominale (cioè di diminuire puramente e semplicemente la busta paga), dalla mossa di creare una nuova impresa che assuma secondo le sue regole (ricordate Marchionne e la Newco?), a quella di utilizzare le piccole imprese facendo magari lavorare giovani immigrati più ricattabili, dal licenziamento degli operai più politicizzati al tentativo di spezzare la schiena a uno dei sindacati più radicati e combattivi del paese: il padronato mette in campo sempre le stesse ricette.
Dal tentativo di distruggere il contratto nazionale fino a quello di rinegoziare il salario nominale (cioè di diminuire puramente e semplicemente la busta paga), dalla mossa di creare una nuova impresa che assuma secondo le sue regole (ricordate Marchionne e la Newco?), a quella di utilizzare le piccole imprese facendo magari lavorare giovani immigrati più ricattabili, dal licenziamento degli operai più politicizzati al tentativo di spezzare la schiena a uno dei sindacati più radicati e combattivi del paese: il padronato mette in campo sempre le stesse ricette.
Ma – come abbiamo visto succedere anche
in Italia nella lotta contro Esselunga, IKEA, e le piccole cooperative
in appalto e subappalto – tutto ciò non passa senza una reazione
decisa dei lavoratori, che sono consapevoli dello sfruttamento, ma
anche della loro forza collettiva e della loro centralità nella
produzione, del fatto cioè che sono loro a produrre la ricchezza.
È questo almeno quello che si evince dalla parole di Antònio Mariano,
che sottolineando la centralità della logistica per il capitalismo
contemporaneo, chiama a una mobilitazione unitaria fra le diverse sigle
sindacali: “Oggi tocca a noi, scaricatori e precari, guadagnare un
terzo, ma domani toccherà a tutti. Quale dovrebbe essere la risposta? La
risposta dobbiamo darla noi oggi! Chi lavora può controllare la
produzione. Fermiamo il paese fino a quando non otteniamo condizioni
decenti, non per questo o quel lavoratore, ma per tutti i lavoratori del
paese”.
L’intervista è stata fatta da “Rubra”, una rivista di compagni portoghesi che si occupano di fare inchiesta e approfondimento sul mondo del lavoro. Nata nel 2008, completamente autofinanziata, “Rubra” è una rivista fatta per lavoratori e studenti, e intende essere “uno strumento nella lotta contro il capitalismo [che] nella contraddizione capitale-lavoro trova la chiave delle vittorie sociali”.
***
Da “Rubra”, 2 aprile 2013, Rui Viana Pereira
Accettare il taglio del salario da 1700€ a 550€ o perdere il lavoro: questo è l’attacco terrorista del padronato contro gli scaricatori portuali
La proposta padronale di rinegoziazione del contratto collettivo degli scaricatori portuali prevede una riduzione del salario a meno di un terzo (550€) di quello percepito da un lavoratore con anni di esperienza (1700€)! Nello stesso momento, ad Aveiro [cittadina costiera del centro del Portogallo, ndt], pretendono di sostituire gli scaricatori professionali con altri lavoratori malpagati e senza formazione, attraverso la creazione di un’impresa portuale alternativa. Chiediamo ad Antònio Mariano, scaricatore, quale deve essere la risposta a questo attacco terrorista.
Che sta succedendo ora con gli scaricatori?
Il 18 marzo scorso, al sindacato degli scaricatori è stato notificato un ricorso, da parte delle associazioni imprenditoriali di settore, contro i contratti collettivi di lavoro nei porti di Lisbona e Figueira da Foz. Ci hanno anche fatto una proposta miserabile per un nuovo contratto collettivo che fa regredire le condizioni di lavoro a mezzo secolo fa. Per certi aspetti si tratta delle peggiori condizioni lavorative che i scaricatori portuali abbiano mai sperimentato in Portogallo.
A titolo di esempio riferisco che la proposta padronale vuole portare il salario a meno di un terzo (550 €) rispetto al valore di base attualmente percepito da un lavoratore con anni di esperienza (1700 €), vale a dire con più di 17 anni di attività.
Allo stesso tempo, ad Aveiro, pretendono di sostituire i lavoratori portuali professionali con dei lavoratori mal pagati, senza formazione, senza diritti o condizioni di lavoro minimamente decenti. Tutto ciò è realizzato con il sostegno delle autorità, che permettono l’apertura di un’azienda alternativa.
Cosa pensi che vogliano fare con gli scaricatori? Perché questa proposta tanto brutale? Credi che si tratti di dare un esempio agli altri?
Sono sicuro che ciò che si tenta di fare oggi agli scaricatori portoghesi è esattamente ciò che fece Margaret Thatcher con i minatori nel Regno Unito negli anni ‘80 e ciò che fece Reagan con i controllori del traffico aereo negli anni ‘90. Vogliono spezzare la schiena al sindacato che, nel nostro caso, continua ad avere tassi di adesione vicini al 100%.
Gli attacchi di cui siamo bersaglio non hanno nulla a che fare con il peso assolutamente trascurabile del costo del lavoro nel porto, ma hanno piuttosto a che fare con il tentativo di togliere la sabbia dagli ingranaggi che la nostra organizzazione professionale può rappresentare per l’azienda nelle varie trattative con le grandi multinazionali che dominano tutto.
Oggi tocca a noi, scaricatori e precari, guadagnare un terzo, ma domani toccherà a tutti. Quale dovrebbe essere la risposta? La risposta dobbiamo darla noi oggi! Chi lavora può controllare la produzione. Fermiamo il paese fino a quando non otteniamo condizioni decenti, non per questo o quel lavoratore, ma per tutti i lavoratori del paese.
E’ evidente l’importanza, nei mercati globalizzati, dei porti, da cui dipende il profitto, poiché le società operano oggi con pochi margini di manovra, per via dei livelli di scorte vicine allo zero. E’ così, i lavoratori dei trasporti sono in grado di interrompere la produzione, perché oggi tutto dipende dal trasporto, a tutti i livelli. Siamo in grado di vincere questa battaglia e non solo perché così bisogna agire. Dobbiamo lottare per vincere.
Cosa pensi potrebbe essere fatto assieme agli altri sindacati dei trasporti per esempio?
Tenuto conto degli attacchi molto forti che tutti i settori collegati al trasporto stanno ora subendo, l’unità d'azione, concreta e non solo a parole, diventa più importante che mai. Non è prassi molto comune nei nostri sindacati, ma è indispensabile. Tutta la violenza con cui ci attaccano deve ricevere da parte nostra una risposta proporzionata. E molta sinergia sindacale sarà necessaria tra coloro che vogliono realmente reagire perché è giunto il tempo di lasciare alle spalle le realtà diverse che rappresentiamo - gli scaricatori hanno da sempre svolto le loro attività in un ramo fiorente del settore privato.
L’intervista è stata fatta da “Rubra”, una rivista di compagni portoghesi che si occupano di fare inchiesta e approfondimento sul mondo del lavoro. Nata nel 2008, completamente autofinanziata, “Rubra” è una rivista fatta per lavoratori e studenti, e intende essere “uno strumento nella lotta contro il capitalismo [che] nella contraddizione capitale-lavoro trova la chiave delle vittorie sociali”.
***
Da “Rubra”, 2 aprile 2013, Rui Viana Pereira
Accettare il taglio del salario da 1700€ a 550€ o perdere il lavoro: questo è l’attacco terrorista del padronato contro gli scaricatori portuali
La proposta padronale di rinegoziazione del contratto collettivo degli scaricatori portuali prevede una riduzione del salario a meno di un terzo (550€) di quello percepito da un lavoratore con anni di esperienza (1700€)! Nello stesso momento, ad Aveiro [cittadina costiera del centro del Portogallo, ndt], pretendono di sostituire gli scaricatori professionali con altri lavoratori malpagati e senza formazione, attraverso la creazione di un’impresa portuale alternativa. Chiediamo ad Antònio Mariano, scaricatore, quale deve essere la risposta a questo attacco terrorista.
Che sta succedendo ora con gli scaricatori?
Il 18 marzo scorso, al sindacato degli scaricatori è stato notificato un ricorso, da parte delle associazioni imprenditoriali di settore, contro i contratti collettivi di lavoro nei porti di Lisbona e Figueira da Foz. Ci hanno anche fatto una proposta miserabile per un nuovo contratto collettivo che fa regredire le condizioni di lavoro a mezzo secolo fa. Per certi aspetti si tratta delle peggiori condizioni lavorative che i scaricatori portuali abbiano mai sperimentato in Portogallo.
A titolo di esempio riferisco che la proposta padronale vuole portare il salario a meno di un terzo (550 €) rispetto al valore di base attualmente percepito da un lavoratore con anni di esperienza (1700 €), vale a dire con più di 17 anni di attività.
Allo stesso tempo, ad Aveiro, pretendono di sostituire i lavoratori portuali professionali con dei lavoratori mal pagati, senza formazione, senza diritti o condizioni di lavoro minimamente decenti. Tutto ciò è realizzato con il sostegno delle autorità, che permettono l’apertura di un’azienda alternativa.
Cosa pensi che vogliano fare con gli scaricatori? Perché questa proposta tanto brutale? Credi che si tratti di dare un esempio agli altri?
Sono sicuro che ciò che si tenta di fare oggi agli scaricatori portoghesi è esattamente ciò che fece Margaret Thatcher con i minatori nel Regno Unito negli anni ‘80 e ciò che fece Reagan con i controllori del traffico aereo negli anni ‘90. Vogliono spezzare la schiena al sindacato che, nel nostro caso, continua ad avere tassi di adesione vicini al 100%.
Gli attacchi di cui siamo bersaglio non hanno nulla a che fare con il peso assolutamente trascurabile del costo del lavoro nel porto, ma hanno piuttosto a che fare con il tentativo di togliere la sabbia dagli ingranaggi che la nostra organizzazione professionale può rappresentare per l’azienda nelle varie trattative con le grandi multinazionali che dominano tutto.
Oggi tocca a noi, scaricatori e precari, guadagnare un terzo, ma domani toccherà a tutti. Quale dovrebbe essere la risposta? La risposta dobbiamo darla noi oggi! Chi lavora può controllare la produzione. Fermiamo il paese fino a quando non otteniamo condizioni decenti, non per questo o quel lavoratore, ma per tutti i lavoratori del paese.
E’ evidente l’importanza, nei mercati globalizzati, dei porti, da cui dipende il profitto, poiché le società operano oggi con pochi margini di manovra, per via dei livelli di scorte vicine allo zero. E’ così, i lavoratori dei trasporti sono in grado di interrompere la produzione, perché oggi tutto dipende dal trasporto, a tutti i livelli. Siamo in grado di vincere questa battaglia e non solo perché così bisogna agire. Dobbiamo lottare per vincere.
Cosa pensi potrebbe essere fatto assieme agli altri sindacati dei trasporti per esempio?
Tenuto conto degli attacchi molto forti che tutti i settori collegati al trasporto stanno ora subendo, l’unità d'azione, concreta e non solo a parole, diventa più importante che mai. Non è prassi molto comune nei nostri sindacati, ma è indispensabile. Tutta la violenza con cui ci attaccano deve ricevere da parte nostra una risposta proporzionata. E molta sinergia sindacale sarà necessaria tra coloro che vogliono realmente reagire perché è giunto il tempo di lasciare alle spalle le realtà diverse che rappresentiamo - gli scaricatori hanno da sempre svolto le loro attività in un ramo fiorente del settore privato.
Cosa siete disposti a fare per sconfiggere la proposta padronale?
Prima di tutto, vorrei denunciare davanti a tutti i portoghesi la brutalità dell’attacco contro gli scaricatori portuali, accompagnato finora dal silenzio dei media controllati dalle grandi imprese e dal potere. Ora, immagino che deve essere stato ordinato loro di mettere a tacere le informazioni su questo settore, anche se solo pochi mesi fa ci hanno coperto di menzogne e calunnie.
Poi, bisogna passare a tutte le forme di lotta possibili, in un contesto di maggiore unità nazionale e di solidarietà internazionale, più efficaci ed energiche. Non accetto che un potere neoliberista e illegittimo sconfigga una classe professionale, che ha dato prova di lotta organizzata per i diritti da oltre 3 secoli. Contro questo terrorismo sociale, piuttosto che indignarci, abbiamo il dovere di disobbedire e di mettere in discussione l’intero sistema mafioso che ci governa.
Sulla questione delle imprese alternative di lavoro temporaneo, dobbiamo agire affinché non entrino mai nei processi di lavoro e, possibilmente, farle fallire. E impedire con tutti i mezzi che abbiamo la creazione di altre simili imprese, il cui unico scopo, da parte delle aziende di trasporto che le controllano, è fare facili profitti sfruttando la precarietà, l’insicurezza a tutti i livelli, l’utilizzo di manodopera senza formazione e imponendo salari da fame, oltre che più ore lavorative e senza tutele.
Per quanto riguarda la proposta padronale di contrato collettivo, posso solo dire, a questo punto, – e fino a quando si terranno le elezioni degli organismi di gestione del sindacato il 10 aprile - che deve essere data una risposta proporzionata all’attacco. Non possiamo accettare la modifica dei protocolli, che mette in discussione un lungo elenco di diritti essenziali per i lavoratori, frutto di decenni di contrattazione collettiva: aumento delle indennità di malattia e di morte; più giorni di ferie; regime di sicurezza sul lavoro; limitazione nell’assunzione e nell’impiego di lavoratori precari; schema delle priorità nel collocamento dei lavoratori e adozione di un protocollo che estende il contratto collettivo da concordare. Per non ripetermi, dico che noi respingeremo al mittente la vergognosa proposta di salario in contemporanea con l’aumento dell’orario lavorativo.
Che è successo dopo la fine dello sciopero e la pubblicazione della legge?
I lavoratori portuali sospesero gli scioperi il 27 dicembre, poche settimane dopo che la legge sui lavoratori portuali fosse approvata, con il voto favorevole della maggioranza dei partiti, sostenuti anche dal PS, e pochi giorni prima che la legge fosse promulgata dal Presidente della Repubblica.
La verità è che già dopo due settimane, 19 scaricatori a Lisbona furono licenziati. O meglio, la società di Lisbona non rinnovò più i loro contratti, spedendoli nei centri per l’impiego per chiedere l’indennità di disoccupazione. Si noti che si tratta di lavoratori con un’esperienza lavorativa di almeno 6 anni, e uno di 10 anni!
Prima di tutto, vorrei denunciare davanti a tutti i portoghesi la brutalità dell’attacco contro gli scaricatori portuali, accompagnato finora dal silenzio dei media controllati dalle grandi imprese e dal potere. Ora, immagino che deve essere stato ordinato loro di mettere a tacere le informazioni su questo settore, anche se solo pochi mesi fa ci hanno coperto di menzogne e calunnie.
Poi, bisogna passare a tutte le forme di lotta possibili, in un contesto di maggiore unità nazionale e di solidarietà internazionale, più efficaci ed energiche. Non accetto che un potere neoliberista e illegittimo sconfigga una classe professionale, che ha dato prova di lotta organizzata per i diritti da oltre 3 secoli. Contro questo terrorismo sociale, piuttosto che indignarci, abbiamo il dovere di disobbedire e di mettere in discussione l’intero sistema mafioso che ci governa.
Sulla questione delle imprese alternative di lavoro temporaneo, dobbiamo agire affinché non entrino mai nei processi di lavoro e, possibilmente, farle fallire. E impedire con tutti i mezzi che abbiamo la creazione di altre simili imprese, il cui unico scopo, da parte delle aziende di trasporto che le controllano, è fare facili profitti sfruttando la precarietà, l’insicurezza a tutti i livelli, l’utilizzo di manodopera senza formazione e imponendo salari da fame, oltre che più ore lavorative e senza tutele.
Per quanto riguarda la proposta padronale di contrato collettivo, posso solo dire, a questo punto, – e fino a quando si terranno le elezioni degli organismi di gestione del sindacato il 10 aprile - che deve essere data una risposta proporzionata all’attacco. Non possiamo accettare la modifica dei protocolli, che mette in discussione un lungo elenco di diritti essenziali per i lavoratori, frutto di decenni di contrattazione collettiva: aumento delle indennità di malattia e di morte; più giorni di ferie; regime di sicurezza sul lavoro; limitazione nell’assunzione e nell’impiego di lavoratori precari; schema delle priorità nel collocamento dei lavoratori e adozione di un protocollo che estende il contratto collettivo da concordare. Per non ripetermi, dico che noi respingeremo al mittente la vergognosa proposta di salario in contemporanea con l’aumento dell’orario lavorativo.
Che è successo dopo la fine dello sciopero e la pubblicazione della legge?
I lavoratori portuali sospesero gli scioperi il 27 dicembre, poche settimane dopo che la legge sui lavoratori portuali fosse approvata, con il voto favorevole della maggioranza dei partiti, sostenuti anche dal PS, e pochi giorni prima che la legge fosse promulgata dal Presidente della Repubblica.
La verità è che già dopo due settimane, 19 scaricatori a Lisbona furono licenziati. O meglio, la società di Lisbona non rinnovò più i loro contratti, spedendoli nei centri per l’impiego per chiedere l’indennità di disoccupazione. Si noti che si tratta di lavoratori con un’esperienza lavorativa di almeno 6 anni, e uno di 10 anni!
Ma i padroni non avevano garantito già 4 mesi fa che non ci sarebbero stati licenziamenti?
Sia i datori di lavoro che altre figure decorative, sia pubbliche che private, l’avevano detto. La verità è che stanno licenziando. Ci sarà qualcuno che crede ancora in chi ci governa, in questa diabolica alleanza tra governo e capitale, in cui tutti vogliono cancellare il lavoro?
La verità è che il lavoro al porto esiste, quasi tutti i giorni, per questi 19 lavoratori, ma le imprese portuali preferiscono spingerli verso il Fondo di Disoccupazione, ammassandoli agli altri centinaia di migliaia che sono già lì, senza futuro, nel mentre impone ai lavoratori rimanenti - come già successo in passato - di fare dai 2 ai 3 turni giornalieri.
Quali sono queste imprese?
In Portogallo esistono essenzialmente tre imprese che dominano l’attività portuaria. Una di queste ha la sede a Sines ed è la PSA (Port Singapure Authority-Sines), che è parte di uno dei maggiori GTO (Global Terminal Operators) a livello mondiale, società partecipata, credo al 100%, dallo stato di Singapore, con un contratto a trattativa privata ancora valido per un periodo superiore a 50 anni. Gli altri due sono gruppi nazionali – il gruppo Mota-Engil e ETE – che sono distribuiti attraverso più aziende in quasi tutti i porti nazionali, soprattutto nei più importanti.
Sia i datori di lavoro che altre figure decorative, sia pubbliche che private, l’avevano detto. La verità è che stanno licenziando. Ci sarà qualcuno che crede ancora in chi ci governa, in questa diabolica alleanza tra governo e capitale, in cui tutti vogliono cancellare il lavoro?
La verità è che il lavoro al porto esiste, quasi tutti i giorni, per questi 19 lavoratori, ma le imprese portuali preferiscono spingerli verso il Fondo di Disoccupazione, ammassandoli agli altri centinaia di migliaia che sono già lì, senza futuro, nel mentre impone ai lavoratori rimanenti - come già successo in passato - di fare dai 2 ai 3 turni giornalieri.
Quali sono queste imprese?
In Portogallo esistono essenzialmente tre imprese che dominano l’attività portuaria. Una di queste ha la sede a Sines ed è la PSA (Port Singapure Authority-Sines), che è parte di uno dei maggiori GTO (Global Terminal Operators) a livello mondiale, società partecipata, credo al 100%, dallo stato di Singapore, con un contratto a trattativa privata ancora valido per un periodo superiore a 50 anni. Gli altri due sono gruppi nazionali – il gruppo Mota-Engil e ETE – che sono distribuiti attraverso più aziende in quasi tutti i porti nazionali, soprattutto nei più importanti.
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