“La condizione della donna in una
società è la misura del grado di civiltà di quella società”.
Noi diremmo oggi che il grado di inciviltà, di marciume, di
putrefazione del sistema capitalistico, di humus reazionario che
invade tutte le istituzioni borghesi, di ideologia da moderno
fascismo, di degrado culturale, si misura sulla condizione delle
donne, sul livello di attacco, non solo pratico ma soprattutto
ideologico, politico, verso le donne.
Come stiamo denunciando da tempo,
questo humus, questo viscerale reazionarismo, diventa ‘odio’ puro
e semplice, per il fatto che si tratta di donne, che fuoriescono,
anche al di là della loro coscienza, dai canoni di questa società.
Questo ‘odio’ verso le donne in quanto donne ha inevitabilmente a
che fare con l’ideologia e la politica, i cardini di un moderno
fascismo – che oggi viene direttamente portato avanti da chi
gestisce il potere borghese, in tutti i sensi.
Questo e non altro spiega la nuova
sentenza oscena contro degli stupratori. La “condanna” di mera
“messa in prova” emessa dai giudici verso gli stupratori di
Marinella a Montalto di Castro, costruita e pagata dal sindaco,
iscritto al PD – tuttora in questo partito nonostante i pietosi
tentativi di qualche esponente per chiederne le dimissioni; sostenuta
da buona parte del paese che non solo difende ma legittima gli
stupratori; passata nel silenzio nazionale anche delle belle anime
femminili dei partiti di “sinistra” e del parlamento, ma anche
della maggioranza delle realtà che si dicono, impropriamente,
femministe.
Ma questo spiega anche le precedenti
sentenze. Quella de L’Aquila, chiusa con una condanna di soli 8
anni allo stupratore militare di ‘Rosa’, salvandolo dall’accusa
di tentato assassinio; anche qui un processo che ha avuto voce solo
grazie alle pochissime, combattive compagne che hanno continuamente
manifestato al Tribunale, nell’indifferenza della stessa gente de
L’Aquila, e grazie al coraggio dignitoso e forte di ‘Rosa’ e
della madre che continua la battaglia. Come la prima sentenza e il
lungo via crucis di Carmela e della sua famiglia a Taranto, anche qui
tre stupratori di una bambina di 13 anni, che poi si è suicidata per
la violenza degli uomini e dello Stato, sono stati “messi alla
prova”, perdonati; mentre le anime democratiche, “civili” della
città fanno finta di non sapere e non vedere.
Tutte le denunce di questo sistema
sociale, tutte le espressioni “democratiche”, sulla condizione
delle donne – come nella stessa maniera sulla condizione degli
operai (ma di questo non parleremo ora) – si bloccano. E
smascherano il loro sub strato nero mostrando il loro non effettivo
contrasto, ideologico, culturale con le idee dominanti di questo
sistema sociale.
Lo si è visto con Berlusconi, dove
nessuno comprende e attacca realmente il “ciarpame senza pudore per
il divertimento dell'imperatore”; anzi, si è giustificato,
perdonato, peggio si è sghignazzato in maniera complice, e si
continua a farlo.
E che dire dei giudici, della
magistratura che oggi sembrano nella loro maggiori espressioni in
attacco verso le politiche, le leggi del governo, pronti a fare anche
il braccio di ferro con governo, istituzioni, padroni (vedi Taranto),
ma che - anche il più progressista dei giudici o delle giudici donne
– non hanno nulla da dire e denunciare su come la magistratura
“ammazza” una seconda volta le donne, offendendole pesantemente
nella loro dignità e strappando loro la voglia di lottare – come a
Montalto di Castro.
Poi vi sono le anime “democratiche”
piccolo e medio borghesi che tanto si indignano e gridano quando
viene “inquinata” la loro tranquilla vita, non che hanno nulla da
indignarsi invece quando viene uccisa la vita e il futuro delle
donne.
E potremmo continuare.
Le donne sono quindi una cartina di
tornasole, la punta di iceberg dell’ideologia di fondo di questo
sistema sociale.
Questa comprensione dà una ruolo
generale alla lotta delle donne. Essa è assolutamente necessaria,
perché più è presente più smaschera la vera natura di questo
sistema, e più pone l’impossibilità di modificarlo dall’interno,
ma solo di rovesciarlo, combattendo tutte le sue espressioni
politiche, economiche, sociali, ideologiche.
Ma c’è un altro aspetto importante
di questa lotta. Essa necessariamente è e deve essere
esplicitamente, nelle parole e nei fatti, portata avanti come una
sorta di “guerra civile”, anche tra le masse. Perché “dal
letame nascano i fiori” è necessario attaccare il letame sociale
comunque e dovunque si manifesti.
A Montalto di Castro, per capirci,
occorre sviluppare una sfida aperta, militante contro la maggioranza
dei suoi abitanti, senza sconti e falsi populismi.
L’humus, l’azione reazionaria,
maschilista di quelle masse di Montalto che sono scese al fianco dei
loro “bravi ragazzi” stupratori, va attaccato, senza sottrarsi
alla “guerra”; quando è in campo un’ideologia moderno fascista
è una forza opposta, ma altrettanto forte che può separare
l’errato, il nero dal giusto e dal rosso.
Quando questo è stato fatto, superando
le indecisioni che venivano anche dalle stesse compagne di Montalto,
le donne hanno vinto: certo una piccola vittoria, simboleggiata da
quelle poche finestre semichiuse in vie deserte, con alcuni abitanti
che hanno trovato il coraggio di applaudire il piccolo corteo delle
compagne nel novembre 2009. Ma oggi quella scelta segna la strada
concreta, l’unica strada per impedire la rassegnazione e la
sfiducia delle donne nella lotta.
Nessun commento:
Posta un commento