Dopo l’accordo con i padroni del 28 giugno (Accordo
interconfederale tra Confindustria e Cgil-Cil-Uil- 28 giugno 2011) sancito
dall’art. 8 della manovra economica dello scorso anno con cui il peso della
“contrattazione” si sposta dal piano nazionale a quello aziendale con
possibilità di deroga al contratto nazionale e libertà di licenziamento per
“motivi economici” e di fatto impossibilità di sciopero, siamo al rush finale
per la produttività.
Con coerenza quindi i sindacati confederali stanno
perfezionando l’abolizione dello Statuto dei lavoratori e la svendita di quei
diritti che secondo i loro stessi statuti dovrebbero difendere.
In un confronto durato 7 ore, riportano i quotidiani, “i
tecnici di Cgil, Cisl e Uil hanno continuato a lavorare fino a tardi, per
limare gli ultimi dettagli ed hanno spiegato l'intesa ad un rappresentante di
Confindustria, che oggi ne riferirà nella riunione delle organizzazioni
imprenditoriali, fissata alle 8.30
in viale dell'Astronomia”.
Si va di fretta perché il governo come abbiamo detto deve
avere il documento pronto per l’incontro di oggi pomeriggio con i vertici
europei, e forse ce la fanno… anche perché nella sostanza il ministro Passera
ha fatto capire che se non si arriva in tempo si mettono in discussione i soldi
previsti (1 miliardo e 600 milioni) per le aziende produttività, insomma uno
scambio di favori…
E i sindacati fanno la loro parte fino in fondo come dice
bene questo articolo del sole 24 ore di oggi che riportiamo per esteso perché è
molto chiaro anche nei dettagli su ciò che si “contratta” al tavolo della
produttività.
E nella massima ipocrisia e con l’intento di ingannare le
masse la Cgil giorno 20 ottobre sarà in piazza con una manifestazione pubblica con
la parola d’ordine “Il lavoro prima di tutto”! e per “cambiare l’agenda del
governo Monti”!!
***
Più salario variabile, accordo nel sindacato
ROMA - Sulla produttività del lavoro il sindacato si
ricompatta. Ieri sera al tavolo tecnico tra i sindacati si è registrata una
posizione «sostanzialmente comune» e dopo una giornata di confronto nella sede
della Uil di via Lucullo, l'eventualità di un accordo separato, senza la firma
della Cgil, sembra definitivamente sfumata, a meno di colpi di scena
dell'ultim'ora.
La posizione comune è stata illustrata in tarda serata dai
segretari confederali, Fabrizio Solari (Cgil), Giorgio Santini (Cisl) e Paolo
Pirani (Uil) ad un rappresentante delle imprese - il direttore delle relazioni
industriali di Confindustria, Pierangelo Albini - in vista della riunione di
questa mattina tra le associazioni datoriali, con l'obiettivo di raggiungere un
accordo complessivo tra le parti sociali da portare a Palazzo Chigi. Per
ridurre lo spread di produttività, i sindacati hanno ragionato di come dare più
peso alla parte variabile della retribuzione, riequilibrando il rapporto tra i
due livelli di contrattazione, considerando che su 100 euro di aumento in media
88 euro vengono distribuiti nella contrattazione nazionale, contro i 12 della
contrattazione aziendale, che è legata all'andamento della produttività e
beneficia della cedolare secca al 10%. A questo proposito i sindacati
convergono sulla proposta di lasciare ai contratti nazionali la destinazione di
una parte degli aumenti alla contrattazione aziendale.
La Cisl che sin dal principio ha spinto per un'intesa con il
Governo, ieri per voce del suo leader, Raffaele Bonanni, commentava: «Sarebbe
davvero strano che le parti sociali si sottraessero alla possibilità di
regolare bene le vicende della produttività, sapendo che la posta è il
ripristino della detassazione dei premi, che il Governo, grazie alle nostre
pressioni, ha rimesso in pista». Ma per il via libera all'accordo la leader
della Cgil, Susanna Camusso, ha spiegato di considerare «una discriminante» la
tutela da parte del contratto nazionale di lavoro del potere di acquisto dei
salari: «Se non lo si fa – ha detto – si è deciso di derubricare il potere
d'acquisto e ridurlo».
Fino a tarda notte il sindacato ha continuato a lavorare per
affinare la proposta, per cercare di sciogliere alcuni nodi come la
rappresentanza nelle Rsu (la Cgil è per il proporzionale puro, senza assegnare
un terzo dei seggi ai sindacati firmatari di contratto), che si lega
all'esigibilità degli accordi aziendali quando hanno la maggioranza dei
consensi tra i sindacati, o il demansionamento proposto soprattutto dalle
piccole imprese (si ragiona se trasferirlo nel perimetro dei contratti
nazionali).
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