La Fiom sta alle “pezze”, viene trattata dalla Fiat e ora da tutta le aziende della Federmeccanica come e in qualche caso anche peggio, dei cobas, i diritti sindacali previsti per i sindacati firmatari di contratto nazionale applicato nel settore di fatto non le sono più riconosciuti, a partire dai delegati , passando per il diritto d’assemblea, permessi sindacali, fino alla trattenuta della delega in busta paga.
Ma, pur trattata come i cobas, la Fiom non si sogna di rispondere almeno come i cobas reali con un reale radicamento sui posti di lavoro generalmente rispondono a questi attacchi: prima di tutto con la lotta e lo scontro diretto.
Landini continua ad invocare la “democrazia” contro il fascismo padronale, chiede alla politica – cioè al parlamento, agli stessi partiti che, nessuno escluso, appoggiano il piano Marchionne – di ridefinire le regole della rappresentanza: “Si può ripartire insieme dalla democrazia, dalla certificazione della rappresentanza che presuppone, e mi rivolgo anche alla politica e al governo, un intervento sull’art.19”; oppone ai dikat padronali e ai servi dei sindacati di regime la richiesta di referendum – già svuotati e addirittura usati pro domo sua dalla Fiat; avvia una raccolta di firme per un “referendum abrogativo dell’estensione del contratto di Pomigliano a tutta la Fiat” (ma ora è a tutte le aziende dell’auto). E (finalmente) indice 4 ore di sciopero a gennaio e una manifestazione a Roma per l’11 febbraio, vale a dire di sabato e quindi innocua per i Palazzi del potere economico e politico.
E’, come dire, farsi cadere volontariamente una pietra sui piedi!
Quando il fascismo padronale di Marchionne ha cominciato ad imporre i suoi diktat a Pomigliano, la Fiom ha denunciato lo straccio delle regole, dei diritti dei lavoratori e sindacali, ha fatto delle iniziative di lotta, ma poi ha passato la parola ai ricorsi; lo stesso ha fatto con Mirafiori, nonostante qui il NO operaio è stato più netto; poi vi è stata la Fiat Sata con in 3 licenziamenti politici, come monito di Marchionne a tutti i lavoratori che osassero scioperare contro i suoi piani, ma anche qui una iniziale compatta risposta dei lavoratori (anche di molti iscritti alle altre OO.SS.) alla fine è stata resa innocua, scegliendo solo e soltanto le aule dei tribunali, che a favore dei lavoratori certo non sono senza che anche qui pesi la forza della classe.
In fabbrica, tra gli operai e le operaie, la Fiom dal chiamare all’opposizione al piano Marchionne è passata a registrare semplicemente la situazione - che chiaramente con il fascismo ricattatorio di azienda e sindacati suoi agenti attivi, non può che andare peggio anche rispetto alla tenuta di lotta degli operai – e quindi a convincersi e convincere sempre di più che la strada principale era quella degli strumenti legali, della democrazia – ormai seppellita.
Così via via anche il contrasto direzione Fiom/Camusso dell’inizio si è ricucito, fino a mettere un velo pietoso sull’accordo vergognoso del 28 giugno firmato dalla Cgil, sindacati e Marcegaglia, che è stato di fatto l’anticamera dell’art. 8 del governo.
Non opporsi con una linea di classe e strumenti di una Resistenza di classe al fascismo padronale quando vi erano migliori condizioni tra gli operai Fiat, quando stavano tutti ancora in fabbrica, è stato CRIMINALE! Ha di fatto lasciato aperta la porta alla sua estensione oggi nelle fabbriche della Federmeccanica e domani in tutte le aziende della Confindustria. E oggi Landini continua a consegnare gli operai come “agnelli sacrificali” in nome del simulacro della democrazia.
La Fiom parla di democrazia ma il capitalismo sta già oltre nella guerra di classe; quando si fa così, sono venti anni minimo di fascismo padronale e politico che i proletari potranno avere davanti.
Che cosa ancora occorre vedere? Gli operai, i delegati sinceri della Fiom non possono auto suicidarsi.
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