Dopo settimane di trattative frenetiche, uno sciopero di 5 giorni proclamato dai sindacati e l'intervento del ministero dell'Industria, è arrivata la svolta nella vicenda del contratto dei lavoratori dell'Eni in Tunisia. Sabato è stato trovato l'accordo ed alla presenza del direttore generale di Eni, Adelmo Schenato, è arrivata la firma, attesa ormai da 11 mesi, che sancisce la contrattualizzazione diretta dell'azienda di 254 impiegati. "Oui, nous serons titulaires de contrats avec Eni" riconosce al telefono la voce soddisfatta di un operaio. L'accordo prevede da gennaio l'inizio del passaggio dai contratti a termine ai contratti a tempo indeterminato, che avverrà gradualmente e a seconda del grado di anzianità maturato in azienda.
L'obiettivo raggiunto dai lavoratori Eni arriva al termine di una stagione puntellata da scioperi e tavoli di confronto. Mesi e mesi di negoziazioni fallite partite il 14 gennaio scorso, data fatidica nella recente storia tunisina e culminate nelle cinque giornate di mobilitazione, che dalla mezzanotte del 14 dicembre hanno coinvolto quadri e operai degli stabilimenti Eni di Adam, Djel Grouz, Tazarka, El Borma e Oued Zar, causando il blocco della produzione.
"Avevamo annunciato da settimane la possibilità di rientrare in sciopero - spiega un operaio di Tazarka - e per evitarlo, negli ultimi giorni ci sono stati dei contatti tra Eni e sindacati. Le richieste che avanziamo sono note: una contrattualizzazione stabile e diretta da parte di Eni, che metta fine alla condizione di precarietà che stiamo subendo da anni". Al momento chi lavora per la compagnia italiana, infatti, firma contratti annuali con le agenzie interinali Adecco e Manpower. "Martedì, ultima giornata utile per trovare un accordo - prosegue l'operaio - il responsabile regionale dell'UGTT e un sindacalista interno al nostro stabilimento ci hanno comunicato che non c'è stato nessun progresso nella trattativa ed è per questo che era stata presa l'inevitabile decisione di rientrare in sciopero". Lo stallo, aveva spiegato l'azienda, era dovuto al fatto che nella fase finale delle trattative "da parte dei lavoratori" era arrivata "la richiesta di un livello maggiore dei salari rispetto a quello oggetto della stessa negoziazione".
Dai microfoni di Radio Tataouine, Hichem Lehrichi, sindacalista dell'impianto di Oued Zar aveva dichiarato che "lo sciopero" era "dovuto alla mancanza di risposte da parte della compagnia italiana rispetto alle nostre due richieste fondamentali: la cessazione dei contratti di subappalto e l'immediata regolarizzazione di 254 lavoratori con contratti stipulati direttamente da Eni". Come confermano i verbali affollati di firme e timbri della decisiva riunione di sabato mattina, l'accordo è poi arrivato, consentendo la ripresa della produzione.
La protesta all'Eni si era inserita in un periodo di agitazione generale del mondo del lavoro tunisino. La settimana scorsa un sit-in di 7 giorni indetto dagli abitanti della città di Jendouba (nord-ovest della Tunisia), che chiedevano regolarizzazioni dei contratti esistenti e ulteriori assunzioni di forza lavoro regionale, ha bloccato le attività di produzione di lievito naturale della fabbrica Rayen che rifornisce l'80% dei panifici tunisini.
Le attività sono riprese dopo l'intervento delle forze armate che hanno interrotto i blocchi alle entrate della fabbrica, risolvendo manu militari una situazione che aveva catalizzato le preoccupazioni del paese. Ulteriori proteste stanno montando in questi giorni anche sul fronte della sanità e del trasporto aereo. Hostess e stewards della compagnia di bandiera Tunisair hanno organizzato un sit-in dove il portavoce Amir Bahri, in rappresentanza di 89 lavoratori e lavoratrici in sciopero ha chiesto formalmente "il passaggio immediato dagli attuali contratti mensili e trimestrali a contratti a undici mesi, come da accordi firmati con il vecchio ministro dei trasporti Yacine Ibrahim il 27 gennaio 2011".
Alla luce di questa ennesima ondata di scioperi e proteste, più di un dubbio sorge sull'efficacia del governo provvisorio di transitare le speranze di stabilizzazione del paese. La vicenda di Eni, in particolare, rivela in maniera paradigmatica che ovunque esista una fonte materiale di lavoro nel territorio, non fanno che rincorrersi gli scioperi di chi esige la fine di una contrattualizzazione che reputa inadeguata, o i blocchi ai cancelli di chi sperava di lasciarsi alle spalle anni di disoccupazione. Non offrire risposte non può che aumentare le inquietudini di chi continua a veder sfumare gli esiti dello straordinario coraggio dimostrato durante la Rivoluzione.
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