sabato 4 febbraio 2012

pc 4 febbraio - verso la conclusione del processo eternit

PROCESSO ETERNIT: SI AVVICINA LA SENTENZA

Lunedì tredici febbraio - la Rete nazionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro sarà, come sempre, presente con una sua delegazione - la Corte presieduta dal giudice Giuseppe Casalbore leggerà la sentenza che chiude il primo grado del processo al miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, ed al barone belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne: i padroni della multinazionale svizzero-belga dell'amianto, l'Eternit, responsabile del genocidio pianificato ai danni dei lavoratori e dei residenti nelle città, comprese quelle vicine, dove avveniva la produzione di manifatti in cemento-amianto.
Nell'attesa, occorre registrare (con una certa soddisfazione) una notizia sul fronte degli accordi tentati dal magnate svizzero per evitare la giusta condanna, e conseguente meritatissima galera: il Comune di Casale Monferrato ha deciso di rifiutare - come già pochi giorni fa avevano fatto sette paesi più piccoli del suo comprensorio - la 'offerta del diavolo', i 18,3 milioni con i quali lo Schmidheiny avrebbe voluto lavarsi la coscienza dai quasi 1.700 decessi per malattie asbesto-correlate avvenuti nel capoluogo monferrino e nei paesi limitrofi.
Nel contempo dalla Liguria arriva una storia, concernente sempre il medesimo tema, che dimostra ancora una volta come ai padroni - anche se sono cooperative - non interessi nulla della salute dei lavoratori; al porto di Savona e Vado Ligure opera la Compagnia unica lavoratori portuali (Culp): un anno fa, dopo dieci anni di dibattito, il Tribunale civile del capoluogo del ponente ligure ha condannato la Culp, nella sua qualità di datore di lavoro, al risarcimento di due milioni e quattrocentomila Euro a favore degli eredi di due ex soci deceduti, nel corso degli anni novanta, a causa del mesotelioma pleurico.
La Culp si difende affermando che all'epoca dei fatti non svolgeva funzioni di impresa ma si limitava a mettere a disposizione il personale "in base alle disposizioni dell'Ufficio lavoro portuale"; insomma, non era un'impresa ma operava come intermediatrice nella cessione di personale ad altri soggetti: né più né meno che caporalato legalizzato, la stessa odiosa pratica che oggi viene applicata dalle agenzie interinali.

Casale Monferrato (Al), 04 febbraio 2012




Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova

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