Monti toglie il valore legale al titolo di studio e darà 5,5 miliardi in Btp alle imprese
Il governo promette che il decreto liberalizzazioni regalerà all’Italia una crescita quasi cinese: + 11% di Pil, +8% di occupazione, +12% ai salari. In quanto tempo? “Nel medio periodo”, spiega il
comunicato della presidenza del Consiglio.
Ma la prima reazione delle imprese, che di quella crescita dovrebbero essere protagoniste, è stata di delusione: non un euro per pagare i crediti dello Stato verso le aziende. Una montagna da 70 miliardi, soldi dovuti che molte imprese non incasseranno mai perché falliranno prima, prive di liquidità. In conferenza stampa Mario Monti non ha neppure accennato al tema e all’ipotesi di pagare parte del dovuto con Btp o altri titoli di debito pubblico. La ragione però, secondo quando spiega una fonte governativa al Fatto, è che la ragioneria generale dello Stato stava ancora cercando le coperture. Doveva finire tutto nel decreto semplificazione in arrivo e invece entrerà nel decreto liberalizzioni quasi pronto per la firma del Quirinale. Almeno per gli interessi sui crediti ora i soldi ci sarebbero. La versione definitiva del testo, come sollecitato dal ministro dello Sviluppo Corrado Passera e approvato dal viceministro dell’Economia Vittorio Grilli, prevede quindi 5,5 miliardi di Btp da dare alle imprese per rimborsare i loro crediti verso l’amministrazione pubblica. Poi le aziende potranno venderli e avere soldi freschi per pagare dipendenti e fornitori. Sono solo una piccola parte dei 70 miliardi non saldati ma, notano dal governo, quasi un quinto di quelli dovuti dallo Stato centrale. Si vedrà, ormai le imprese credono a questi annunci soltanto se li vedono nero su bianco in Gazzetta ufficiale.
C’è un altro punto nell’agenda del governo ancora riservato ma che da lunedì susciterà una certa attenzione: l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Nel consiglio dei ministri si è discusso se inserirlo nel decreto liberalizzioni ma poi si è preferito aspettare il decreto semplificazione che sarà annunciato nei prossimi giorni. Monti finora non ha voluto rivelarne i contenuti – “vedrete” – perché sa quante polemiche possono derivare da questa mossa invocata da anni dai liberisti. Il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo è da sempre sostenitore dell’abolizione. Il suo portavoce, interpellato dal Fatto, non smentisce che la modifica arriverà col prossimo decreto.
Il progetto c’è: sarà una rivoluzione nel settore pubblico. Nei concorsi la laurea, il celebre “pezzo di carta”, perderà il valore legale. E succederanno cose oggi impensabili, per esempio che economisti vincano concorsi per la Corte dei conti, cosa finora impossibile (e osteggiata dalle associazioni di categoria dei giuristi). Secondo i critici, visto che si valuteranno solo le competenze l’abolizione del valore legale favorirà la nascita di poli universitari di eccellenza (probabilmente costosi) contrapposti ad altri economici ma scadenti. “Le intemperanze liberalizzatrici ci porteranno dei guai”, avverte Susanna Camusso della Cgil, che ha sopportato il decreto di venerdì senza troppe proteste soltanto perché la trattativa sulla riforma del mercato del lavoro sta entrando nella fase più delicata. E abolire il valore legale del titolo di studio è quasi come toccare l’articolo 18, per una parte della sinistra. “Qualcuno ha detto che avrei preso le distanze da Monti: mi scuso se non stato chiaro. Siamo a sostegno del governo Monti senza se e senza ma e senza tacere nostre idee”, ha detto ieri il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Nel partito qualcuno spera di emendare il decreto liberalizzazioni in Parlamento ma Monti intima: “Il Parlamento è sovrano ma sconsiglieremmo di fare variazioni che dovessero far venir meno la logica di insieme”. Messaggio anche al Pdl che prepara qualche imboscata su taxi e professioni. É bellicoso Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl: “Ascolteremo categorie e mondi produttivi per migliorare il testo in Parlamento, con l'obiettivo della crescita e dell’equità”. Fine del primo round. Da domani comincia il secondo.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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