da ORE 12 Controinformazione Rossoperaia del 23.09.25
Quella del 22 settembre è stata veramente una grande giornata di lotta e di solidarietà con il popolo palestinese, quello che tutti auspicavamo e per cui abbiamo lavorato in questi mesi, spesso con piccoli numeri e con iniziative d'avanguardia.
Abbiamo sviluppato la denuncia dal primo giorno, abbiamo moltiplicato le iniziative, siamo andati controcorrente in una campagna ininterrotta, solidale, ponendo la discriminante fondamentale del sostegno alla resistenza del popolo palestinese, e sempre di più sgomenti e arrabbiati per quello che giornalmente la stampa, la televisione ci comunicavano, ma, soprattutto, anche per il “tanto” che non ci comunicavano su ciò che realmente è avvenuto a Gaza.
Per questo la giornata di ieri premia tutti
coloro che in questi mesi hanno lottato e ci hanno messo la faccia per
costruire una sensibilità e quindi una mobilitazione in questa direzione.
Non è stata una manifestazione di un
sindacato, anche se hanno fatto bene i sindacati di base a promuovere lo sciopero,,
né tantomeno una manifestazione che ha visto solo i solidali del primo
momento con la resistenza palestinese.
In realtà questo sciopero generale e l'indizione delle iniziative per la Palestina che ne sono conseguite sono stati il contenitore generale in cui si è riversata effettivamente la parte migliore e più significativa della solidarietà, allargando i confini di quello che c'era stato fino ad adesso. I numeri delle manifestazioni nelle grandi come nelle piccole città stanno lì a dimostrarlo, il numero di associazioni che finalmente sono scese in piazza in aggiunta a coloro che da sempre solidarizzano con la Palestina è stato molto grande, così come molto grande è stata la solidarietà spontanea di cittadini, di lavoratori che hanno riempito via via i numeri delle piazze.
Una grande giornata di lotta che segna una
pagina significativa nel movimento di solidarietà del nostro Paese.
Con la crescita dei numeri doveva necessariamente crescere la forza delle iniziative, la combattività e il livello di antagonismo di esse, non c'è alcuna contraddizione tra la dimensione di massa delle manifestazioni che hanno visto tante realtà differenti e unite in questa occasione e l'iniziativa delle forze più combattive della gioventù, della gioventù proletaria, della gioventù immigrata, degli studenti
che hanno voluto dare un segnale forte con le iniziative che peraltro non sono nuove.Le iniziative del blocco-assedio della
stazione di Milano sono una pagina grande di solidarietà vera e di combattività,
perché non si tratta soltanto di manifestare la propria opposizione a quello
che avviene a Gaza ma si tratta anche di rendere chiaro che gli
stati imperialisti, i loro governi, devono pagare un alto costo di fronte alla loro complicità e sostegno politico, economico e militare
al genocidio in Palestina dello Stato sionista di Israele.
Così il blocco dell'autostrada, ciò che è
avvenuto ai porti, così ciò che è avvenuto in tante altre realtà minori,
ovunque si è cercato di andare oltre la manifestazione con il consenso dei
manifestanti, indipendentemente che in alcune realtà hanno partecipato
numerosi, in altre hanno partecipato di meno, ma quelli che il governo, lo Stato,
la stampa borghese definiscono “scontri”, “violenze”, sono la punta d'iceberg
della crescita della solidarietà ma che è anche ribellione, perché ciò che
avviene in Palestina è parte di un mondo che marcia verso la guerra e i
genocidi da parte di governi sempre più reazionari, imperialisti, fascisti, da
parte di governi che non hanno esitato finora a permettere che lo Stato
sionista di Israele mettesse in mostra la pagina più nera dai tempi dell'Olocausto
che ci sia mai stata al mondo rispetto a un popolo oppresso.
Queste manifestazioni sono una vittoria della
resistenza del popolo palestinese. Il popolo palestinese non si è mai arreso
nonostante venga bombardato, vilipeso, aggredito in tutte le forme, cacciato
dalle sue case che vengono abbattute, con ospedali, strutture civili, tutti trasformati
in bersaglio da parte dello Stato sionista di Israele con il sostegno in primis
dell'imperialismo americano e oggi più che mai della presidenza fascio-imperialista
di Trump.
Il popolo palestinese ha resistito, ha fatto
sentire forte il suo grido mentre vedeva i suoi bambini morire e questo alla
fine comincia - speriamo che sia solo l'inizio - a toccare il cuore e la mente
dei popoli di tutto il mondo e, in particolare, all'interno dei paesi
imperialisti.
Per questo la giornata di ieri è stata
veramente importante ed è sbagliato da parte di chiunque ridimensionarla e sminuirla, così come non accettiamo che qualcuno se ne appropri.
Tutto quello che è avvenuto ieri è il
frutto di tante iniziative che ci sono state e dell'impulso che è stato dato in
particolare da alcune realtà, vedi i portuali che hanno esteso il loro raggio
di azione e di boicottaggio dal porto di Genova a Livorno, a Ravenna, a Marghera, e di tutte le forze che in questi lunghi mesi si stanno battendo.
Non si è riuscita a costruire l'unità delle
organizzazioni, anzi, tra le organizzazioni che hanno un peso e un ruolo nella
promozione delle manifestazioni è stata alimentata non l'unità ma le divisioni, e in questo senso il contenitore gigantesco delle manifestazioni di ieri invece
mostra chiaramente che le masse vogliono l'unità delle forze che sostengono la resistenza, che permette alle masse di sentirsi a casa loro e di
partecipare, a dare il loro contributo a tutti i livelli a questa
mobilitazione.
E’ questo il messaggio che viene dalle
manifestazioni che hanno colpito forte e chiaro i governi, le forze di polizia, lo
stato imperialista che hanno in tutte le maniere cercato di
fermare il movimento di solidarietà e quando esso emergeva aveva risposto con
le cariche, con la criminalizzazione e i divieti - come nella
manifestazione del 5 ottobre; per non dire tutto il casellario dei decreti
sicurezza che aveva lo scopo di fermare questo movimento come tutti gli altri
movimenti che lottano contro la politica generale di questi governi e del
nostro governo in particolare, che è un governo della guerra, della complicità
con il genocidio, della collocazione diretta più servile e più complice con
l'imperialismo americano e Trump, un governo realmente dalla parte di
Netanyahu nei fatti, attraverso i suoi maggiori esponenti, in primis Meloni, Salvini,
l'ineffabile ministro degli Interni che anche in queste ore ha vomitato solo
parole di insulto ai manifestanti e di solidarietà alla polizia, nascondendo il
carattere popolare, di massa a cui questo il governo e tutti questi governi
dovranno e devono rispondere.
In questo senso la giornata di ieri
rappresenta un effettivo salto di qualità che deve essere raccolto da tutti noi e anche da coloro che s’impegnano come noi nella collocazione salda a fianco
della resistenza palestinese, nell'impegno per mobilitare i reparti d'avanguardia
dei lavoratori e nell'intensità con cui cerchiamo di far muovere il “gigante ancora silente” rispetto a tutto questo che è la classe operaia delle fabbriche.
Questo lavoro trova nelle manifestazioni che
si sono espresse nella giornata di ieri un conforto e un brodo di coltura, non
certo per bearsi e immergersi nei grandi numeri che ci sono stati nelle
manifestazioni di ieri ma per trovare incoraggiamento in direzione del nostro
lavoro che ha come priorità quello di riuscire a mobilitare le fabbriche.
Ma mobilitare le fabbriche ha bisogno
dell'ampia mobilitazione che si è mostrata ieri perché ha schierato, ha
spostato i rapporti di forza e di opinione all'interno del movimento dei
lavoratori e della società. Dobbiamo raccogliere questa esigenza, questo
spostamento di opinione, di volontà di fare qualcosa e di partecipare che
emerge per insistere ancora di più, perché la
classe operaia scenda realmente in campo nella forma in cui è tipica della
classe operaia, con lo sciopero generale, quello vero, che blocchi le attività
produttive e che metta davanti all'intero paese il problema del governo e del
ruolo che il governo ha in questa vicenda.
Quindi siamo decisamente perché si vada a una grande manifestazione nazionale il 4 di ottobre, che sia davvero una marea che riesca a riversarsi su Roma. E quando diciamo “marea” noi pensiamo che una marea richiede sempre la partecipazione di tutti i solidali a tutti i livelli e richiede che ogni forza che è presente in questa marea faccia sentire ben chiara non solo la propria unità ma anche la propria militanza, per fare del 4 ottobre anche il passo successivo che possa incidere nell'opinione pubblica di questo paese a tutti i livelli e che possa spostare i rapporti di forza tra masse, governo e Stato imperialista italiano. E sicuramente questo spostamento influenzerà l'intera lotta di classe in questo paese, la lotta contro la guerra, la lotta contro la politica economica e l'economia di guerra scaricata sulle masse proletarie, una lotta di umanità e di civiltà di fronte a un governo che, per la sua natura fascio imperialista e per il suo personale politico, è invece il peggio, è una sorta di quinta colonna dell'imperialismo europeo e di Trump non solo nel nostro paese ma nell'intera Europa.
Per un movimento continuativo con gli appelli
che vengono anche dai porti perché la giornata di ieri si estenda oltre che a
tutti i porti del nostro paese - e in particolare in quei porti interessati al
traffico di merci e armi verso lo Stato sionista d'Israele e verso la guerra - anche in tutti i porti europei,
cosa che da sempre cova e che anche in altri paesi è emersa sia come prassi che
come esigenza.
Ed è evidente che il grande movimento che si è
innescato nelle scuole e nelle università ha bisogno di continuità, di essere
una postazione avanzata permanente della solidarietà, un punto di riferimento
non solo per la gioventù studentesca ma, come sempre avviene per i grandi
movimenti, per tutti coloro che colgono l'opportunità per scendere in piazza e
per portare la solidarietà internazionale e internazionalista al popolo palestinese
e alla sua resistenza.
Nello stesso tempo si deve elevare la comprensione che nel
nostro paese c'è tanto da fare per il movimento che chiede il boicottaggio, la
rottura delle relazioni diplomatiche che hanno il loro valore simbolico nel
riconoscimento dello Stato di Palestina, un passo assolutamente indispensabile
che devono fare tutti i governi imperialisti e in particolare il nostro governo
che, proprio perché lo contrasta, dà più valore a questa richiesta.
Il popolo palestinese ha bisogno di un
sostegno di tutto, di fronte a un piano che cinicamente va avanti per realizzare
l'obiettivo del genocidio, dell'espulsione dei palestinesi dalla loro terra e
la costruzione di un rafforzamento di uno Stato al servizio dell'imperialismo
americano e dell'imperialismo mondiale che, oltre ad essere un regime tra i
peggiori della storia, che ricorda il nazismo l'apartheid, è anche un
puntello militare decisivo degli schieramenti che si vanno definendo in
funzione della guerra interimperialista mondiale.
Lottare per la Palestina è lottare contro la
guerra, è lottare contro i governi dei ricchi e dei padroni delle industrie
belliche e dei profitti fondati sulla marcia verso la guerra.
La giornata di ieri è un tassello importante che tutti dobbiamo considerare preziosa per andare avanti e certamente lo faremo.


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