giovedì 24 luglio 2025

Speciale 1 ORE 12 - La guerra dei dazi

 Speciale da ORE12/Controinformazione rossoperaia (post audio del 19 luglio)

Si rende necessario fare il punto sulla situazione internazionale e nazionale in maniera che ci possiamo orientare come proletari e comunisti ed agire di conseguenza.

Partiamo dalla questione dei dazi. 

La guerra dei dazi è, da un lato, una delle forme della guerra commerciale che prepara la guerra militare e dall'altro essa è originata dalla crisi economica mondiale che attraversa il sistema imperialista e che produce la tendenza a una nuova guerra imperialista.

Il primo problema che abbiamo è quello di non guardare le cose dalle vicende giornaliere, dato che da un lato la presidenza Trump agisce secondo una logica di stop and go, di alzare il tiro per arrivare a trattative e portare a casa i risultati possibili, dall'altro, le altre potenze imperialiste, le altre economie imperialiste, tutto vogliono tranne accentuare questa guerra, che nell'attuale quadro dei rapporti di forza e delle condizioni generali, sicuramente alimenta le contraddizioni tra di esse senza portare a risultati positivi per nessuna di esse.

In questo senso però vanno smontate alcuni assunti fondamentali.

Innanzitutto gli argomenti che utilizza Trump per sviluppare questa guerra dei dazi. Trump dice che l'economia americana è sfruttata e danneggiata dalle altre economie imperialiste in primo luogo e più in generale dall'intero sistema dei rapporti economici che regolano l'imperialismo americano con gli altri paesi del mondo, dato che Trump, come si vede, conduce questa campagna dei dazi contro tutti in maniera indiscriminata, alleati, potenziali alleati, nemici, potenziali nemici.

Trump descrive un mondo alla rovescia. E' l'imperialismo americano dentro il sistema imperialista in generale che ha fatto profitto dal suo ruolo nel mondo nei confronti innanzitutto dei paesi e dei popoli oppressi dall'imperialismo e, in misura rilevante, dal ruolo di dominio che ha nei confronti delle altre potenze imperialiste europee, asiatiche, per non parlare delle altre potenze con cui l'imperialismo americano si misura, la Russia, la Cina.

Il sistema imperialista è un sistema di rapina a favore del più grande ed è la fase suprema del capitalismo che sempre vede i capitalisti farsi la guerra tra di loro, e il capitalismo che riesce, sia a suo interno sia a livello internazionale, a tenere bassi i costi e ad avere un grado di potenza economica, di organizzazione economica del sistema mondiale, del mercato mondiale che sia a suo vantaggio, domina sugli altri.

Come avviene all'interno di ciascun paese in cui il grande capitale, le grandi industrie, la grande finanza traggono vantaggi maggiori in termini di profitto e dominio economico e politico rispetto al medio e piccolo capitale; di conseguenza, tutto l’insieme dell'economia in qualche maniera sembra favorire il formarsi dei profitti dei grandi capitalisti, dei grandi finanzieri.

Così avviene nel sistema mondiale, quindi è falso che l'imperialismo americano e l'economia americana

sia “danneggiata” nelle sue relazioni e sia vittima del prevalere dell'economia degli altri paesi imperialisti, vedi l'Europa o addirittura, visti i dazi che vengono imposti, paesi come il Brasile, come se vi fosse una relazione tra imperialismo americano e Brasile in cui il danneggiato sarebbe l'economia e l'imperialismo americano.

In realtà quindi è una narrazione falsa che origina una politica che vuole scaricare la crisi sugli altri paesi per riprendere il ruolo di dominio e di egemonia mondiale dell'economia americana sul resto del mondo. Chiaramente questa è un'esigenza che nasce dalla crisi dell'imperialismo americano, perché quello che è vero è che negli ultimi decenni, susseguenti alla fase di dominio dell'imperialismo americano che ha raggiunto il suo apice proprio nel dopoguerra e negli anni che sono seguiti al dopoguerra, l'economia americana e il dominio dell'imperialismo americano sono stati messi in discussione dall'ascesa delle altre economie imperialiste, che fanno parte comunque dello stesso campo.

Quindi è evidente che questo tentativo di imporre un riequilibrio a favore degli Stati Uniti dell'economia mondiale attraverso i dazi è un'illusione, che del resto non fa che accentuare la crisi generale del sistema imperialista.

La guerra dei dazi è parte di una guerra di ripartizione del mondo, in economia, in politica e su tutti i campi. Questa guerra di ripartizione sta diventando, si sta imponendo come tendenza principale e la guerra dei dazi ne è da un lato una simulazione e dall'altro un alimento.

Quindi non c'è alcun dubbio che la narrazione tossica di Trump sull'imperialismo americano vada innanzitutto smascherata e denunciata in tutti i paesi del mondo, sia quelli che fanno parte del campo imperialista sia quelli che fanno parte dei paesi dominati e dipendenti dal dominio imperialista.

Fare un'operazione di denuncia e chiarimento, soprattutto tra i proletari e le masse popolari che possono essere disorientati dalle questioni che ricadono loro addosso attraverso questa guerra dei dazi, è particolarmente importante nel nostro paese, perché innanzitutto, il governo attuale, che rappresenta il comitato d'affari dell'imperialismo italiano o almeno di una sua frazione, ha conquistato il governo in una situazione in cui non c'è una corrispondenza assoluta tra gli interessi generali dell'imperialismo italiano e la frazione politica che attualmente è al governo.

L'imperialismo italiano con questo governo in particolare è schierato a fianco dell'imperialismo americano e quindi ancora una volta l'imperialismo italiano sposa le ragioni di quello che appare il più forte nel sistema mondiale e nella contesa mondiale. In questo senso è una sorta di nemesis storica del ruolo che ebbe l'imperialismo italiano all'epoca del fascismo schierato con la potenza aggressiva dell'epoca rappresentata dalla Germania nazista; come allora così oggi l'imperialismo italiano, rappresentato sul piano politico governativo dall'attuale compagine fascio-imperialista, viene ad essere quello più vicino all'imperialismo americano, “più vicino” vuol dire essere al servizio dell'interesse generale dell'imperialismo americano pensando che legandosi all'imperialismo americano possa avere una forza maggiore e difendere meglio gli interessi dell'imperialismo italiano . E’ stata anche questa la logica del fascismo che alleandosi con il nazismo e diventandone l'alleato principale pensava di potersi giovare della vittoria del nazismo e dell'espansione del nazismo per riconquistare il suo posto al sole, all'interno dell'affermazione mondiale dell'imperialismo tedesco rappresentato dal nazismo.

Quindi in questo senso è la stessa logica che guida l'imperialismo italiano, e il governo Meloni in particolare come espressione di questa frazione dell'imperialismo italiano, nell'attuale guerra dei dazi.

Tutte le argomentazioni di conciliazione, di cercare una soluzione, di non rispondere all'imperialismo americano e a Trump e alla sua politica dei dazi, ne fanno una sorta di quinta colonna all'interno della stessa Europa e dei paesi imperialisti direttamente chiamati in causa con l'annuncio di Trump dei nuovi dazi del 30%. La Meloni diventa una sorta di "difensore d'ufficio", di ala più conciliatrice. Ma chiaramente in un quadro in cui non esiste coincidenza di interessi, e sebbene tutte le potenze imperialiste non vogliono fare la guerra dei dazi perché temono di perderla e di dover essere costretti a scaricare sulla propria borghesia e, a catena, sulle masse, questa guerra, è evidente che l'Italia in questa guerra dei dazi è una sorta di anello debole nel confronto con l'imperialismo americano; il suo scopo è di esserne preservata, secondo l'idea di un rapporto privilegiato o addirittura di mediazione che il governo italiano avrebbe per la comune matrice fascio-imperialista con Trump e la sua politica. 

E in nome di questo indebolisce perfino l'attuale guerra dei dazi che i paesi europei sono costretti a intraprendere anche quando non possono.

In questo senso non ci sono dubbi che la politica generale dei dazi viene comunque scaricata come in un processo a catena sui proletari e le masse popolari che pagano in termini di salari, lavoro, servizi sociali, l'effetto che la politica dei dazi produce all'interno di ciascun paese.

Questo vuol dire che i proletari e le masse popolari non hanno alcun interesse a partecipare alla guerra dei dazi, di cui sono in effetti le vittime finali. Hanno un solo interesse, quello di contrastare lo scaricamento di questa guerra sulle proprie condizioni di vita e di lavoro.

Questo è un fatto che dal nostro punto di vista è positivo perché produce condizioni, sempre oggettive che non si traducono immediatamente in condizioni soggettive, per lo sviluppo della lotta di classe in ciascun paese. 

E qui bisogna combattere all'interno del movimento operario delle masse popolari tutte le posizioni nazionaliste, tutte le posizioni che in nome della guerra dei dazi si schierano con il proprio capitale e quindi partecipano dal lato dell'imperialismo e dei padroni a questa guerra.

E questo è il punto-chiave che bisogna chiarire tra i proletari.

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