Il calo dei volumi soffoca l'aerea industriale. Nel 2015 circa 390mila macchine uscite dallo stabilimento, l'anno scorso solo 163mila
Il più grande stabilimento di auto in Italia rischia di essere fortemente ridimensionato nei numeri. La fabbrica di Melfi, in Basilicata è finita nel mirino per il riassetto in corso dell'azienda madre: Stellantis. Ora c'è il rischio che lo stabilimento venga fortemente ridimensionato e questo avrebbe - si legge sul Sole 24 Ore - un impatto devastante sull'economia dell'intera Regione. "Cinque anni fa -
spiega al Sole Francesco Somma, presidente di Confindustria Basilicata - il distretto dell'auto in Basilicata contava 13mila addetti tra dipendenti del Gruppo Fca e aziende dell'indotto e dei servizi.tra dipendenti del Gruppo Fca e aziende dell'indotto e dei servizi. Oggi siamo a circa 10mila e nei prossimi anni i numeri sono destinati a scendere ancora"."Qui - prosegue Somma al Sole - il problema non è la transizione ecologica ma i volumi produttivi, in calo rispetto al passato e sotto soglia rispetto alla capacità industriale di questo polo". Il 2015 è stato l'anno che ha registrato i volumi più alti, con circa 390mila auto prodotte dallo stabilimento lucano, Melfi lo scorso anno ha chiuso invece a 163.793, registrando il calo di volumi più pesante, meno 34% tra tutte le fabbriche di assemblaggio di Stellantis in Italia rispetto al periodo pre-Covid. Complici anche le fermate produttive indotte dalla mancanza di componenti e semiconduttori. Preoccupano le prospettive per il nuovo piano industriale di Stellantis.
Intanto nell'appalto, info
Melfi, Stellantis attua la strategia del carciofo. Deve ridurre il numero di operai complessivamente impiegati al suo servizio, dalla fabbrica centrale all’indotto. Una alla volta cadono le aziende coinvolte, oggi tocca ai 36 operai della LGS. E domani?
Una alla volta cadono le aziende dell’indotto. A Melfi tolgono gli operai dallo stabilimento centrale e dalle fabbriche dell’indotto. Somiglia a quando si staccano le brattee, le foglie dal carciofo, una alla volta e resta solo il gambo. In questi giorni è toccato a 36 operai della LGS, azienda del comparto logistico e di sequenziamento di fare la fine di una brattea ed essere gettati nel contenitore dei disoccupati. Gli operai sono in presidio nell’area industriale sotto le bandiere dei sindacati filo padronali che sventolano a vuoto. Sindacati che prima hanno lasciato fare a Stellantis tutto quello che ha voluto, ma adesso fanno finta di difendere gli operai buttati sul lastrico.
Le ragioni per le quali questi operai sono fuori dal meccanismo di produzione sono semplici. Stellantis ha smontato una linea nello stabilimento centrale, e questo col consenso di tutti i sindacati, compresa la Fiom. Al posto della linea smontata ha internalizzato delle lavorazioni che prima si facevano in alcune fabbriche dell’indotto e così per alcuni operai dell’indotto quel lavoro non c’è più.
Gli operai buttati sul lastrico lavoravano con la LGS, un’azienda che lavorava in sub appalto per la Sit Rail. La Sit Rail ha iniziato a perdere delle lavorazioni e a questo punto ha tenuto per sé anche le lavorazioni che svolgevano gli operai della LGS che adesso sono fuori.
Stellantis continuerà a portare questa strategia avanti e un poco alla volta, esattamente come si sfoglia un carciofo, butterà nel contenitore degli ammortizzatori sociali gli operai espulsi dalla produzione.
Il sindacato invece di opporsi, di organizzare tutti gli operai dell’indotto, chiedere a tutti gli operai di fermarsi, chiedere conto a Stellantis, cerca di fare buon viso, ma fa un cattivo gioco, sostiene a chiacchiere gli operai che vengono buttati fuori, accompagnandoli ad accettare gli ammortizzatori sociali e facendo passare questa cosa anche come una grande vittoria.
In verità gestisce quello che decide il padrone, ha detto sì alla eliminazione di una linea, è arrivata la super linea, che vede aumenti dei ritmi e dei carichi di lavoro e riduzione degli operai in produzione, mentre lo spazio creato con l’eliminazione della linea adesso serve per svolgere le lavorazioni che si fanno nell’indotto.
È toccato adesso ai 36 operai della LGS e il sindacato resta a guardare e a fare i conti delle tessere che restano. Dopo quelli della LGS, quali operai saranno i prossimi a fare la stessa fine? Agli operai spetta il compito di incalzare i sindacalisti e lo si fa mettendo in piedi iniziative autonome di lotte. Bisogna contrastare i piani aziendali prima che sia troppo tardi e che arrivi il proprio turno per essere buttati prima nel contenitore degli ammortizzatori sociali dopo in quello dei disoccupati. Gli operai invece di lamentarsi e continuare a pagare le tessere, cosa aspettano a farsi sentire? Se non ora quando? Quando sarà troppo tardi per farlo!?
Crocco, operaio di Melfi - da operai contro
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